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Scrivici |Tecnica sottomarina
- Strumenti, armi e tecniche nella battaglia dell'Atlantico -
Waffe U-Boot (Guerra sottomarina) - Immagine che vorrebbe mostrare a fini propagandistici la proporzione tra naviglio affondato e naviglio totale alleato (dalla rivista Signal - 1943)
La guerra sottomarina viene spesso raccontata semplificandola negli aspetti tecnici. Nel dettaglio fu un poco diversa dai luoghi comuni dei film, dove si vede solo il lancio di siluri a quota periscopica e la caccia con sonar e bombe di profondità. Nella realtà vi fu una grande varietà di strumenti, armi, tecniche, a cui bisogna accennare per comprendere la complessità della lotta e l’impegno dei combattenti. In una guerra insidiosa era fondamentale individuare l’avversario e per questo vennero usati l’idrofono, il sonar, il radar, le onde radio, e naturalmente anche la vista. L’idrofono registrava semplicemente i rumori del nemico, che nell’acqua si trasmettevano benissimo a grande distanza. Non individuava la posizione ma rivelava i rumori e con essi le intenzioni, dall’avvicinamento della nave, all’inizio di fuga del sommergibile. I tedeschi ne erano maestri e riuscivano a sentire le eliche di un convoglio a quaranta miglia o riconoscevano i tipi di navi da guerra. Quando era sotto caccia il sommergibile doveva stare nel silenzio più assoluto per sfuggire all’idrofono, non parlare e non usare i motori elettrici, e poi scivolare via quando cominciava il lancio delle bombe. Ecco perché ci si portava alla massima profondità, nonostante il rischio: per avere il tempo di allontanarsi dalle bombe. Vennero anche lanciate dagli inglesi boe idrofoniche che registravano gli eventuali rumori di sommergibili nelle vicinanze, segnalandoli via radio alla base, e dopo si autoaffondavano per non allarmare chi veniva spiato. Il Sonar (Sound Navigation and Ranging), chiamato ASDIC dagli inglesi (Allied Submarine Detection Investigation Committee), fu molto efficace e famoso. Lanciava a intervalli un segnale sonoro che, incontrando il sommergibile, tornava indietro rivelandone la presenza e posizione. Il segnale di ritorno cambiava a seconda che l’oggetto fosse in allontanamento o in avvicinamento, fornendo importanti informazioni ad un operatore esperto. Il rumore caratteristico informava però il sommergibile che era controllato. Funzionava in acque profonde dove il battello non potesse confondersi con un fondale e non serviva se il sommergibile era in emersione. In condizioni pessime di luce e visibilità era quindi conveniente per una nave puntare sul sommergibile e farlo immergere perché si poteva controllare meglio. L’invio del segnale avveniva con un angolo limitato e quando il sommergibile era a grande profondità la nave doveva stare abbastanza indietro rispetto alla verticale dove lanciare le bombe. Nel portarsi al lancio si poteva perdere il contatto e si lasciava al sommergibile tempo sufficiente per spostarsi, vanificando l’attacco. Si poteva andare avanti per ore e ore e vinceva chi resisteva più a lungo. Per ovviare a questo si usava l’attacco strisciante dove la nave col sonar stava ferma e guidava un’altra al lancio cogliendo di sorpresa il sommergibile.
Dato che normalmente i sommergibili navigavano in emersione, venne usato in seguito anche il Radar (Radio Direction Ranging) , simile nel principio al sonar, con la differenza che emetteva delle onde elettromagnetiche di cui analizzava il ritorno. Il radar, come d’altra parte il sonar, lanciando segnali, aveva la limitazione iniziale di un angolo di emissione, e quindi di ricezione, fisso, prima che si sviluppasse la rotazione automatica dell’antenna. Inoltre i radar terrestri e quelli navali (destinati a rilevare altre navi) non erano sufficientemente sensibili. Per rilevare la piccola massa della torretta di un sommergibile fu necessario attendere i progressi nella riduzione della lunghezza d’onda fino al radar centimetrico che sentiva anche un periscopio o uno schnorkel sulle onde. Il radar fu molto utile agli aerei che potevano trovare il sommergibile in emersione a grande distanza anche di notte, accendendo un potente riflettore, il Leigh Light, quando erano in posizione per bombardarlo. I tedeschi studiarono e copiarono i radar catturati (es. da un bombardiere abbattuto) arrivando a dotare i loro sommergibili di apparati radar (Naxos) che comunque avevano limitata affidabilità ed efficacia. I sommergibili avevano anche apparecchi (Metox) che segnalavano di essere sotto ricezione radar ma non rilevavano tutti i nuovi radar e l’emissione propria poteva aiutare la rilevazione nemica, per cui vennero infine abbandonati. Le onde radio erano necessarie ai sommergibili per segnalare l’avvistamento di un convoglio o per trasmettere i risultati ed era noto che l’emissione consentiva l’individuazione del sommergibile da parte delle basi nemiche di ascolto a terra (H/F,D/F = High Frequency Direction Finding). Se le rilevazione avveniva da due basi, l’angolazione di entrambe determinava il punto preciso. La rilevazione manuale con ecogoniometro richiedeva circa trenta secondi, per cui i sommergibili registravano prima il loro messaggio e lo trasmettevano ad alta velocità, con il ricevente che lo avrebbe riascoltato alla velocità originaria. I britannici si organizzarono comunque per rilevazioni automatiche in pochi secondi. I messaggi erano ovviamente cifrati, per cui la decifrazione, talvolta possibile da entrambe le parti, fu un’altra arma rilevante usata nella guerra sul mare. L’obiettivo di catturare i codici cambiò radicalmente anche l’attacco al sommergibile emerso e in difficoltà: allo speronamento si sostituiva il tentativo di abbordaggio o il crudele mitragliamento dei portelli, per evitare l’abbandono e autoaffondamento.
