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Scrivici |Analisi del siluramento aereo del Trento
- Approfondimento con la testimonianza e i dati raccolti -
I termini del problema.
Due versioni del siluramento a confronto
Il siluramento aereo del Trento condannò la nave. Pertanto le cause e il modo come avvenne vanno chiariti. Il punto più controverso riguarda la distanza di lancio (800 o 200 metri?) e la conseguente mancata virata del Trento (ci fu o no il tempo di farla?). Un lancio da 800 metri poteva essere evitato con la manovra , da 200 metri invece non c’era scampo.
Innanzitutto ricordiamo cosa dice la versione ufficiale (pag. 335-337 “Le azioni navali in Mediterraneo 10/6/1940-31/03/1941”, Ufficio Storico della Marina Militare):
“Nella prima ondata (di aerosiluranti) che ha attaccato i due incrociatori di testa gli apparecchi si sono separati in modo da giungere al lancio, ma da settori diversi…la seconda ha attaccato il centro…la terza ha lanciato sulla coda (Gorizia e Trento). In tutti e tre i casi gli attaccanti hanno realizzato pericolosi incroci di siluri.”
“Vari osservatori hanno notato che il siluro che ha colpito il Trento è stato lanciato a non più di 200 metri dalla nave , ossia a distanza tale da non poter essere evitato con la manovra.”
“…anche il Trento aveva prontamente e abilmente manovrato appena visti sganciare i siluri dagli aerei, ma non poté evitare quello che fu lanciato dalla distanza di soli 200 metri.“
Secondo questa versione:
-ci fu lancio incrociato di siluri anche per Gorizia e Trento
-il Trento manovrò subito per evitare i primi siluri
-il lancio fatale contro il Trento fu effettuato da 200 metri (secondo “vari” osservatori)
-non fu quindi possibile manovrare per evitare il siluro
Secondo la testimonianza di Antonio Angelo Caria, da noi già pubblicata, invece:
-non vi furono altri siluri
-il lancio avvenne da 800 metri
-non vi fu alcuna virata
-era possibile evitare il siluro
Le due versioni dei fatti differiscono in modo difficilmente conciliabile e a tanti anni di distanza non abbiamo elementi per confermarne una e respingere l’altra. Possiamo solo evidenziare la differenza, limitandoci a fare delle riflessioni e citare qualche dato.
Lancio di un siluro contro una nave italiana da parte di un aerosilurante britannico a bassa quota, forse a soli venti metri di altezza (7 anni di guerra).
Tutto sul siluramento
Come si silura una nave?
Ipoteticamente vorremmo domandarlo a un esperto, uno che ha silurato più volte, spiegando anche ad altri come dovevano farlo. Potremmo immaginare di porre questa domanda a uno dei più famosi comandanti di aerosiluranti italiani della Seconda Guerra Mondiale, il Comandante Buscaglia, caduto nel conflitto e da noi citato in una pagina di questo sito (nella testimonianza di un suo collega, Aichner), riportandone con parole nostre le indicazioni per un siluramento da manuale.
Secondo quanto viene riferito, Buscaglia sosteneva che convenisse compiere bene l’azione di siluramento, portandosi ad almeno 600-800 metri di distanza dalla nave. Il siluro veniva sganciato a sessanta-ottanta metri di quota a 300-320 chilometri l’ora in perfetto assetto orizzontale. Erano precauzioni necessarie, perché il siluro aereo veniva sollecitato nell’entrata in acqua. I margini di tolleranza erano molto stretti. La differenza di velocità, passando dai 300 ai 70 chilometri l’ora del percorso marino del siluro, imponeva di lanciare vicino per abbreviare la corsa in mare, ma non si poteva farlo troppo perché il siluro compiva in acqua una sinusoide prima di stabilizzarsi e poteva passare sotto la chiglia del bersaglio.
Non si doveva quindi arrivare a meno di cinquecento metri. Un lancio da 600 metri lasciava alla nave non più di venti secondi per schivarlo, pertanto un buon calcolo dell’angolo beta (per compensare lo spostamento dovuto alla velocità della nave) doveva far arrivare il siluro al centro del bersaglio. Buscaglia cercava di confondere i puntatori antiaerei della nave con un repertorio imprevedibile di impennate e virate, prima del momento stabile del lancio. Poi bisognava sfuggire con una virata piatta, senza mostrare alle armi contraeree una superficie troppo grande.
