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Scrivici |La guerra delle mine
- Momenti drammatici durante la guerra in Mediterraneo -
Il sommergibile Foca in un disegno a china
La scomparsa del sommergibile Foca
All’inizio del conflitto La Regia Marina disponeva di sommergibili posamine che effettuarono le prime operazioni nel 1940 davanti ad Alessandria e in Grecia. Le mine venivano deposte dalla poppa attraverso delle gallerie di uscita. Con i sommergibili Zoea e Atropo si verificarono delle esplosioni premature di mine appena deposte (nonostante non avessero mai dato problemi nelle prove). Il sommergibile Foca che doveva effettuare una missione per collocare mine davanti ad Haifa, nell’ottobre del 1940, scomparve invece senza lasciare traccia. Si ritiene che sia stato vittima di una esplosione, affondando con tutto l’equipaggio. Le attività dei sommergibili posamine venne quindi sospesa, anche perché queste unità risultavano utili ai trasporti per le loro capacità superiori rispetto ai battelli tradizionali. In linea di massima vi furono pochi casi di affondamento di sommergibili segnalati per causa mine, rispetto alle navi, ma questo può essere dovuto al fatto che su un piccolo battello la potenza di una mina produce certamente un affondamento repentino senza superstiti. Così alcune scomparse per causa ignota potrebbero essere dovute a mine (es. sommergibile Smeraldo).
Attività posamine - Anni '40
La distruzione della forza K
La forza "K" d’attacco britannica, di base a Malta, era costituita da 2-3 incrociatori leggeri (Aurora, Penelope e Neptune), da 2-4 cacciatorpediniere (Lance, Lively e Havelock, Kandahar), e dopo tanti danni creati ai nostri convogli, fu sconfitta dalle mine.
Durante uno degli spostamenti per contrastare il traffico mercantile italiano, il 18 dicembre 1941 la forza K cadde sul campo minato "T" venti miglia ad est di Tripoli.
Il Neptune fece saltare una mina con il suo paramine, e mentre andava a macchine indietro per tirarsi fuori dal campo minato, saltò su un'altra mina che gli distrusse le eliche e il timone, lasciandolo alla deriva (il mare era forza 5, in aumento).
Anche l’Aurora urtò una mina che gli produsse gravi danni e molte vittime, e dovette tornare a Malta con la scorta di due caccia.
Pure il Penelope aveva urtato una mina, con lievi danni e poté uscire dal campo minato, rimanendo in zona per rimorchiare il Neptune. Ma questo, andando alla deriva, saltò su una terza mina.
Il caccia Kandahar si avvicinò per rimorchiarlo e saltò anche lui su una mina che gli portò via la poppa e provocò numerose perdite a bordo.
Il Neptune urtò una quarta mina, al centro. Dopo pochi minuti si capovolse ed affondò.
Il Kandahar andava alla deriva e bisognava salvare i naufraghi del Neptune, tuttavia alle prime luci dell’alba del 19, data la vicinanza alla costa nemica, il Penelope fu costretto ad allontanarsi e tornare a Malta.
Dalla base britannica partì il Jaguar per i soccorsi e rintracciò il Kandahar solo il giorno dopo, con il mare grosso. Non potendosi avvicinare per pericolo di collisione, gli uomini dell'equipaggio si salvarono facendo a nuoto la distanza tra le due navi. Furono salvati 8 ufficiali e 150 marinai.
Del Neptune non si salvò nessuno, a parte un naufrago raccolto da una torpediniera italiana la vigilia di Natale.
