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Scrivici |I sommergibili italiani - I
- Impostazione dei battelli ed evoluzione del conflitto -
L'enorme torretta del Menotti (1937)
1) Operare in superficie
I sommergibili italiani della Seconda Guerra Mondiale erano stati progettati e realizzati per essere impiegati con le tecniche sperimentate fino ad allora, che prevedevano di operare spesso in emersione. Era quindi necessario privilegiare le capacità nautiche di superficie. Per l’attacco, si prevedeva che questo avvenisse prevalentemente in immersione di giorno, quando la visibilità era migliore, applicando la tecnica dell’agguato, in un passaggio o zona definita dove attendere al varco le navi. Erano situazioni tipiche del primo conflitto in Adriatico, dove non era necessario disporre di notevoli velocità, tantomeno in immersione. Nel corso del secondo conflitto mondiale le consuetudini furono rivoluzionate dalla crescente efficacia dell’arma aerea, che costringeva ad immergersi rapidamente, dalla forte difesa antisommergibile, e dal comportamento dei convogli, che bisognava inseguire velocemente (e quindi in superficie) in vasti spazi di mare. Per cui l’Italia, che era entrata in guerra con una flotta sottomarina più consistente di quella tedesca, si trovò in difficoltà nel cambiare le impostazioni fondamentali dei battelli.
I cambiamenti alle nostre torrette
2) Grandi torrette
Pensando alla navigazione in immersione di giorno, i sommergibili italiani erano stati dotati di lunghi periscopi in modo da permettere l’osservazione senza il rischio di emergere per le onde o per imprecisioni di manovra, e senza il rischio di creare un’onda visibile per la massa d’acqua spostata. Era quindi necessario sostenere i periscopi con una struttura di rinforzo per evitare oscillazioni (la vibrazione impediva di vedere), ma questa “camicia” li rendeva molto visibili in distanza quando erano emersi. Ostacolava anche il tiro contraereo, a periscopi abbassati. Inoltre i sommergibili avevano la torretta o “falsa torre” piuttosto grande, per ospitare vari servizi, dalle armi, alle antenne, a una toilette esterna. Lo spazio non era mai abbastanza, anche perché l’equipaggio era di 60-70 uomini e le crociere duravano settimane o anche più di un mese, in spazi angusti. La falsa torre si chiamava così perché in realtà non faceva parte dell’interno stagno del sommergibile ma era solo una sovrastruttura che si riempiva d’acqua in immersione. Era comunque necessaria per tenersi al riparo delle onde. Una torretta piuttosto alta aumentava di chilometri la capacità di avvistare le navi nemiche.
La piccola e affollata torretta di un U-Boot tedesco in Atlantico
3) Le torrette
La falsa torre poteva essere allungata nel senso di navigazione, mantenendo lo stesso fronte di avanzamento, senza limitare la velocità in immersione. Però falsa torre e camicia dei periscopi rendevano i sommergibili italiani facilmente avvistabili di giorno e anche di notte, quando tentavano di adottare la nuova tattica tedesca di avvicinamento in superficie al convoglio sfruttando la minore visibilità notturna. I sommergibili tedeschi, maturando questa tecnica, erano stati dotati di torrette minime, anche con ringhiere invece di strutture piene. Imitare le torrette “alla tedesca” era possibile modificando la falsa torre. Furono dunque ridotte, ove possibile, come sollecitato dall’Ammiraglio Doenitz. Così molti sommergibili italiani cambiarono fisionomia durante la guerra.
Piccole torrette, assenza del cannone e scarso galleggiamento in questi U-Boot
Continua...
Dettagli ricavati da fotografie tratte da:
Stampe originali
7 anni di Guerra - 1955
Cronache di Guerra - 1943
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