Ma in ogni operazione bellica navale rimaneva importante l’avvistamento. L’uso dell’arma aerea fu determinante per il superiore orizzonte che si aveva dall’alto. Al ricognitore si sostitutiva il bombardiere, spesso quadrimotore a grande autonomia, per unire in un sol colpo scoperta e affondamento. Anche la notte andava combattuta, con i riflettori navali e aerei, con razzi illuminanti (mezzo minuto di luce come il giorno), lo snow flake con durata maggiore e copertura di chilometri di mare, galleggianti luminosi al fosforo, razzi con paracadute. Anche le bombe di profondità tradizionali, da regolare al momento, pesanti bidoni di tritolo che affondavano lentamente a tre metri al secondo, si trasformarono. L’adozione del Minol e poi del Torpex, esplosivi più compatti del tritolo a parità di potenza, consentirono di aumentare le scorte di bombe a bordo e di ampliare il raggio di azione dello scoppio subacqueo. Venne adottato il lancio multiplo di decine di piccole cariche (Hedgehog = porcospino) con velocità di discesa più che doppia. Le bombe d’aereo vennero modificate per scoppiare in profondità, fino a novanta metri. Furono impiegati proiettili navali che non esplodevano sull’acqua, ma solo affondando in modo da danneggiare lo scafo dei sommergibili. I tedeschi introdussero a metà del ’43 i siluri acustici autocercanti T5 (Faunkonig), capaci di cercare da soli la sorgente di rumore, che vennero usati per eliminare le unità di scorta e poi silurare i mercantili con siluri tradizionali. Gli angloamericani vi opposero rimorchi per le unità antisom che generavano rumore in modo da ingannare la ricerca acustica. Per la difesa dagli attacchi aerei, troppo rapidi per la fuga in immersione, i tedeschi installarono un potente armamento contraereo sui sommergibili con due gruppi di mitragliere pesanti a quattro canne dotati di scudi corazzati e un cannone semiautomatico. Anche i quadrimotori superarmati venivano abbattuti da queste trappole per aerei. Ma subito gli alleati cambiarono tattica: l’aereo avvistatore stava a distanza e chiedeva rinforzi, poi attaccavano a turno, per far esaurire le munizioni, e nella pausa di ricarica bombardavano da vicino senza scampo. Comunque il sommergibile era troppo esposto e vulnerabile, per cui bastavano pochi colpi e non poteva più immergersi, con scarse possibilità di affrontare il lungo rientro. I bombardieri tedeschi iniziarono anche ad usare bombe volanti guidate per colpi precisi e letali contro le navi da guerra
La ricerca tecnologica e la sua continua applicazione non si fermavano. Anche le caratteristiche delle unità cambiarono nel corso del conflitto, dalle portaerei di scorta ai grandi sommergibili rifornimento. Rimase sostanzialmente irrisolto il problema della propulsione subacquea, affidata a motori elettrici e batterie, con prestazioni inferiori ai motori a combustione di superficie. La minore autonomia e velocità subacquea rimase a lungo una grave limitazione, determinante per la sopravvivenza dei sommergibili, che venne affrontata in parte con lo schnorkel. Il dispositivo permetteva di prendere aria per i motori a combustione, navigando semi-sommersi per lunghi tratti, a bassa velocità, ricaricando le batterie, ma non eliminava il legame con la superficie, esponendo all’attacco aereo e mostrando una appendice emersa, comunque rilevabile dai nuovi radar. La soluzione radicale di una propulsione completamente diversa e autonoma, con sommergibili (sottomarini) progettati per stare normalmente sott’acqua ed esservi più veloci, arrivò al termine del conflitto.
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