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Scrivici |Dettagli della fine del Gioberti
- Come avvenne l'affondamento del cacciatorpediniere -
Aspetto del Gioberti nel 1943.
La dinamica degli eventi - 9/8/1943
Regio Cacciatorpediniere Vincenzo Gioberti.
Parliamo ancora di una nave sfortunata che aveva compiuto il suo duro servizio di guerra. Era stata mitragliata appena un anno prima; ne abbiamo parlato qui e ancora qui.
Informazioni tecniche e operative del Cacciatorpediniere sono reperibili nella relativa scheda del Gioberti, del nostro database.
Esaminiamo di seguito la descrizione dei fatti come riportati su due testi dell'Ufficio Storico del 1978 e 2001 (citati in fondo pagina). Ci sono alcune piccole differenze.
Contiamo di aggiungere, se possibile testimonianze o altri documenti.
Antefatto:
Nei primi giorni di agosto 1943, dopo la caduta di Mussolini, si sente la necessità di rassicurare l'alleato tedesco sulla continuazione della guerra: a tale scopo vengono concepite delle missioni dimostrative di attacco a Palermo contro le forze alleate, con veloci incrociatori. Tali operazioni vengono iniziate e poi sospese per sopraggiunte condizioni sfavorevoli.
9 agosto 1943:
Gli incrociatori della VIII Divisione, Garibaldi e Aosta, rientrati la sera del giorno 8 a La Spezia, salpano il pomeriggio del 9 per tornare a Genova (porto da cui avevano iniziato la missione). Sono scortati ora dai cacciatorpediniere Mitragliere, Carabiniere, Gioberti. Gli ultimi due dispongono di sonar, ovvero di ecoscandaglio per l'individuazione dei sommergibili in immersione.
Dopo un'ora e un quarto di navigazione, davanti a Punta del Mesco (che delimita a ovest le Cinque Terre), le navi seguono rotta sudovest (225°) e sono ormai alla fine di quel tratto di rotta di sicurezza. Procedono a 24 nodi in modo rettilineo senza zigzagare, perché si stanno preparando a un cambio di direzione (per 270°, verso Genova), che deve avvenire tra poche centinaia di metri. Tempo buono e mare calmo.
La formazione è questa: il Garibaldi (Comando di Divisione) è seguito a 500 metri dall'Aosta, il Mitragliere avanti a tutti di 1000 metri, il Carabiniere 1000 metri a sinistra e il Gioberti 1000 metri a destra.
Il sommergibile britannico Simoon, che attende in agguato presso la base italiana, avvista gli incrociatori (tra la sua posizione e la costa) stimandone la velocità in 22 nodi. Lancia una salva di almeno 4 (o 6) siluri (ore 18.25) .
L'idrovolante Cant Z 506 di scorta alla formazione, avvista i siluri, lancia il corrispondente segnale fumogeno bianco, butta una bomba e spara sulla scia con la mitragliera (normale procedura per richiamare l'attenzione ed evidenziare il punto).
Il personale del Carabiniere se ne accorge (nel punto 44°03', 09°34') e vede le scie di almeno 4 siluri perpendicolari alla rotta della formazione. Anche un velivolo da caccia (dei quattro di scorta) mitraglia lungo la direzione di marcia dei siluri.
Il Carabiniere alza la bandiera rossa (significa: “sommergibile a sinistra”), trasmette il prescritto segnale radio in fonia ad onde ultracorte al Comando di Divisione del Garibaldi e trasmette l'avvertimento anche in radiotelegrafia (Morse) a tutte le unità sull'onda per radiosegnalatore. Un attimo dopo accosta a sinistra per dirigersi sul punto di partenza dei siluri e attaccare il sommergibile. Giunto sul punto stimato lancia 8 bombe di profondità. Vedremo dopo l'effetto di questa azione.
L'incrociatore Garibaldi avvista i siluri e accosta a sinistra per mettersi parallelo alla marcia dei siluri, li evita e dopo il loro passaggio vira ancora a dritta per allontanarsi dal sommergibile. Nel frattempo alza anch'esso la bandiera rossa.
