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Scrivici |Mezzo Giugno 1942 - Vivaldi e Malocello
Cacciatorpediniere della Classe Navigatori, ristrutturato, con la sigla MC (Malocello). L'unità non aveva la mimetizzazione nel giugno 1942. Disegno Trentoincina.
Dentro la battaglia
E’ la mattina del 15 giugno 1942 e il vecchio cacciatorpediniere Lanzerotto Malocello arranca con il Vivaldi in coda alla Settima Divisione Incrociatori, mandata a intercettare un convoglio inglese per rifornire Malta. La massima velocità ottenibile con le macchine logorate è di soli 28 nodi, del tutto inadeguata per un caccia, per non parlare delle manutenzioni sempre rimandate, e viene da chiedersi se l’unità risulterà efficiente in caso di combattimento. L’intenso servizio prestato in due anni di guerra in Mediterraneo, tra posa di mine e scorta convogli, ha lasciato il segno, ma l’importanza di bloccare i rifornimenti di Malta impone la mobilitazione di ogni unità, particolarmente i caccia, sempre indispensabili. Il Comandante Mario Leoni ha assunto il comando del Malocello nel novembre 1941, dopo aver condotto il sommergibile Malaspina in Atlantico con brillanti risultati. E’ comunque fiducioso nel suo equipaggio, oltre che soddisfatto di avere un’ultima opportunità di azione, avvicinandosi il termine del proprio periodo di comando. Essendo in coda alla formazione è difficile immaginare che fra poco si troverà protagonista di uno dei più intensi combattimenti navali tra italiani e britannici: lo scontro di Pantelleria (della Battaglia di Mezzo Giugno).
E’ l’alba quando si avvista a levante il convoglio, distanza 20.000 metri. “Battere posto di combattimento. Alzare bandiera di combattimento”. Alle 5.38 gli incrociatori italiani aprono il fuoco contro le unità di testa della formazione inglese. Dalla nave ammiraglia arriva l’ordine di accelerare a 32 nodi, per chiudere la strada al nemico. Il caccia-caposezione Vivaldi segnala che 28 nodi è il massimo possibile per la Sezione Vivaldi-Malocello: così rimangono progressivamente indietro. La distanza dal nemico invece diminuisce, ma Vivaldi e Malocello sono ancora fuori tiro. Alle 5.47 arriva l’ordine: “Vivaldi – Malocello attaccate il convoglio.” Questo significa che i due caccia dovranno combattere da soli contro la scorta ravvicinata del convoglio, che li separa dai mercantili. Infatti almeno cinque caccia inglesi si preparano allo scontro, mentre dietro di loro le navi mercantili si allontanano. Il Vivaldi accosta subito verso di loro, seguito dal Malocello. Leoni prevede che sia impossibile raggiungere i mercantili nemici e che si tratterà unicamente di un duro confronto tra le unità da guerra. Aperto il fuoco, le unità nemiche rispondono. Dopo aver inquadrato il Vivaldi i colpi cadono anche presso il Malocello. Un caccia nemico sembra colpito e si allontana protetto dalle cortine nebbiogene. Giunto a 6.000 metri dal convoglio il Comandante Leoni ordina il lancio di siluri, di cui è difficile controllare l’esito. Eppure sei minuti dopo un mercantile sembra raggiunto da un siluro, una fiammata seguita da una colonna di fumo (forse è il piroscafo Chant). La rotta verso sud dei caccia inglesi costringe però i due caccia italiani ad analoga rotta parallela, divergente rispetto ai mercantili, permettendo loro di allontanarsi. Il combattimento continua e Leoni rileva un altro colpo che sarebbe arrivato sul caccia nemico più vicino.
