Post
  | Home |
Database |
Cerca nel sito |
Novità |
Mappa del sito |
Bibliografia |
Scrivici |Incrociatori Da Barbiano e Di Giussano
- Affondamento incrociatori Da Barbiano e Di Giussano (13/12/41 – ore 3.25) -
Incrociatore Da Barbiano (tempera Trentoincina).
Ringraziamo Bruno Iurlaro, figlio di un superstite, per aver gentilmente fornito una immagine dell'Incrociatore Da Barbiano.
Sintesi dei fatti
Per rifornire le forze terrestri ed aeree impegnate nel conflitto in Nord Africa era urgente inviare un carico di benzina avio. Per avere la necessaria velocità e possibilità di difesa si decise l’utilizzo degli incrociatori della Quarta Divisione, Da Barbiano e Di Giussano, al comando dell’Ammiraglio Toscano, già Comandante del Trento. Per l’urgenza, la benzina fu consegnata in fusti non sigillati, non collocabili nella stiva e si trovava sul ponte. Sarebbe stato impossibile aprire il fuoco per le vampe dei cannoni e i coraggiosi comandanti si erano preparati per buttare a mare i fusti di benzina, in caso di contatto col nemico, e solo dopo avrebbero potuto aprire il fuoco ( ! ). Dopo un primo tentativo annullato per avvistamenti di ricognitori, gli incrociatori si diressero verso le coste africane nella notte. Furono intercettati e silurati a sorpresa da un gruppo di cacciatorpediniere britannici dotati di radar. Le due navi finirono in un gigantesco rogo di benzina ed affondarono rapidamente. 920 marinai persero la vita e furono recuperati 645 naufraghi.
Regio Incrociatore Alberto Di Giussano - Fotocelere Torino di A. Campassi
Considerazioni
Sembra una vera follia caricare di infiammabile benzina avio, in quel modo, due navi di valore, invece di una petroliera, trasformandole in bombe e rendendo del tutto inutile il loro potenziale offensivo. Questo evidenzia la penuria di carburante a cui ci si era ridotti per imprevidenza logistica. Secondo affermazioni delle forze africane, gli aerei non potevano più alzarsi in volo se non arrivava quel carico. Di fronte a tale situazione la Regia Marina non poteva sottrarsi al rischioso trasporto. Inoltre un primo annullamento del viaggio rese di fatto impossibile sospendere il secondo tentativo. I cacciatorpediniere britannici erano stati avvistati e avevano una velocità massima che avrebbe consentito l’intercettazione dei nostri incrociatori. Però si pensava che non sapessero niente e che non avessero motivo di accelerare. Invece erano a conoscenza dei piani italiani, tramite la decifrazione, e corsero all’appuntamento appena tramontato il sole. Decifrazione ed uso del radar sembrano quindi determinanti in questo successo britannico e il fatto che dei cacciatorpediniere abbiano colato a picco degli incrociatori dimostra l’inferiorità reale in cui si trovavano le unità italiane nella notte. Il rischio di intercettazione era noto, ma la Marina, non avendo scelta, fu costretta a correrlo e la benzina non arrivò mai a destinazione.
Anche in questo caso, il disastro non fu una tragica fatalità, ma la diretta conseguenza di errori strategici commessi prima ed occasioni perdute (ovvero non aver costituito ampie scorte in Africa, prima della dichiarazione di guerra). Ci si trovò quindi costretti a correre un rischio che doveva essere evitato in condizioni normali.
Immagine dell'Alberico da Barbiano gentilmente fornita da Bruno Iurlaro, figlio di un superstite. Nel riquadro le onorificenze del padre con la croce di guerra al merito.
Iurlaro Giovanni nato a Brindisi il 13/07/1916 era imbarcato sull'incrociatore Alberigo da Barbiano al momento dell'affondamento e fu tra i superstiti. Giovanni è scomparso anni orsono e il figlio Bruno (nato cinque giorni dopo l'affondamento) ricorda che il padre fu preso prigioniero e mandato nei campi di lavoro all'estero.
Sarebbe interessante ricevere da altri visitatori una testimonianza inedita sull'affondamento.
6