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Scrivici |Cosa è rimasto?
- La scomparsa della Regia Marina -
Disegno del sommergibile “tascabile” tipo CB, ovvero Costiero Tipo B (poco più di 15 metri di lunghezza e 40 tonnellate di dislocamento)
Che cosa è rimasto delle nostre unità?
Dopo aver letto e visto foto di sommergibili e navi della Regia Marina, molti vorrebbero vedere una unità dal vivo. Niente sostituisce la visione diretta poiché le costruzioni umane, viste da vicino con i loro dettagli, raccontano moltissime cose (accuratezza, genialità, intelligenza, esperienza) che nei libri non ci sono.
Sembra impossibile, ma non è rimasto praticamente niente della Regia Marina. Di recente si è parlato sui giornali del sommergibile Enrico Toti, che però non è un sommergibile della seconda guerra mondiale, anche se porta il nome del famoso predecessore (che affondò un sommergibile inglese, con tutto l’equipaggio, in un duro combattimento). Di autentico e ben conservato, c’è un sommergibile tascabile CB.20 presente al Museo della Scienza di Zagabria. Interessante, ma non darà certo l'idea di cosa fosse un vero sommergibile. Se qualcuno sa di qualche reperto o unità, anche fuori dall’Italia, per cortesia mi scriva. L'unica altra traccia che mi viene in mente è una delle quattro eliche della corazzata Vittorio Veneto, esposta nel Museo dell'Arsenale di La Spezia (dove la nave fu demolita). Molto poco per una flotta tra le maggiori del mondo. Come mai?
In generale, non solo in Italia, quasi tutti i mezzi bellici (anche aerei e carri armati) venivano distrutti nel dopoguerra perché ritenuti di scarso valore, ingombranti e pericolosi, e spesso venivano smembrati per recuperare tutto il possibile. Navi e sommergibili avevano inoltre costi elevati di mantenimento (si pensi a quanto costa mantenere una semplice imbarcazione da diporto) e fornivano migliaia di tonnellate di metalli pregiati alla ricostruzione. Si ripescarono quindi tantissimi relitti soltanto per demolirli. I sommergibili furono quasi tutti distrutti, affondati in acque profonde o fatti a pezzi di dimensioni determinate secondo gli accordi di Parigi (forse si voleva evitare ogni possibile ritorno di una minaccia sottomarina: si veda la nota). I pochi sommergibili rimasti e usati di nascosto, furono consumati nell'uso, come altre piccole unità di superficie. Alcuni cacciatorpediniere e torpediniere continuarono la loro vita operativa fino agli anni ‘50 e ‘60, rimodernati. Quando fu il momento di radiarli, forse erano troppo rimaneggiati per costituire un reperto storico, o più semplicemente nessuno pensò a conservarli. Finita la guerra, alcune tra le più belle navi rimaste andarono ad altri paesi come riparazione di guerra, e saranno ormai tutte demolite, non avendo avuto alcun valore storico per chi le possedeva. In Italia, che aveva perso la guerra, era fuori da ogni immaginazione conservare residuati bellici, oltre che proibito (anche tenere un moschetto '91 sarebbe stata un'impresa). In tutto il mondo, navi, aerei e corazzati fecero una brutta fine. Qualcosa si è salvato nelle nazioni vincitrici occidentali per la maggiore lungimiranza di qualche collezionista che aveva mezzi economici (qualche aereo italiano è in USA). La perdita totale di questo patrimonio storico è un aspetto suggestivo e incredibile per la completa mancanza d'intelligenza. Il cinema distrusse notevoli quantità di residuati bellici acquistati a poco prezzo (è possibile vedere velivoli in legno fracassati a decine nelle vecchie pellicole) e i militari usarono spesso mezzi corazzati e navi per prove balistiche di ogni genere. Oggi ci sono rimaste solo foto e racconti, mentre per vedere qualcosa gli appassionati fanno migliaia di chilometri. Ma per le navi da guerra e per i sommergibili della Regia Marina dobbiamo aiutarci con l’immaginazione.
La nave scuola Cristoforo Combo ceduta all'Urss in riparazione dei danni di guerra. Immagine realizzata da Lazer_one e cortesemente fornita a Trentoincina.