Siluramenti italiani e britannici
E’ dunque confermato il fenomeno di “insaccamento” del siluro che inizialmente affonda, col rischio di passare sotto la nave, se troppo vicina. Dunque sotto i cinquecento metri non si doveva lanciare il siluro. Ma quanto detto è un siluramento come veniva attuato dagli italiani e va confrontato con le modalità usate dai britannici. Il siluro italiano affondava anche perché veniva lanciato da notevole altezza (60-80 metri) grazie alla robustezza dei siluri italiani, tradizionali e collaudati con queste sollecitazioni. Invece i siluri britannici venivano lanciati a quote più basse, con minore “insaccamento”. Esaminando fotografie di lanci italiani e britannici ci sembra di vedere lanci a soli 20-30 metri di altezza per i siluri britannici. Infatti, risulterebbe che l’altezza standard sull’acqua per il lancio siluro di un Bristol Beaufort fosse di 21 metri (68 piedi, misurati con un preciso altimetro radio) perché con i siluri britannici ad altezze superiori c’era il rischio di distruggere il siluro nell’impatto sulle onde, mentre altezze inferiori (ammesso di riuscirci) producevano minore angolazione con mancato ingresso sott’acqua, possibile “piattellamento”, percorso comunque irregolare e inefficace. Inoltre i siluri italiani esplodevano prevalentemente tramite percussione e se passavano sotto la chiglia della nave erano perduti: da qui la necessità di lanciarli non troppo vicini per dargli il tempo di stabilizzarsi alla quota giusta. Ma i britannici già a Taranto avevano usato siluri aerei con acciarino magnetico (con entrambi i metodi) , in grado di esplodere, sentendo la massa metallica, anche se passavano sotto la chiglia delle navi. Fu un dettaglio tecnico determinante senza il quale non si potevano raggiungere quei risultati. Non sappiamo se il siluro del Trento fosse magnetico, ma questo avrebbe reso ininfluente l’insaccamento e quindi irrilevante la distanza di lancio ravvicinata, peraltro vantaggiosa per la maggiore probabilità di successo.
Siluri con acciarino meccanico e magnetico
Il siluramento standard prevedeva che il siluro (acciarino meccanico, a percussione) urtasse la carena della nave ed esplodesse praticamente all’interno dove i quintali di tritolo provocavano la massima distruzione, di strutture e persone, che si sommava all’ingresso dell’acqua dalla falla. Il siluramento con acciarino magnetico aveva effetti simili, ma comportava una esplosione nettamente all’esterno della nave ed essendo l’acqua incomprimibile, la pressione sfondava la più cedevole carena della nave con una falla notevole: l’ingresso violento dell’acqua provocava comunque gravi danni, con abbattimento di paratie e vittime per annegamento. Nel caso del Trento vi fu la morte di gran parte del personale dei locali colpiti, il principio di un incendio che poi non si riusciva a domare, un ingresso d’acqua contenuto (senza rilevante sbandamento o immersione della nave). Pertanto propendiamo a pensare alla esplosione di un siluro tradizionale meccanico. Questo però renderebbe anomalo un lancio ravvicinato da 200 metri, per quanto si è detto prima, circa il rischio che passasse sotto la nave.
Aggiungiamo di aver letto su fonti non confermate che, per motivi di sicurezza, generalmente la testa esplosiva di un siluro aereo inglese si armava solo dopo una corsa di alcune centinaia di metri. Se fosse stato un siluro “normale” non sarebbe esploso a 200 metri, e tantomeno il pilota (che doveva saperlo) lo avrebbe lanciato così vicino. Purtroppo non sappiamo se il siluro lanciato avesse questo meccanismo di limitazione.
Cosa accade dopo il lancio del siluro?
L’incrociatore Trento era lungo poco meno di 200 metri. Quindi lanciargli contro un siluro a circa 200 metri, significava la certezza matematica di colpirlo. Il siluro sarebbe arrivato a destinazione in pochi secondi (circa 7-8 secondi). L’incrociatore marciava in quel momento a soli 20 nodi. Impossibile mancare il bersaglio. Impossibile per la nave virare ed evitarlo. Questo è appunto il quadro presentato nella versione ufficiale.
