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Scrivici |Convogli britannici in Atlantico
- La tecnica di attacco a branchi di lupi (wolfpack) -
Mercantile al momento del siluramento - 7 anni di guerra. E' un lancio del sm Tazzoli, al comando di Carlo Fecia di Cossato. Alcuni ritengono che la nave fosse il Kastor greco, ma un testimone lo esclude.
Quanto esposto non pretende di rappresentare la storia ufficiale, ma solo
il punto di vista degli autori. E' soggettivo e può
contenere errori o imprecisioni, per cui si suggerisce di non usarlo per
ricerche e di rivolgersi a testi storici più qualificati.
Alcuni sono indicati in Bibliografia.
Convogli alleati e branchi di lupi
Nell’immensità dell’oceano un mercantile isolato poteva sperare di passare inosservato, ma la mole e il fumo lo rendevano visibile a grande distanza. In caso di avvistamento da parte di un sommergibile, non c’erano grandi possibilità di scampo per la nave, sia per la velocità che per l’armamento, e l’attacco veniva condotto anche in emersione da breve distanza, con il siluro o con il cannone. L’esperienza aveva dimostrato che la percentuale di navi affondate si riduceva molto se navigavano in convoglio, cioè raggruppate e difese da piccole unità da guerra antisommergibili. La scorta poteva tenere a distanza il sommergibile, ne rendeva difficile l’attacco, e la reazione con successiva caccia poteva costare cara all’attaccante. La Battaglia dell’Atlantico, teatro dove forse si decise l’esito del conflitto, fu caratterizzata da convogli di grandi dimensioni, rispetto al mediterraneo. Per rispondere alla soluzione dei convogli scortati, era stata sviluppata dall’Ammiraglio Doenitz per i sommergibili tedeschi la tecnica del branco di lupi (wolfpack), ovvero dell’attacco in gruppo. Le aree dove si prevedeva potessero transitare dei convogli erano divise in zone assegnate ciascuna ad un sommergibile, che pattugliava il suo tratto di mare in emersione. Il sommergibile che avvistava le navi lo segnalava, permettendo al Comando Sommergibili di decidere il convergere nella zona di altri battelli. Nel frattempo cominciava l’inseguimento diurno del convoglio, rimanendo in emersione con una velocità sopra i dieci nodi, uguale o superiore alla media dei mercantili. Le scarse dimensioni dei sommergibili tedeschi e le loro piccole torrette consentivano di non farsi avvistare, rimanendo a distanza. Al sopraggiungere della notte, i sommergibili convenuti serravano le distanze, sempre in emersione, confidando nell’oscurità, spesso infilandosi all’interno della cintura di unità di scorta. L’attacco con i siluri veniva sferrato tutti insieme per disorientare la difesa, anche se non c’era un particolare coordinamento e veniva lasciata libertà ad ogni comandante. Nell’etere i messaggi cifrati, gli ordini o i brevi segnali (per non essere rilevati) dei lupi in preparazione dell’attacco avevano accresciuto l’angoscia delle navi che si addentravano nell’immensità dell’oceano. Dopo le esplosioni, le onde radio portavano i messaggi e le richieste di soccorso delle vittime condannate, a cui potevano sommarsi rapidi segnali dei lupi in azione. Ogni nave poteva vedere i bagliori degli incendi e immaginare le difficoltà dei naufraghi nel buio, sperando di non avere lo stesso destino. Compiuta la strage di mercantili, gli attaccanti si allontanavano in emersione e, se erano inseguiti da vicino, si immergevano. La scorta attuava la caccia antisommergibile con l’uso di strumenti di rilevazione, che individuavano posizione e profondità del nemico immerso. In Atlantico, senza fondali su cui confondersi, per il sommergibile era difficile far perdere le tracce, sia per la necessità di non produrre rumore, sia per la scarsa velocità in immersione. Le navi della scorta procedevano al lancio di bombe di profondità, regolate al momento per esplodere alla quota appena rilevata. Anche se le esplosioni non arrivavano a colpire il sommergibile o schiacciarlo, i danni prodotti, o l’esaurirsi di aria e batterie per il prolungarsi della caccia (ore o giorni), costringevano spesso ad emergere. In questo caso una nave da guerra poteva speronare il sommergibile o distruggerlo con la maggiore potenza di fuoco. La tattica del branco di lupi colse i maggiori successi quando trovò impreparata la scorta dei convogli, ma il rapporto tra sommergibili perduti rispetto al naviglio affondato cambiò in modo sostanziale con il perfezionamento degli strumenti e dell’addestramento antisommergibile. Nei tratti pericolosi le navi procedevano a zig-zag, cambiando rotta tutte insieme, con inevitabili rischi e tensione. Basterà dire che per un malinteso la Queen Mary tagliò in due un incrociatore di scorta (più di trecento morti), e ovviamente non si fermò avendo quindicimila soldati a bordo. Senza dubbio fu nell’Atlantico che vennero sperimentate da entrambe le parti soluzioni tecniche sempre più sofisticate a cui venne opposta la relativa contromisura. La collaborazione tra Marina e Aviazione angloamericane permise di insidiare e affondare molti sommergibili prima dell’azione, in quanto la velocità di avvicinamento e attacco di un aereo era superiore alla velocità di immersione del sommergibile. Nonostante la capacità di resistere alla pressione, le lamiere di un sommergibile erano abbastanza sottili e danneggiabili con facilità. Inoltre eventuali guasti e danni ai delicati apparati di controllo impedivano di svolgere la navigazione subacquea, che per un sommergibile era la principale possibilità di difesa.
