Post
  | Home |
Database |
Cerca nel sito |
Novità |
Mappa del sito |
Bibliografia |
Scrivici |Uomini sul fondo
- Regia, soggetto e sceneggiatura di Francesco De Robertis -
Disegno da una scena - Trentoincina
Avvertiamo che possono esserci rivelazioni sulla trama e sul finale.
Il linguaggio dei sommergibili
Il film, realizzato nel 1939-1940, è di grande interesse per l’ambientazione su di un sommergibile italiano della seconda guerra mondiale. Durante una esercitazione il battello viene speronato da una nave e ricade nelle profondità, senza poter più riemergere. Viviamo in diretta la dinamica dell’incidente, l’aggravarsi della situazione, il lungo percorso alterno tra speranze e angosce, fino al concludersi del dramma. Sembra ripetersi un fatto realmente accaduto (1928), la tragedia del sommergibile F.14, e si mostrano i nuovi mezzi di salvataggio che permettono un esito finale più positivo. La pellicola è infatti prodotta dalla Regia Marina e possiede un taglio documentaristico, sicuramente apprezzabile dagli appassionati, ma anche appassionante per chi è meno esperto. Al contesto realistico e ricco di dettagli si aggiungono la qualità della regia dell’esordiente De Robertis, ufficiale di Marina, e la naturalezza di veri marinai e sommergibilisti come attori. L’aspetto che colpisce di più nella recitazione è il linguaggio breve ed essenziale, l’atmosfera tesa ma controllata, molto lontana dalla retorica contemporanea di allora, ma anche lontana dalla drammaticità esasperata dei film d’azione di oggi. Questi sono sommergibilisti veri, diretti da un ufficiale di Marina, che sa di cosa sta parlando. Chi vede questo film può pensare che il neorealismo italiano non sia nato dopo la guerra, ma fosse già qui, addirittura in una pellicola ufficiale del regime. Al di là delle classificazioni, il film doveva avere chiari obiettivi di presentazione e valorizzazione dei mezzi ed equipaggi della Marina, ma chi lo realizzò seppe conciliarli con una resa fedele del mondo dei sommergibili, senza finzioni e senza enfasi. Su un sommergibile la vicinanza tra ufficiali e marinai, la comunanza di situazioni e di destino, la necessità di essere sintetici e rapidi, condizionavano il modo di esprimersi e comportarsi: era un linguaggio che veniva spontaneo, simile allo stile della futura narrativa cinematografica.
Commenti
Uomini sul fondo vuole mostrare la costante coesistenza con il rischio, governato in ogni frangente, con qualità evidenti come freddezza, attenzione, competenza, rapidità. L’incidente, sommandosi a fattori avversi, mostra da un lato la latente pericolosità del mondo subacqueo e dall’altro le capacità nascoste dei marinai, che qui si rivelano: il controllo di sé, la tenace fiducia, la cooperazione, la solidarietà, fino al sacrificio. Così il film è valido nel presentare tutte le migliori qualità (evidenti e nascoste) che si attendono dai marinai italiani, efficaci ed umani assieme. Il regista è dunque riuscito a trovare un buon compromesso tra una tensione narrativa convincente e i requisiti promozionali della Marina. Tuttavia il compromesso ci sembra meno riuscito nell’eccessivo dispiegamento di tutte le possibilità di comunicazione e salvataggio. La mamma che parla in diretta con il figlio sul fondo è forse improbabile in quella situazione, a quell’epoca. Anche l’uso disinvolto della garitta di salvataggio, con cui viene salvato il cane di bordo prima dei marinai e viene mandato un medico nel relitto, ci sembra poco credibile, soprattutto tenendo conto che nella realtà della guerra tali mezzi non furono usati con successo per difficoltà oggettive. Ma queste concessioni propagandistiche alle tecniche della Marina sono comprensibili, conoscendo la storia precedente. Il coinvolgimento collettivo nelle prime tragedie subacquee spinse Mussolini a richiedere esplicitamente che venissero introdotti mezzi di salvataggio adeguati sui nuovi sommergibili italiani. Una volta realizzati la Marina voleva evidentemente farli conoscere, sia per motivare gli equipaggi e gli arruolamenti, sia per tranquillizzare opinione pubblica e familiari. Vediamo intervenire scafandri rigidi da grande profondità ed effettuare saldature subacquee. L’esposizione di tante tecnologie e il contributo di molte unità alle operazioni hanno probabilmente lo scopo di mostrare una Marina preparata e all’altezza del confronto bellico. Però il sommarsi di una esercitazione di durata in immersione di 72 ore, con l’incidente, le attese dei soccorsi, i trasferimenti in superficie, i tempi tecnici per predisporre pontoni e palombari, pompaggio aria, eccetera, ci sembra generare tempi totali eccessivi per una conclusione felice dei salvataggi. A parte qualche perplessità, il contenuto di propaganda di questo film da tempo di guerra è comunque sorprendentemente limitato o indiretto e non sminuisce affatto il valore dell’opera, che va senz’altro conosciuta sia dagli appassionati di storia che di cinema.