Anche il Gioberti (sul lato della formazione più lontano rispetto al sommergibile) alza la bandiera rossa ma mantiene ancora la rotta rettilinea. Quando infine sembra accennare una accostata a sinistra, viene ormai raggiunto da due siluri che esplodono al centro e a poppa. La nave si spezza in due: la parte colpita è avvolta da una nube di fumo e fiamme, mentre la “prora” si stacca e procede per un centinaio di metri.
In meno di un minuto il Gioberti scompare sott'acqua.
La formazione si allontana rapidamente dalla zona e si sottrae al pericolo di altri attacchi.
Quanto detto finora è ricavato dal testo dell'Ufficio Storico (Lotta antisom.) del 1978.
Schema semplificato dei movimenti della VIII Divisione (sintetizzato dal Volume sulle Azioni Navali dell'USMM, grafico N.28 pg.544)
Altri particolari e differenti dettagli
Nel successivo rapporto del Comando Squadra si evidenziò che tutti i segnali prescritti erano stati effettuati. Il Garibaldi aveva ritrasmesso subito il segnale di avvistamento in fonia, che aveva raggiunto anche il Gioberti (aveva dato il “ricevuto”). Tuttavia il segnale in radiotelegrafia Morse non era stato ricevuto dal Garibaldi, forse nemmeno dal Gioberti.
Veniva fatto presente che il Gioberti (da poco aggregato alla scorta degli incrociatori) non aveva potuto partecipare alla sintonia di Squadra e quindi aveva l'apparato radio non sintonizzato sulla frequenza delle altre unità.
Si esprimeva l'opinione che l'affondamento del Gioberti potesse essere evitato se fosse stato possibile comunicargli per radiotelefonia (subito e in chiaro) l'ordine di accostare (non soltanto l'avvistamento).
Tutto ciò proviene dal testo dell'Ufficio Storico sulla Lotta Antisommergibile del 1978.
Per quanto riguarda la preparazione e allenamento del personale, si osservava che le occasioni di movimento degli incrociatori erano divenute abbastanza rare, a causa della decrescente possibilità di protezione aerea e scarsità di carburante.
Inoltre i cacciatorpediniere, assorbiti dall'impegno di scorta convogli, forse non erano più così allenati alle attività di Squadra, con relative manovre e segnali. Nei circa 100 secondi tra l'avvistamento e il siluramento ci sarebbe stato il tempo per comunicare e manovrare.
In sostanza (nel 1978) si ipotizzavano come cause dell'affondamento la mancanza di comunicazione e la lentezza, forse dovuta a insufficiente allenamento.
Dopo la guerra si saprà che il sommergibile Simoon fu colpito dal brevissimo bombardamento del Carabiniere, riportando dei danni ai tubi lanciasiluri di poppa. Dunque la posizione stimata era giusta. Se il cacciatorpediniere avesse proseguito nella caccia antisom (disponeva anche del sonar) avrebbe potuto distruggere il sommergibile. Invece questo continuò la sua missione e poi rientrò ad Algeri.
Nel testo dell'Ufficio Storico (Azioni navali) del 2001, nuova edizione di un testo del 1970, si trovano altri particolari.
Il Gioberti era comandato dal C.F. Carlo Zampari che era alla sua prima uscita in mare in tempo di guerra.
Carabiniere e Gioberti erano fino ad allora in coda alla formazione e stavano portandosi nelle relative posizioni laterali: stavano dunque accelerando.
Sul Garibaldi, avvistati i siluri, fu ordinata l'accostata a sinistra grazie al sistema rapido di due bottoni in plancia che premuti illuminavano davanti al timoniere luce rossa o verde, per indicare dove virare senza perdere tempo. Sempre con lo stesso sistema fu compiuta l'accostata a dritta per allontanarsi dal sommergibile. Nel frattempo erano stati effettuati i segnali prescritti.
Si ritenne che il Gioberti, prossimo alla velocità massima per portarsi in posizione più avanzata, contasse su questo per evitare i siluri. Ma due di essi lo colpirono alla “estrema poppa”.