Elaborazione grafica Trentoincina di una mappa contenuta nel libro "La Guerra sui mari, 1941-1943" dell'Ammiraglio Romeo Bernotti (1956)
Il Vivaldi viene colpito e il Malocello lo protegge
“L’aria è veramente arroventata, spariamo ininterrottamente ed il ponte è già tutto coperto da uno strato di bossoli che ad ogni accostata passano da una parte all’altra della nave con un rumore d’inferno, che va ad aggiungersi a tutti gli altri: gli scoppi laceranti delle artiglierie, il ruggito dei turboventilatori delle macchine, il continuo infrangersi di vetri e di oggetti che il tiro sta facendo cadere un po’ dappertutto, il sibilo asmatico delle salve dei proiettili inglesi che passano sopra le nostre teste per poi scoppiare con un rumore sordo in mare, l'urlo delle schegge che fendono l’aria e che ricordano il ronzio dei calabroni, le grida dei serventi degli otturatori che danno il “là” dopo la chiusura degli stessi, la cantilena dei graduatori di alzo che ripetono i dati ricevuti dalla centrale di tiro, il trillare dei fonici, gli squilli dei telefoni, il rinchiudersi secco degli otturatori, il rumore metallico che fanno i bossoli cadendo sul ponte di ferro… le canne dei cannoni sono roventi , dalle volate dei pezzi escono fiammate che abbagliano, l’acqua ribolle tutto intorno a noi per il continuo cadere dei proietti ed il sollevarsi delle colonne d’acqua. Sembra impossibile ma non siamo stati ancora colpiti.” (Comandante Mario Leoni)
Le distanze diminuiscono. Alle 6.05, dopo venti minuti di fuoco, il Vivaldi chiede alla Divisione sostegno nel combattimento. In quel momento il Vivaldi viene colpito in pieno, un’alta colonna di fumo nero e uscite di vapore dal fianco, si ferma. Il Comandante Leoni ordina l’emissione di cortina fumogena, e porta il Malocello a soli 7 nodi, manovrando per nascondere il Vivaldi. Quattro caccia inglesi concentrano il tiro e serrano le distanze per risolvere lo scontro. La distanza dal nemico scende a 4000-5000 metri ma il Malocello non può rispondere con i siluri perché i caccia inglesi mostrano solo la prora. Sul Malocello arriva il messaggio del Comandante Castrogiovanni del Vivaldi che chiede di abbandonarlo e allontanarsi. Il Comandante Leoni decide di continuare la protezione. Otto colpi cadono assieme a trenta metri dal Malocello. Improvvisamente lo scontro finisce e i caccia inglesi ripiegano verso il loro convoglio. Il Malocello ha sostenuto quasi un’ora e mezza di fuoco e ha sparato quattrocento proiettili di artiglieria.
Dall’altra parte i comandanti dei caccia inglesi si sono trovati di fronte una situazione confusa oltre l’infida barriera fumogena e la continuazione del tiro italiano ha fatto svanire la speranza di una facile vittoria inglese sul caccia colpito. Non sanno nemmeno se ci siano altri caccia oltre quel fumo. Essendoci altre unità italiane in zona, i comandanti britannici ricordano il loro vero obiettivo e ripiegano per tornare a fornire scorta indiretta al convoglio, che ne ha bisogno.