Peccato che fosse quasi impossibile lanciare così. Non ci riferiamo al micidiale fuoco antiaereo sempre più concentrato. Se il lancio ottimale andava fatto a soli 21 metri di altezza, subito dopo bisognava alzarsi per non andare a sbattere contro la nave. La distanza di 200 metri a 300-360 kmh di velocità dell’aerosilurante Bristol Beaufort significa solo 2 secondi e mezzo – 3 secondi. Ma per il lancio standard di un Bristol Beaufort era indicata anche la distanza ottimale di lancio a 670 yards, sui 610 metri, né troppo lontano né troppo vicino: non certo a 200 metri. Il lancio del siluro andava effettuato perpendicolare al fianco della nave e se fosse stato lanciato a soli 200 metri, avrebbe reso difficile evitarla con una virata laterale del velivolo, praticamente ad angolo retto. Ma anche cabrare verso l’alto era un problema con sovrastrutture della nave, torrioni e cavi che arrivavano a trenta o quaranta metri d’altezza. Balzare su di venti o trenta metri in meno di 3 secondi ci sembra impegnativo per un bimotore da sette tonnellate. Naturalmente andava fatto mentre varie mitragliere pesanti ti sparavano addosso, a un tiro di schioppo ormai, è proprio il caso di dirlo. Se qualcuno è riuscito a farlo, oltre che eroe era anche un asso. E pure fortunato. Ma non è impossibile: tutta la guerra è costellata di azioni incredibili che hanno avuto successo.
Virare per evitare il siluro
Se invece il lancio fosse avvenuto da distanze notevolmente superiori ai 200 metri, non sappiamo spiegarci la mancata manovra del Trento, che avrebbe dovuto porsi parallelo alla rotta del siluro ed evitarlo. Ne avrebbe avuto il tempo se il lancio fosse avvenuto a 800 metri, come nella testimonianza che abbiamo ricevuto. Perché Il Trento non avrebbe virato? Disattenzione? Difficile pensarlo. Qualche ritardo nel ricevere la segnalazione, decidere la manovra, ordinarla, eseguirla? Anche questo è difficile da accettare, comporterebbe responsabilità importanti. Ma essendo scomparsi coloro che potevano spiegare l’accaduto (nel successivo siluramento, il torrione comando fu coinvolto dall’esplosione), non è possibile fare alcun approfondimento. Siamo sicuri che non ci sia stata alcuna virata?
Il testimone sul cacciatorpediniere Corazziere non ha visto alcun accenno di virata (che si aspettava). E’ vero che si trovava sul lato opposto, sinistro, mentre il siluramento avvenne sul lato destro. Ma era molto avanti quasi davanti al Trento di cui vedeva soprattutto la prora. Era quindi nella posizione ideale per percepire anche una minima variazione di rotta che avrebbe allargato e cambiato il profilo della nave.
Ma come avrebbe dovuto virare il Trento? Quasi tutte le navi sono state sottoposte a lanci da settori diversi con siluri che si incrociavano quasi perpendicolarmente, proprio per mettere in difficoltà le navi italiane. Forse non c’era un solo siluro da evitare ma anche un altro e la virata per neutralizzarne uno avrebbe esposto il fianco all’altro. E’ solo una supposizione che spiegherebbe la mancanza di una virata, pur disponendo di tempo per attuarla. Ritorneremo su questa ipotesi.
Sul Trento
Un’altra testimonianza da noi raccolta, un fuochista andato sul ponte subito dopo il colpo, descrive i mitraglieri del Trento sconvolti dall’aereo che gli era venuto quasi addosso. Dunque sembrerebbe che l’aerosilurante fosse passato sopra la nave per un soffio, ovvero che avesse lanciato a breve distanza. Ma il fuochista precisa che non ha visto il siluramento.
Gli aerosiluranti nemici
I Bristol Beaufort si dimostrarono eccellenti incassatori di colpi quel giorno, come sottolineato nei rapporti. Pesavano sei tonnellate a vuoto a cui bisognava aggiungere equipaggio, carburante, munizioni: ben pesanti in assetto di guerra. Non venivano considerati aerei molto riusciti come progetto. Non erano velivoli particolarmente agili o dotati di motori con grande potenza: si sapeva che se uno dei due motori si guastava, finivano regolarmente in mare. Riesce difficile immaginarli impegnati in manovre al limite. Considerazioni che sembrerebbero escludere un lancio ravvicinato.
Differenze di misurazione
I rapporti ufficiali parlano dei 200 metri di distanza del lancio, confermati da più osservatori. Allora sembra che l’unica misurazione di 800 metri citata dalla testimonianza si trovi in minoranza. Siamo sicuri che fosse esatta sia la misurazione che il calcolo? Due persone coinvolte nella misurazione possono introdurre un tempo di reazione che altera i tempi e quindi le distanze calcolate. Ma 800 metri significano una corsa del siluro quadrupla, ovvero venti o trenta secondi. Sono davvero tanti. Una persona di buon senso supporrebbe che la verità stia nel mezzo. Però il differente ordine di grandezza (200-800 metri, 7 secondi o 28 !) rende drammaticamente inconciliabili e imbarazzanti fra loro le due versioni dell’accaduto.