In sostanza (nel 2001) si attribuiva all'inesperienza del Comandante l'errore fatale.
Sempre secondo il testo, il Gioberti “...avrebbe dovuto imitare automaticamente la manovra della nave ammiraglia (Garibaldi), come aveva fatto l'Aosta, senza attendere alcun segnale, come era prescritto. Non aveva mutato rotta nonostante i ripetuti segnali ottici, radio e acustici indirizzatigli.”
Essendo vicini a La Spezia nessuna unità si fermò a soccorrere i naufraghi, ma fu segnalato alla base di inviare mezzi veloci di salvataggio. Un'ora dopo una squadriglia di Mas era sul posto.
Una delle ben note immagini dell'affondamento. A destra l'esplosione della parte poppiera colpita dai siluri, a sinistra la parte prodiera staccata che continua in avanti prima di affondare.
Documenti fotografici
Nelle sei immagini del volume sulle azioni navali, scattate in sequenza dal fotografo di Divisione sul Garibaldi , risulta evidente quanto accadde al disgraziato cacciatorpediniere. Normalmente l'impatto di un solo siluro era distruttivo per le fragili strutture di una unità sottile. Figurarsi due siluri quasi contemporanei e vicini, come si rileva dal fungo crescente dell'esplosione.
Mentre la nube si espande, si distingue la parte anteriore che si stacca dalla poppa e procede in avanti per un lungo tratto, grazie all'inerzia della nave in velocità. Non si distinguono bene i dettagli di questa parte data la distanza: si vede solo che è bassa e lunga con alcune sporgenze. Anche questa parte sviluppa alla fine del fumo da incendio e scompare sott'acqua, mentre la parte di poppa (o la nafta incendiata?) sembra resistere poco di più e scompare anch'essa.
Un più attento esame della sagoma della parte anteriore fa pensare che possa essere prora e centro nave, inclusa plancia e fumaiolo (due terzi della nave). Ciò confermerebbe lo spezzarsi in due tronconi all'altezza della parte poppiera, come affermato nel testo del 2001.
Una maggior parte dell'equipaggio si sarebbe trovata quindi lontano dalla parte in fiamme.
Se quella sagoma bassa fosse invece solo il tratto di prora fino alla plancia (un terzo della nave), è dubbio che fosse in grado di galleggiare e procedere così a lungo in modo rettilineo.
Bisogna notare che “prora” è molto diverso da “parte prodiera”.
In pratica, gran parte della nave, senza la poppa, continuò a procedere per forza d'inerzia, prima di abbattersi (pare sulla dritta) e affondare.
Le 6 immagini furono scattate (con un obiettivo normale o medio tele) dal Garibaldi, che prima si allontanò a sinistra poi accostò a dritta avvicinandosi alla rotta del Gioberti: ovvero da una posizione parallela a oltre 1000 metri fino a circa 700 metri sempre più angolati.
Lo scatto forse più significativo è il quarto dove la parte anteriore (stimabile in circa 60 metri, sui 106 totali) è circa un quarto della distanza percorsa: ne consegue che i due tronconi della nave siano affondati a circa 250 metri tra loro, su rotta 225°.
Tale rotta potrebbe essere variata in meno se il Gioberti aveva iniziato una tardiva accostata a sinistra, oppure variata in più se stava portandosi più a fianco della formazione (rotta lievemente divergente come mostrato nel nostro schema). Ciò può aiutare nelle ricerche: una volta trovata una parte del relitto, si sa dove cercare l'altra.
In immagini pubblicate su altri testi si nota meglio il profilo montuoso sullo sfondo, confermando che l'affondamento era avvenuto a limitata distanza dalla costa.
Posizione approssimata del relitto del Gioberti. Cartina TCI di mezzo secolo fa, quando mancava gran parte della viabilità costiera.
Riflessioni e informazioni mancanti
In questa drammatica vicenda troviamo diversi fattori ricorrenti della lotta sul mare, sfavorevoli agli italiani.