Note
Come indicato all’inizio del film, hanno partecipato alle riprese il Primo gruppo sommergibili, una flottiglia di torpediniere dipartimentali (si riconoscono Antares, Spica, Vega…) , la Quarta squadriglia del 2° gruppo MAS (dal 531 al 539), idrovolanti da ricognizione (si legge sulla coda la scritta degli incrociatori Montecuccoli e Trieste). Hanno partecipato anche le navi di salvataggio Titano e Ciclope, il pontone di sollevamento Anteo. Le riprese del film sono l’occasione per vedere molte unità dal vero, con dettagli inediti, in particolare l’interno di un sommergibile della Regia Marina di cui oggi non esistono esemplari. Furono anche impiegati modellini e simulacri dell’interno per facilitare le riprese. Rispetto a fotografie o filmati di repertorio, l’ambientazione del film è suggestiva e al tempo stesso coerente con i racconti dei protagonisti del conflitto.
Per maggiori informazioni sulla dinamica della tragedia del sommergibile F.14 avvenuta fra le due guerre si veda: Il Sommergibile F.14.
Per una descrizione dei mezzi di salvataggio dei sommergibili italiani, come ad esempio gli ascensori di risalita, si veda: Il soccorso dei sommergibili affondati.
La pagina contiene anche la descrizione dell'affondamento del sommergibile Medusa, avvenuto per siluramento del nemico durante la seconda guerra mondiale (il salvataggio ebbe comunque esito sfortunato).
Francesco De Robertis (1902-1959)
Nato a San Marco in Lamis (Foggia) De Robertis entrò come allievo all’Accademia Navale di Livorno a quindici anni nel 1917, durante la Prima Guerra Mondiale. Nel 1923 divenne Guardiamarina, salendo sulla Corazzata Giulio Cesare e poi sull’incrociatore San Giorgio per una lunga crociera in Estremo Oriente. Ancora all’Accademia ottenne il brevetto di Osservatore d’Aeroplano e il grado di Tenente di Vascello. Dopo ulteriori imbarchi ebbe il comando della torpediniera Curtatone e della Calatafimi. Appena divenuto comandante in seconda del Cacciatorpediniere Malocello, chiese il congedo nel 1937, evidentemente per dedicarsi alla cinematografia, avendo da tempo manifestato interesse per questa attività. La Marina lo richiamò in servizio per impiegarlo nel campo della comunicazione propagandistica, con alcuni cortometraggi. All’inizio della Seconda Guerra Mondiale gli fu assegnata la direzione del Centro Cinematografico della Marina. Un documentario dimostrativo sui sistemi di salvataggio subacquei, resosi necessario per rassicurare l’opinione pubblica, fu da lui trasformato in un film vero e proprio, “Uomini sul fondo” (uscito nel 1941), opera innovativa e neorealista. Nel 1942 effettuò la supervisione de “La nave bianca” , girato da Roberto Rossellini, con analogo indirizzo. Successivamente De Robertis realizzò “Alfa Tau!” , premiato alla Mostra cinematografica di Venezia, in cui è evidente la sua profonda conoscenza dell’ambiente dei sommergibili. Divenuto nel frattempo Capitano di Corvetta, seguirono “Uomini e cieli”, “Marinai senza stelle”, non ultimate a causa dell’armistizio e distribuite dopo il conflitto. Rimasto al nord durante la lavorazione, De Robertis continuò l’attività cinematografica per la Repubblica Sociale Italiana, con “I figli della laguna” e “La vita semplice”, non bellici. Nel dopoguerra continuò la realizzazione di altre pellicole, “Fantasmi del mare”, “Il mulatto”, “Gli amanti di Ravello”, “Angelo tra la folla”, “Carica eroica”, “I sette dell’Orsa Maggiore”, “Mizar”, “Uomini ombra”, “Yalis la vergine del Roncador”, “La donna che venne dal mare”, “I ragazzi della Marina”, dovendo tenere conto di una realtà cinematografica in mutamento, con la necessità di ricorrere a professionisti. Con lui lavorarono attori che avrebbero avuto successo e una lunga carriera. De Robertis, già minato da infarto nel 1943, si spense nel 1959 a Roma per un secondo attacco.
Una più accurata biografia è contenuta nell’articolo “Francesco De Robertis, un marinaio dietro la cinepresa”, di Vezio Vascotto, apparso sul numero di Luglio 2009 della Rivista Marittima, mensile della Marina Militare.
297