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Scrivici |Altri superstiti e caduti del Trento
- Rampin, Negri, Di Prisco, Cuomo -
In alto Rampin riconosciuto in una foto da noi pubblicata, al centro opuscolo del raduno superstiti 1969, in basso frammento della bandiera del Trento.
Ringraziamo i signori Fabio Todeschini, Vincenzo Negri, Dora Di Prisco, Franco Cuomo per le informazioni e immagini gentilmente fornite dei loro familiari.
Guido Rampin
Sono passati diversi anni da quando abbiamo pubblicato diverse pagine sull'affondamento dell'Incrociatore Trento. In tale occasione si presentavano racconti, foto, testimonianze, nomi di caduti e di superstiti. Credevamo che ciò esaurisse la memoria di quei momenti drammatici e della storia della nave. Invece altri ci hanno scritto in seguito, proprio stimolati dalle pagine esistenti. Riteniamo necessario dare anche a loro spazio, scusandoci per il tempo che hanno atteso.
Guido Rampin, 2° Capo Sdt, superstite.
Fabio Todeschini ha riconosciuto il nonno materno, imbarcato sulla nave e sopravvissuto all'affondamento, in una foto di gruppo da noi pubblicata. Ha inviato alcune immagini dei cimeli conservati dalla nonna.
“Il pezzo che ritengo più importante è un brandello della bandiera, che mio nonno tagliò via prima di gettarsi in mare. Ho fotografato la croce al merito, le medaglie e i documenti che attestano la sua presenza sull'incrociatore. Stando a quanto ho sempre sentito da mio nonno, poco prima che il siluro colpisse l'incrociatore, lui era salito dalla sala macchine in coperta per bere. Diceva sempre: "Mi sono salvato grazie a un bicchiere d'acqua". Ebbe la fobia dell'acqua per molto tempo: finché ho memoria, quando andavamo al mare, non si avvicinava che a pochi metri dalla battigia.”
Tra i documenti è molto interessante il fascicoletto ricordo dell'Incrociatore (pubblicato per il 2° raduno dei superstiti nel 1969).
Immagini di Pasquale Negri sotto le armi.
Pasquale Negri
Pasquale Negri, fuochista, superstite.
Il figlio Vincenzo ci ha raccontato quanto ricorda di aver ascoltato da ragazzo:
“dopo il primo colpo messo a segno dall'aerosilurante, constatati i danni alle caldaie, essendo anche interrotto l'interfono, fu mandato in coperta ad avvertire dell'impossibilità di procedere alle manovre richieste. Fu durante il tragitto che arrivò il siluro del sommergibile nemico. Si ritrovò in mare e vi restò per diverse ore prima di essere recuperato dagli italiani. Dopo l'affondamento fu brevemente trasferito a bordo dei sommergibili e poi nel Battaglione San Marco di stanza a Bordeaux, dove lo colse l'armistizio a cui seguì l'internamento in Germania.”
A seguito di ulteriori contatti il figlio ritiene che il padre Pasquale potesse essere il terzo uomo in piedi da sinistra nella foto dei fuochisti del Trento impegnati in una regata, che abbiamo pubblicato. Inoltre ha aggiunto maggiori particolari che ricordava:
“Mio padre mi diceva che in navigazione, specialmente quando vi erano fondate possibilità di uno scontro col nemico, gli ufficiali non obiettavano sul modo di vestire dei marinai sottocoperta, specialmente dei fuochisti e dei motoristi. Pertanto lui, come gli altri, teneva su i pantaloni con dello spago, in modo che fosse facile toglierli, cosi pure le scarpe che erano calzate quasi sempre senza lacci. Un'altra cosa che mi ricordo è che lui diceva di essere stato mandato in coperta per informare che non era possibile attivare alcune caldaie, a causa di un'infiltrazione di acqua salata che avrebbe potuto compromettere ancora di più la situazione. La cosa che mi lasciava perplesso più di tutte era che lui asseriva di essere volato in mare con tutta la scaletta che stava salendo, ma i racconti degli altri superstiti mi hanno fatto capire che ciò è realmente avvenuto, visto quanto devastante fosse stata l'esplosione della Santa Barbara. Per ultimo posso dire che mio padre stimava molto il suo comandante e diceva sempre che, tra tanti, era il migliore.”