Le comunicazioni ci appaiono ben organizzate ma tuttavia laboriose e non al passo coi tempi.
Sarebbe stato preferibile che il velivolo potesse parlare via radio alle navi.
Inesperienza o scarso addestramento potevano essere spiegazioni del disastro, ma erano solo in parte responsabilità dei protagonisti.
Per gli inglesi lanciare una salva di 4 o più siluri assieme non era uno spreco perché aumentava le possibilità di successo.
Invece per gli italiani lanciare solo 8 bombe di profondità sembrava sufficiente, ma in realtà significava lasciare in circolazione un pericoloso sommergibile.
Avere finalmente il sonar e non usarlo fino in fondo, era una occasione perduta.
Tuttavia il comportamento del Carabiniere era piuttosto coerente con le direttive ufficiali per la lotta antisom, che consideravano prioritaria la protezione delle navi rispetto alla caccia. Si preferiva allontanare al momento l'attaccante piuttosto che inseguirlo con tenacia fino a distruggerlo. Esattamente l'opposto delle strategie alleate.
A parziale difesa dei comandi competenti si può dire che il contesto mediterraneo era molto diverso da quello oceanico: nei nostri mari, piccoli convogli su rotte obbligate e senza scampo dovevano essere difesi, mentre grandi convogli negli spazi oceanici potevano essere difesi dalla forza del numero.
Soprattutto, le direttive italiane dipendevano dai limiti degli strumenti esistenti (poco risolutivi) e quando si diffusero gli strumenti adatti (1942-1943), tale approccio rimase.
Questo episodio, avvenuto ormai nell'ultimo mese di guerra prima della resa, riassume e conferma alcune lacune della lotta antisommergibile italiana. E' un argomento interessante e poco approfondito a cui dedicheremo una pagina specifica.
I cacciatorpediniere della classe Gioberti avevano 166 uomini d'equipaggio (USMM). Vorremmo raccogliere maggiori informazioni su quanti fossero a bordo in quel momento: le vittime e i superstiti, sui quali non abbiamo trovato altro, tanto meno testimonianze. L'unica che abbiamo raccolto è di un radiotelegrafista, Vittorio Dini, veterano di guerra, che (per sua fortuna) non era a bordo quel giorno. Ci ha detto che i suoi colleghi RT si salvarono. Chissà se chi lo sostituiva era altrettanto esperto... Speriamo che qualcuno ci scriva.
A seguito di questo invito, ci è stato scritto gentilmente dal sig. Lorenzo Colombo che il Gioberti doveva avere più personale a bordo: " almeno 200, probabilmente 200-250..." Vi sarebbero stati 171 superstiti, tra cui 9 ufficiali. I morti dovrebbero quindi essere stati alcune decine, tra cui quattro ufficiali.
Per quanto riguarda il relitto, finora mai identificato, sono state fatte più volte delle ipotesi dopo ritrovamenti su questi fondali, assai frequentati. Ma sono anche fondali che scendono veloci dalla costa e il Gioberti deve trovarsi in acque profonde, precluse alle immersioni.
Le coordinate ufficiali non è detto che siano esatte e dovrebbero quadrare con testimoni oculari che abbiano preso i riferimenti in quel pomeriggio calmo e luminoso.
Oppure pescatori della zona in sessant'anni avranno trovato qualcosa nelle reti.
Qualcuno ha combinato tutto questo, restringendo l'area di ricerca. Al suo interno lo scandaglio ha evidenziato due punti interessanti che potrebbero essere i due tronconi del Gioberti.
Si troverebbe a notevole profondità. Ma bisognerà attendere rilevazioni più accurate o immagini per avere la certezza. E' una ricerca ancora aperta.
Informazioni provenienti dalle pubblicazioni dell'Ufficio Storico della Marina Militare:
La lotta antisommergibile (Roma 1978), compilatore Amm.V.Rauber
Le azioni navali in Mediterraneo 1/4/1941-8/9/1943 (Roma 2001, 2° edizione del 1970), compilatore Amm.G.Fioravanzo.
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