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Scrivici |Le navi ospedale
- Navi ospedale, navi soccorso, rimpatrio dei civili dall'Africa Orientale -
Il Principessa Giovanna nel canale di Taranto in partenza per l'Africa Orientale nel periodo in cui era adibita a nave trasporto.
Si ringrazia il Signor Mauro Vampi per la fotografia del piroscafo Principessa Giovanna.
Il Principessa Giovanna
Tra le fotografie appartenute a Carlo Vampi c'è anche questa bella immagine del piroscafo Principessa Giovanna. Questa nave, di 8556 tonnellate, fu costruita nel 1923 dal Lloyd Sabaudo e passò nel 1932 alla Società Italia di Navigazione.
Fu requisita nel novembre 1940 ed adibita a nave trasporto. Nel 1943 fu convertita in nave ospedale: con questa funzione effettuò 13 viaggi, trasportando migliaia di malati. Subì il 6 maggio 1943 un duro bombardamento al largo dell'isola di Zembra con decine di morti e di feriti, ma potè giungere a Napoli e riparare in bacino a Trieste. All'armistizio si consegnò a Malta e operò per la Gran Bretagna sino al 1946 quando fu restituita alla Società Italia che la rimise in servizio con il nome San Giorgio. La vita operativa di questo piroscafo si concluse con la demolizione nel 1953.
Crocerossine sul Toscana - 7 anni di guerra.
Le altre navi ospedale
Oltre al Principessa Giovanna la Società Italia di Navigazione mise a disposizione la Virgilio che effettuò 51 missioni rimpatriando 32.000 feriti.
Il Lloyd Triestino fornì ben 8 piroscafi che svolsero la funzione di nave ospadale durante la seconda guerra mondiale: Aquileia (81 viaggi, 3 missioni di soccorso, 51.000 malati trasportati), Arno (57 viaggi, 23.000 malati), California (32 viaggi, 24.000 malati), Gradisca (77 viaggi, 60.000 malati), Po (14 viaggi, 6.600 malati), Sicilia (47 viaggi, 33.000 malati), Tevere (8 viaggi, 4.000 malati), Toscana (51 viaggi, 32.000 malati).
Sopravvissero al conflitto solo il Gradisca, il Toscana e il Principessa Giovanna.
Svolsero servizio di nave ospedale anche la Ramb IV e il Città di Trapani.
Vi erano poi le navi soccorso: Epomeo, Laurana, Meta, Giuseppe Orlando, San Giusto, Sorrento e
Capri. Tutte affondarono in missione tranne il Laurana che fu catturata dagli inglesi nel 1943 in Tunisia.
Gradisca e Città di Tunisi vennero utilizzate per lo scambio a Smirne di prigionieri feriti.
Sotto la protezione della Croce Rossa Internazionale svolsero missioni di rimpatrio di civili internati in Africa Orientale le navi Saturnia, Vulcania, Duilio e Giulio Cesare.
Altri scambi di prigionieri feriti o gravemente ammalati venivano effettuati in porti neutrali con navi che venivano identificate tramite la scritta PROTECTED sulla fiancata.
La flotta italiana di navi ospedale e navi soccorso nella seconda guerra mondiale.
La flotta italiana delle navi ospedale comprendeva le grandi Aquileia, California, Gradisca, Toscana, Sicilia, Virgilio, Principessa Giovanna. A queste si affiancavano le unità di trasporto feriti Arno, Tevere, Po, Città di Tripoli e le piccole Epomeo, Meta, Sorrento, Capri, Laurana, Orlando, San Giusto. Le unità minori avevano il compito della ricerca naufraghi e successivo trasbordo sulle vere navi ospedale. Queste erano ben attrezzate per accogliere mediamente circa 800 feriti, con le più moderne attrezzature ospedaliere e sale operatorie. Dunque una vera flotta di 19 unità grandi e piccole che presero parte al secondo conflitto mondiale, con intensa attività navale e medica. A seguito di combattimenti, affondamenti, tragedie e drammi, che prevalevano nelle pagine di storia, si svolgeva con meno clamore il lavoro impegnativo di queste navi, spesso coinvolte indifese in attacchi, nonostante la dichiarata funzione di soccorso e cura, priva di valore bellico. Le navi ospedale, dipinte di bianco, con vistose croci rosse sul fianco e sul fumaiolo, senza armamento, erano difficilmente confondibili con i mercantili adibiti a trasporto merci o truppe. Eppure subirono degli attacchi anche gravi. Aquileia e California, preparate pochi anni prima per le operazioni della guerra d’Etiopia, furono tra le prime ad entrare in funzione all’inizio del conflitto nel 1940. Dopo il combattimento di Capo Spada, l’Aquileia raccolse i naufraghi dell’affondamento dell’incrociatore Colleoni. Il Virgilio, durante le operazioni in Albania nel luglio 1941, fu colpito da un bombardamento. Nell’agosto del 1941 il California fu silurato e affondato a Siracusa. Nel 1943 il Principessa Giovanna, carico di feriti, fu attaccato dal cielo, registrando un totale di 54 vittime. Per l’imprevedibilità degli eventi e la necessità di soccorso tempestivo, anche le unità da guerra si prestavano occasionalmente alla raccolta naufraghi, però con gravi rischi e di frequente dovevano interrompere il soccorso, per non restare pure loro vittima di attacchi. Pertanto la nave ospedale rimaneva lo strumento più adatto per la necessaria opera di ricerca e recupero, specie in zone contese o esposte. Come trasporto umanitario è da ricordare la missione speciale di rimpatrio come profughi dei civili dall’Africa Orientale Italiana, dopo la conquista britannica del 1941. Dipinte con aspetto simile a navi ospedale, i transatlantici Duilio, Giulio Cesare, Saturnia, Vulcania, iniziarono nel 1942 il rimpatrio, in accordo con i Britannici, ma con l’obbligo del lungo periplo dell’Africa (non consentendo l’attraversamento dell’area strategica di Suez). Svolsero in totale tre missioni con circa 30.000 profughi.
Bibliografia: Dallo smoking alla divisa: la marina mercantile italiana dal 1932 al 1945 (Ogliari et. al. - Cavallotti Editore)
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