Immagine dell'Incrociatore Trento a Venezia, personalizzata con il ritratto di Pasquale Di Prisco
Pasquale Di Prisco
Pasquale Di Prisco, fuochista, superstite.
La figlia Dora ci racconta:
“La descrizione che egli faceva di quel tragico giorno è molto simile a quella fatta dal sig. Giuseppe Sambo: la nave venne silurata alle 5 del mattino del 15 giugno e ricordava la frenesia con la quale si era riusciti a riparare il danno e si era pronti per essere rimorchiarti, quando fu nuovamente silurata e ci fu un' esplosione. Fu la fine, l' affondamento fu quasi immediato. La nave era già sprofondata in acqua, quando mio padre con un salvagente si lasciò cadere in mare (non sapeva nuotare ed era sicuro che sarebbe morto). Sull'acqua intorno compagni mutilati o morti, lamenti, urla, grida strazianti, feriti che cercavano di aggrapparsi ai compagni. Aveva la consapevolezza che il risucchio della nave l'avrebbe trascinato giù, ciò nonostante era impietrito e non si mosse, né si accorse che ci fossero delle scialuppe di salvataggio. Lo sprofondare della nave non produsse invece il temuto risucchio. Rimase lì in acqua. Era terrorizzato all'idea che qualche squalo, attirato dall'odore del sangue, gli azzannasse le gambe e lo trascinasse giù, per cui si guardava continuamente attorno. Dopo 4 lunghissime ore, finalmente una scialuppa gli si avvicinò: gli lanciarono una corda a cui si aggrappò. Mentre lo tiravano su una voce lo incoraggiava " forza ragazzo, ce l' hai fatta!". Salito a bordo gli misero una coperta addosso e gli diedero qualcosa di caldo. “
Ma c'è anche un amaro finale della storia.
Pasquale, sotto shock, non aveva capito di doversi presentare subito al comando. Era tempo di guerra. Avendolo fatto con qualche giorno di ritardo, si vide timbrato il foglio matricolare con la scritta rossa “disertore”, fatto che poi avrebbe avuto dannose conseguenze quando tornò a Pozzuoli (perdita di opportunità di lavoro e pensione). Di marinai del Trento di Pozzuoli ne tornarono 3 su 4.
Ritratto di Franco Cuomo, frammento di lettera alla madre dall'Incrociatore Gorizia nel 1940, un estratto della lettera in cui si informava la famiglia, al centro immagine dei funerali.
Franco Cuomo
Ricordiamo anche chi non ha avuto la fortuna di salvarsi.
Franco Cuomo, Sottocapo elettricista, caduto.
Come ci racconta il nipote, Cuomo era nato il 2 aprile 1922 a Napoli e perse la vita a vent'anni per l'affondamento del Trento.
Arruolatosi volontariamente molto presto, fece le scuole CREM di formazione a La Spezia per gli equipaggi. Fu imbarcato sul Gorizia. Partecipò a vari scontri navali fra cui Punta Stilo.
Era a bordo del Trento con la mansione di sottocapo elettricista il 15 giugno 1942 durante la Battaglia di Mezzo Giugno in cui il Trento venne silurato e affondato. Alla famiglia giunse la comunicazione che il familiare era deceduto in azione (come si legge sulla lettera). All'inizio venne dichiarato che la morte fosse avvenuta per asfissia, mentre dopo anni si è venuti a conoscenza che mori' a seguito di dissanguamento per fratture esposte alla gamba. Pare che al momento dell'esplosione della nave fosse su una delle torrette. Venne raccolto a bordo del cacciatorpediniere Pigafetta, ma giunto sulle scale dell'ospedale Regina Margherita non riusci a salvarsi e spirò. Pubblichiamo immagini del funerale. Inizialmente sepolto a Messina è stato poi trasferito a cura dei familiari nel cimitero di Nocera Inferiore dove gli è stata dedicata una via.
Ringraziamo il nipote omonimo Franco Cuomo per queste note e per le immagini che ci ha gentilmente fornito.
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