Lo smantellamento della Regia Marina
La Marina militare italiana uscì dal conflitto con 105 unità da guerra (268.000 tonnellate) di cui 37 sommergibili. Secondo la Conferenza delle 21 Potenze a Parigi (1946) l’Italia avrebbe mantenuto solo 46 unità (106.000 tonnellate). Fu vietato completamente l’uso di portaerei, mezzi d’assalto, motosiluranti, sommergibili. Dei 37 sommergibili 8 dovevano essere consegnati a Gran Bretagna, USA, URSS, Francia e gli altri 25 dovevano quindi essere affondati in alti fondali. Anche molte navi furono assegnate alle nazioni vincitrici. Con l’aumentare della distanza dagli eventi bellici, i mutamenti delle necessità strategiche e con l’intensificarsi delle trattative, le condizioni si attenuarono. Gli alleati occidentali rinunciarono alla consegna delle navi promesse. La Francia, a cui erano state sottratte dagli Italiani almeno una dozzina di navi, tra caccia e incrociatori leggeri, ottenne l’incrociatore leggero Attilio Regolo, i caccia Legionario, Mitragliere, Velite, oltre alla restituzione in piena efficienza dei suoi Trombe e Tigre, sopravvissuti a bombardamenti e sabotaggi. Alla Iugoslavia furono restituite due sue torpediniere e cedute le nostre Ariete e Indomito. Ma fu l’Unione Sovietica che volle la maggior quota di navi con la nave da battaglia Giulio Cesare, l’incrociatore Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, i caccia Camicia Nera e Fuciliere, le torpediniere Animoso, Ardimentoso, Fortunale. Anche la nave scuola a vela Cristoforo Colombo, gemella della famosa Amerigo Vespucci, fu ceduta ai Russi.
Particolare di un carro armato greco (già preda bellica), catturato in Albania, con una scritta “Vendicate l’Helli” - 7 anni di Guerra.
I Greci ottennero la cessione del moderno incrociatore Eugenio di Savoia, che fu ribattezzato Helli, appunto in risarcimento del siluramento a tradimento del loro vecchio e piccolo incrociatore Helli nelle Cicladi nell’agosto 1940 da parte del sommergibile Delfino (ordinato segretamente da Mussolini per motivi politici e pubblicamente negato). 8000 tonnellate in cambio di 2000, e per giunta si spese un patrimonio per ripararlo perché era stato appena danneggiato da una mina e si doveva consegnare in perfetta efficienza. Il governo esitava ad erogare il finanziamento (erano tempi magri) ma i responsabili della Marina italiana non ebbero dubbi: dopo molti anni il risentimento greco era ancora vivo per le vittime di un paese non in guerra uccise con una grande esplosione nel bel mezzo di una festa d’estate. L'incrociatore italiano divenne così la nave ammiraglia della flotta greca.
Navi prestigiose e moderne, ma di costoso mantenimento e non più adeguate alle nuove esigenze strategiche, come la Littorio-Italia e la Vittorio Veneto finirono sotto le fiamme ossidriche dei demolitori.
Per i sommergibili, alla fine furono ceduti solo il Marea e Nichelio. Le potenze vincitrici rinunciarono a farsi cedere i battelli, in cambio però della loro demolizione (utilissima per la ricostruzione) in pezzi sotto le 10 tonnellate, sotto la vigilanza di un apposita commissione. Nel caso della Francia non venne chiesta la demolizione, salvando Giada e Vortice (700 e 1000 tonnellate circa , 60 e 64 metri di lunghezza) . Questi due sommergibili, mascherati da pontoni di carica, rimasero in esercizio ed uscendo solo di notte, costituirono l’elemento di continuità per non perdere esperienza e permettere l’allenamento delle nuove leve, fino al 1951, quando (tolte le limitazioni) l’Italia poté espandere di nuovo le sue unità sottomarine (fino ad una diecina). Rimodernati ma ormai superati per la sicurezza, il Giada fu radiato nel 1964 e il Vortice nel 1967. Erano gli ultimi sommergibili della Regia Marina.
Continua...
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