Attività posamine - Anni '40
Il cacciatorpediniere Ascari in soccorso al Malocello
Durante lo spostamento del conflitto nordafricano in Tunisia si intensificò particolarmente la guerra delle mine nel Canale di Sicilia. Nella notte fra il 7 e 8 Marzo 1943 il posamine veloce britannico Abdiel aveva posato un campo di mine 30 miglia a nord di capo Bon. Il 24 marzo vi capitarono sopra 4 cacciatorpediniere italiani che stavano trasportando truppe in Tunisia: Pancaldo, Camicia nera, Ascari e Malocello. Quest’ultimo, colpito al centro alle 7 e mezza del mattino stava per affondare e l’Ascari si fermò ad assisterlo, mentre gli altri proseguivano per Tunisi. Mentre l’Ascari stava per trasbordare truppe ed equipaggio, capitò su una mina che gli portò via la prora. Mentre comunque manovrava in retromarcia per soccorrere una zattera di naufraghi del Malocello, urtò una seconda mina che gli portò via anche la poppa. Andò quindi alla deriva, finché saltò su una terza mina, al centro, ed affondò all’una del pomeriggio. La tragedia fu fotografata dai nostri velivoli, impotenti. In quelle zone tra gennaio e marzo 1943 furono perduti per mine anche i caccia Corsaro e Saetta, le torpediniere Uragano, Ciclone e Prestinari, la corvetta Procellaria.
La storia dell'Ascari e Malocello visti dai protagonisti.
Mare forza 3-4 con forte vento da scirocco. Si procede zigzagando a 27 nodi sulla “rotta della morte” verso la Tunisia. Alle 7.28 del mattino il Malocello è colpito dall’esplosione di una mina, avvolto da una nube bianca, sbanda e si ferma. Il Comandante dell’Ascari, capo formazione, ordina agli altri di procedere e si affianca con difficoltà al Malocello. Uomini in mare, equipaggio e soldati tedeschi ordinati e silenziosi sul Malocello che sembra rovesciarsi e spezzarsi in due. Mentre si trasborda, l’apparato tedesco Tag segnala fischiando l’arrivo di un siluro. L’Ascari scatta in avanti, lancia otto bombe di profondità e poi ritorna. In quel momento un’esplosione porta via la prora fino al paraonde. Le paratie stagne sembrano tenere. Il Malocello affonda alle 8.45. Molti naufraghi sono in mare per un chilometro mentre il mare cresce. La motolancia dell’Ascari raccoglie i naufraghi per ore. Sull’Ascari si puntellano le paratie e si liberano i militari tedeschi rimasti prigionieri nella prora distrutta. Si provano le macchine e il personale sottocoperta canta inni patriottici. Perduti i viveri si distribuisce quello che rimane ai feriti. Si fa il punto per verificare la posizione rispetto al campi minati (non sanno che è un campo nuovo). A mezzogiorno torna la motolancia. Non riesce il raddrizzamento di una lamiera che ostacola la navigazione. La motolancia riparte. Avvistato un MAS a cui si chiede di raccogliere altri naufraghi. Due idrovolanti passano, ma non possono ammarare per il mare crescente. Una esplosione porta via la poppa fino al quadrato ufficiali. Il caccia resiste, le macchine vengono spente, tutti in coperta, il Comandante incoraggia l’equipaggio dicendo: “Rifaremo la prora, rifaremo la poppa e ci vendicheremo!”. Aerei lanciano zatterini portati via dal vento. All’una nuova esplosione a metà nave. Si dà l’ordine di gettarsi ordinatamente in mare mentre il caccia si spezza e affonda. I naufraghi finiscono in mezzo alla nafta che provoca vittime, bruciando gli occhi e togliendo il respiro. Cinquanta persone affollano uno zatterino, molti si aggrappano, anche tra di loro e tanti affogano. I tedeschi, più “terrestri”, si agitano molto, non sanno nuotare e muoiono a centinaia. La resistenza è scarsa, sono tutti sfiniti. Dopo quattro ore MAS da Biserta e Pantelleria recuperano i pochi superstiti. Sono morti 199 uomini del Malocello, 194 dell’Ascari. Dei 650 tedeschi solo cento si salvano Tra gli ufficiali (morti quasi tutti) ricordiamo il Guardiamarina Oscar Acquarone, sguardo serio e fiducioso nelle foto di pochi mesi prima, che tenne il comando dei suoi uomini fino all’ultimo. Aveva 22 anni.
La storia completa si può leggere in “Ponte di comando” di F.Serafini, ed. Gribaudo, pg. 356-358.
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