Perplessi, possiamo solo immaginare che ci sfugga qualcosa. Ma in quell’alba del 15 giugno 1942, in quel tratto di mare appena sfiorato dalla luce del sole, aerosiluranti venivano da più parti lanciando siluri che imponevano una pronta reazione. Nello stesso momento ne arrivavano da angolazioni diverse. Motori al massimo. Colpi assordanti delle armi. Uomini ai posti di combattimento. Scie nel mare debolmente illuminato. Chi ci dice che il siluro di cui si parla fosse uno solo?
Alcune ipotesi, più siluri.
Due siluri per velivolo?
Nella versione ufficiale si segnala che gli aerosiluranti sarebbero stati visti lanciare due siluri ciascuno. Si cita la testimonianza dell’Ammiraglio Parona e altre: poiché vi erano dei dubbi, si riporta che il dato è “confermato dalla relazione ufficiale inglese”. Ci sembra abbastanza rara la presenza di due siluri su un aerosilurante. Il piccolo siluro da 18 pollici (450 mm) pesava 728 Kg e averne due significava 1456 kg, ovvero andare molto al di sopra del carico massimo di bombe trasportabile dal Bristol Beaufort: 907 Kg. Sono dati di prestazioni standard; però delle eccezioni sono sempre possibili.
Altri aerosiluranti di altri incrociatori?
Il testimone sul Corazziere si trovava sul lato sinistro della formazione, opposto a quello dove avvenne il siluramento, e in testa alla formazione mentre il Trento era in coda. Era molto lontano dal siluramento. Essendo “di sbieco” , cioè angolato, vedeva il lancio ma forse da quel punto potevano vedersi sovrapposti anche i velivoli che attaccavano le altri navi. Viene dunque il dubbio che la misurazione sia stata fatta su un altro aerosilurante che lanciava contro un altro incrociatore. Oppure su un altro aerosilurante che lanciava contro il Trento. Abbiamo fatto precise domande, ma il testimone lo esclude. Bisogna tenere conto che ogni apparato di visione a distanza ha un angolo di visuale molto stretto, fatto che riduce la possibilità di confondere fenomeni estranei a quelli che interessano.
Due siluramenti del Trento?
Quasi tutti gli incrociatori subirono due o più lanci contemporanei da settori diversi (era questa la tecnica). Abbiamo pensato che vi fossero 2 aerosiluranti a lanciare contro il Trento: uno da 800 metri e uno da 200 metri, da posizioni e angoli diversi. Uno solo dei due sarebbe andato a segno (è certo infatti che la nave fu colpita da un solo siluro). Questa ipotesi sembrerebbe conciliare le due distanze del siluramento, e potrebbe spiegare la mancata virata, perché poteva essere impossibile una manovra per evitarli entrambi. Tuttavia contraddice sia la testimonianza che la versione ufficiale, concordi sul lancio di un solo aerosilurante contro il Trento. Sembra improbabile che sia il testimone del Corazziere che le vedette del Trento abbiano visto un solo velivolo ciascuno, proprio omettendo di vedere l’altro.
In altre parole, le ipotesi di più lanci contro il Trento, o di confusione con altri lanci, risultano poco convincenti, anche se teoricamente possibili.
Aerosilurante britannico Bristol type 152 Beaufort
Una interessante versione di fonte britannica
Da parte britannica il successo del siluramento aereo fu sicuramente rilevato con attenzione. Chi ha preparato la versione ufficiale italiana si è avvalso della relazione ufficiale britannica. Ma anche da parte britannica possono esserci altre versioni dell'accaduto.
Esplorando Internet si ricostruisce che l’azione sarebbe stata compiuta dal 217° Squadrone di Bristol Type 152 Beaufort di base a Malta, partiti dall’aeroporto di Luqa. Il velivolo siluratore era pilotato da Arthur Aldridge e questa è l’interessante nota:
“Flying Officer Arthur Aldridge …, his Beaufort was mistaken for a friendly aircraft by Italian lookouts. Aldridge successfully torpedoed and crippled the heavy cruiser Trento. The anti-aircraft fire started only after Aldridge had escaped.”