La situazione sul Vivaldi è critica con un incendio che investe tutto il centro della nave. L’equipaggio è separato in due, a poppa e a prora. Il comandante Castrogiovanni chiede al Malocello estintori e soccorso ai feriti. Alle 7.35 giunge la Squadriglia Oriani per il supporto, ormai inutile. Arrivano 3 Mas da Pantelleria, anche questi ormai superflui e il Comandante Leoni suggerisce loro di attaccare i piroscafi in fuga. Ma i Mas hanno ricevuto ordine di fare scorta antisommergibile alle unità italiane. Nel frattempo arrivano sul Malocello i feriti del Vivaldi in condizioni disperate, quasi tutti gravemente ustionati dal vapore e dalle fiamme. Spettacoli orribili, equipaggio silenzioso ed emozionato, un insopportabile coro di lamenti di dolore, prime cure. Diversi feriti, ancora coscienti, moriranno quella notte. Il Malocello alle 9.25 ha preso a rimorchio il relitto del Vivaldi e si prepara al rientro. Sembra che tutto sia finito, invece…
Gli attacchi aerei e il rientro
Quattro aerosiluranti inglesi Swordfish arrivano da levante (forse da Malta) per attaccare il Malocello, aprendosi a semicerchio per vanificare ogni manovra e non lasciargli scampo. Il Malocello è bloccato dai cavi d’acciaio del rimorchio e non c’è tempo per sganciarsi. Il Comandante Leoni ordina: “Macchine avanti alla massima forza. Spoletta a 4000 metri, fuoco da tutti gli impianti.” Il caccia scatta in avanti e schianta i cavi d’acciaio, liberandosi, mentre il cielo si annerisce di scoppi contraerei. A 2000 metri gli aerei sganciano i siluri, perché si vedono le colonne bianche dell’impatto in acqua. Sul Malocello si avvistano le scie e il comandante fa compiere bruschi movimenti avanti e indietro alla massima forza, finché l’ultimo siluro passato a pochi metri viene salutato da un applauso dell’equipaggio. Ma non è finita, perché quindici minuti dopo vengono avvistati dei bombardieri inglesi. Giunti sulla verticale delle due unità, sganciano il loro carico di bombe che per fortuna cadono tutte in mare. Arriva il caccia Premuda che si assume il compito di rimorchiare il Vivaldi a Pantelleria, visto che il Malocello ha perso i cavi.
Il rientro fu tranquillo e al momento di separarsi il Comandante del Vivaldi, Castrogiovanni, ringraziò Leoni. Il Malocello rientrò a Napoli, dove lo attendevano congratulazioni e riconoscimenti. Il Comandante Leoni ricorda quando Mussolini (Ministro della Marina) partecipò alle cerimonie di Mezzo Giugno 1942 e gli consegnò personalmente la decorazione. Lo abbracciò e disse: “Bravo Leoni! Avete combattuto benissimo e contro forze nettamente superiori. Vi siete comportato benissimo. Vi ringrazio. Portate personalmente il mio elogio anche ai vostri marinai.” Alla fine di agosto 1942 Leoni sbarcava e concludeva il suo comando navale.
Note
Il caccia Malocello continuò la sua attività e durante un trasporto truppe in Tunisia nel marzo 1943, saltò sulle mine, assieme al caccia Ascari che tentava di soccorrerlo; entrambi affondarono, perdendo gran parte dell’equipaggio per la difficoltà di recuperare i naufraghi nel campo di mine. Annegarono quasi quattrocento marinai e circa cinquecento soldati tedeschi. Per maggiori informazioni sulla dinamica della tragedia si veda: Guerra di mine.
Il Comandante del Vivaldi, Ignazio Castrogiovanni, ebbe la Medaglia D’Argento V.M. per lo scontro di Pantelleria e successivamente perse la vita nell'affondamento del caccia Aviere, ricevendo la Medaglia D’Oro V.M. Alla Memoria. Scomparve in mare dopo aver ceduto il suo posto sulla zattera dei naufraghi.
Il caccia Vivaldi fu affondato poco dopo l’armistizio, presso l'Asinara in Sardegna, scontrandosi in navigazione con unità tedesche, colpito da batterie costiere e bombe d’aereo tedesche. Alcuni naufraghi furono salvati da un idrovolante tedesco di soccorso, ma persero la vita assieme ai soccorritori per un attacco aereo inglese.
Il sommergibile Malaspina, di cui Leoni era stato comandante, per cause ignote scomparve in Atlantico nel 1941 con tutto l’equipaggio. Forse fu colpito da bombe di profondità.
Il Comandante Mario Leoni nel 1950 descrisse le sue vicende belliche nel libro “Sangue di marinai”. Nel 2007 Gianni Bianchi ha riproposto queste esperienze nel libro “Il Sommergibile Malaspina è rientrato a Betasom”: lo ringraziamo per aver evitato che si perdesse la memoria di questi racconti.
Bibliografia:
"Sangue di marinai" - Mario Leoni
"Il sommergibile Malaspina è rientrato a Betasom" - Mario Leoni, riedizione a cura di Gianni Bianchi
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