La parola a Doenitz - Scritti del Grandammiraglio tedesco Karl Doenitz, artefice della guerra sottomarina e della Battaglia dell’Atlantico.
Doenitz, processato a Norimberga come criminale di guerra, fu condannato a dieci anni di carcere e non a morte come altri gerarchi nazisti. La più probabile ragione di questa differenza fu che non impartì ordini molto diversi da quelli dell’ammiraglio americano Nimitz nel Pacifico, che condusse guerra altrettanto spietata contro la Marina nipponica. Questo è un indiretto riconoscimento di avere compiuto scelte strategiche e tattiche quasi obbligate dalle circostanze. Si può citare questo estratto della deposizione sotto giuramento del Grandammiraglio Raeder a Norimberga: “..Hitler ha domandato a Doenitz se si poteva agire contro gli equipaggi delle navi mercantili silurate per evitare il loro ritorno in patria. Doenitz ha rifiutato in modo netto ogni azione contro i superstiti…Hitler, di fronte a questa presa di posizione, non ha più insistito…” Riportiamo qui alcuni commenti poco conosciuti, scritti al termine della sua vita, a grande distanza dagli avvenimenti.
Grandammiraglio Karl Doenitz - 7 anni di guerra.
“ Non ci sono dubbi che i nostri avversari più potenti fossero le forze navali angloamericane. Esse non potevano essere combattute che con una guerra sul mare (…) La nostra battaglia sull’Atlantico, se coronata da successo, sarebbe stata condizione per la nostra vittoria sul continente. Hitler non riconobbe tale interdipendenza. All’inizio della guerra (…) non potevamo ostacolare il traffico della marina mercantile inglese con le nostre deboli forze sottomarine (…) Il mezzo di combattimento più appropriato era il sommergibile (…) Si trattava d’affondare più mezzi di trasporto di quanto i nostri avversari potessero ricostruirne (…) Doveva avvenire con la massima rapidità, possibilmente con l’impiego di forze considerevoli (…) In effetti gli Stati Uniti e la Gran Bretagna riuscirono soltanto nel luglio 1943, dunque a più di tre anni e mezzo dall’inizio della guerra, a varare mensilmente un tonnellaggio di navi mercantili superiore a quello mai affondato nello stesso tempo. Durante l’inverno 1938-1939 e poi, (…) più volte chiesi 300 sommergibili oceanici, se volevamo ottenere il successo definitivo. L’arma sottomarina non ebbe mai la priorità nelle operazioni e nell’armamento. Più tardi, dopo Stalingrado, l’importanza della guerra sul mare venne riconosciuta. Ma allora era troppo tardi! I mezzi di difesa superavano la capacità offensiva. Ciò nonostante non potevamo che continuare. L’avversario era perciò obbligato a canalizzare la navigazione in convogli. Ciò significava che, per ottenere lo stesso rendimento, esso doveva impiegare un tonnellaggio totale superiore di un terzo a quello che sarebbe stato sufficiente se le navi avessero potuto procedere da sole. Inglesi e Americani dovettero impegnare centinaia di navi da guerra e centinaia di aerei per proteggere i loro convogli. Se avessimo interrotto la guerra sottomarina tutte queste forze, divenute libere, sarebbero state impiegate in altri settori (…)”
Grandammiraglio Karl Doenitz, estratto dalla prefazione a La battaglia dell’Atlantico di Léonce Peillard - 1987
Ubersicht Der Marinequadrate - La battaglia dell’Atlantico di Léonce Peillard - 1987
Ubersicht Der Marinequadrate: Ecco la famosa divisione in zone operative per i sommergibili tedeschi, a loro volta divise in 9 zone numerate (3 x 3 di lato), a loro volta ancora divise in 9 settori più piccoli. Una semplice sigla consentiva una rapida comunicazione con il Comando Sommergibili di segnalazioni di avvistamento, ordini per convergere sulla preda, segnalazione dei risultati. Bastava dire CG76 per indicare un punto preciso al largo della costa atlantica spagnola. Anche per le navi britanniche bastava che invece di S.O.S. comunicassero S.S.S. per sapere che un S=Submarine aveva colpito ancora, inviando unità antisom e bombardieri sul punto segnalato.
Continua...
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