Secondo questa versione, 1) le vedette lo confusero con un aereo amico, tanto che 2) il fuoco antiaereo del Trento iniziò soltanto dopo il disimpegno del velivolo, cioè dopo che aveva lanciato il siluro. Il punto 1) è piuttosto importante perché spiegherebbe il successo dell’attacco. Inoltre confermerebbe i problemi di avvistamento e riconoscimento, già manifestati nella testimonianza sul primo passaggio sulla formazione (si veda l'altra pagina su questo argomento). Da questo discende il punto 2) che facilitò il lancio del siluro. Se il lancio fu compiuto senza fuoco antiaereo, probabilmente avvenne con accuratezza, lanciando nelle condizioni ottimali per avere la certezza di colpire il bersaglio. Nella breve citazione non si parla della distanza di lancio: viene da pensare che fosse abbastanza normale o irrilevante, altrimenti l’eccezionalità di un lancio molto ravvicinato sarebbe stata riportata. L’aereo poteva anche spingersi più vicino ma forse non era necessario, perché la nave era colta di sorpresa e avrebbe reagito in ritardo, come manovra.
In sintesi: secondo queste indicazioni da parte britannica, ci sarebbe stato un errore da parte delle vedette, che avrebbe permesso un lancio del siluro agevole, senza fuoco antiaereo.
Naturalmente questa versione (molto critica verso l’operato degli italiani) andrebbe verificata da chi possa accedere alle fonti originali, che forse conterranno più dettagli. Non viene detto, ma le gravi implicazioni di questa versione dei fatti sono che l’errore (ritardo nell’identificazione del nemico) avrebbe potuto provocare una ritardata reazione della nave, con una mancata (o insufficiente) virata per evitare il siluro. Quindi la distanza di lancio non sarebbe stata determinante.
Difficile chiarire
A conclusione di queste riflessioni, con altri dati e indizi, non si arriva a delle certezze. Non sappiamo sulla base di quali rapporti o testimonianze sia stata definita la ricostruzione del lancio da soli 200 metri, ma alcuni possono pensare semplicisticamente che sia stata accettata questa versione perché permetteva una immediata e lineare spiegazione del successo del siluramento, come “inevitabile”. Indicare distanze notevolmente superiori avrebbe invece generato dubbi e perplessità, con l’impossibilità pratica di interrogare i responsabili, in gran parte caduti nella successiva esplosione della nave (per siluramento da sommergibile). Avvallare questa ipotesi significava entrare in un vicolo cieco, subire critiche e contestazioni, senza poterne uscire con delle certezze, mentre il siluramento ravvicinato chiudeva il discorso (anche in modo onorevole per i caduti). Tuttavia si rimane scettici di fronte a questa ipotesi, dove qualcuno (non si sa per quali motivazioni) avrebbe dovuto assumersi la responsabilità di sostenere una valutazione alterata di un dato, che però era misurabile come ordine di grandezza (metri), con la possibilità che fosse in netto contrasto con quello osservato da altri testimoni. Come poi è avvenuto.
Bisogna ammettere che dopo quasi sessanta anni è difficile verificare dubbi e ipotesi con protagonisti e testimoni, molti dei quali non sono più tra noi. Sia da parte italiana che inglese. Ci si deve basare soprattutto su quanto già scritto in passato, che ovviamente non cambia. Forse si doveva approfondire allora, ma forse non vi erano le condizioni o la tranquillità per farlo: accadevano tante cose. In seguito ci si basò sui rapporti delle persone preposte a scriverli. Chi elaborò masse di documenti conciliando tutto, ebbe un compito non facile. Chi non prese parte alla indagine storica, doveva attendere di leggere la dettagliata ricostruzione prima di rilevare differenze e apparenti incongruenze. Discutere quanto ormai è acquisito e scritto non è facile, specie se gli argomenti sono abbastanza complessi e controversi, come dimostrato in queste pagine. Ci si può limitare a raccogliere rare testimonianze, e pur ponendosi domande e facendo ipotesi, bisogna lasciare a storici qualificati valutare, ed eventualmente considerare, quanto riportato.
Un’ultima nota:
Dati e citazioni, talvolta ricavati anche da Internet, hanno varia provenienza non sempre verificata. Ci scusiamo per eventuali errori o imprecisioni. Cercheremo di continuare le nostre verifiche. Siamo sempre disponibili ad ascoltare chi voglia contraddirci o portare argomentazioni valide.
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