Post
  | Home |
Database |
Cerca nel sito |
Novità |
Mappa del sito |
Bibliografia |
Scrivici |L'Ogaden affonda, con prigionieri inglesi a bordo? Novità.
- Naufraghi italiani e britannici per un siluramento britannico. -
Documenti segreti del 1942 che fanno riflettere. Data nome, dimensione, rotta e carico di ogni nave italiana. Lo spionaggio britannico era bene informato.
Nota: P.O.W. = Prisoners Of War (prigionieri di guerra). Trascrizione fedele da originale quasi illeggibile.
Ringraziamo Riccardo Croci per le informazioni gentilmente fornite. Ringraziamo inoltre la fonte britannica che ci ha cortesemente inviato la documentazione dell'epoca. Un grazie infine a Platon Alexiades per la sua ricerca e Lorenzo Colombo per avercela segnalata.
Piroscafo Ogaden
E’ il 12 agosto 1942 e il piroscafo Ogaden di 4546 tonnellate, in navigazione tra Bengasi e Tobruch, viene silurato dal sommergibile britannico Porpoise alle ore 8.35. A bordo vi è un gran numero di prigionieri britannici, ma l’attaccante evidentemente non lo sa. Viene lanciato subito un secondo siluro che affretta l’affondamento della nave. Ma che fine fanno i prigionieri rinchiusi nelle stive?
Giovanni Croci prestava servizio nella Regia Marina ed era a bordo al momento dell’attacco. Si salvò e fu soccorso da una nave italiana di scorta, come ci riporta il figlio Riccardo. Aggiunge altri particolari:
“Il piroscafo Ogaden (ex Nayos, costruito a Glasgow nel 1905) era di proprietà della compagnia marittima Ignazio Messina & C. di Genova, successivamente requisito dalla Regia Marina. Adibito nel periodo bellico al trasporto di materiali e truppe, al momento del siluramento stava trasportando prigionieri di guerra che avevano accettato di collaborare con l'Italia.
Di scorta all'Ogaden vi era la torpediniera Montanari, non so se vi fossero altri mercantili o altre navi militari in quel convoglio. La Montanari, complice anche un'avaria ai motori, non riuscì ad impedire il siluramento dell'Ogaden nè a colpire il sommergibile Porpoise ma dopo alcune ore di impegno nella caccia recuperò i pochi superstiti dell'Ogaden.
Dei marinai ritratti nella foto che allego, so per certo che oltre a mio padre si salvarono Pietra e Barrese, mentre Tabbone annegò e di Piras non ho notizie certe. Quasi tutti i prigionieri trasportati scomparvero con l'Ogaden, non se ne seppe più niente.
Il sommergibile Porpoise, quel 12 Agosto 1942 era comandato di Leslie William Abel Bennington, ufficiale pluridecorato della Royal Navy; l'unità fu poi affondata da un aereo giapponese nello stretto di Malacca nel Gennaio 1945. “
Nota importante:
Quando abbiamo pubblicato questa testimonianza nel 2009, sembrava che quasi tutti i prigionieri britannici fossero andati a fondo con la nave, rinchiusi nelle stive. Ma, come spieghiamo in seguito, questo non accadde!
Truppe trasportate a bordo del Piroscafo Ogaden, nel marzo 1942, in Mediterraneo (Mare Tirreno). Si vede abbondanza di giubbotti di salvataggio, pronti per l'uso. Tutti indossano il salvagente. Collezione Croci.
I britannici erano informati? Non possiamo saperlo.
Riccardo Croci continua le sue ricerche per saperne di più, ma a noi la storia della morte di prigionieri britannici causata proprio da un sommergibile britannico, sembra molto simile a quella dello Scillin , già pubblicata su Trentoincina.
In tale occasione avevamo già immaginato quale fosse la tragica dinamica di un affondamento di questo genere. Anche degli italiani persero la vita e quindi l'affondamento avvenne forse con rapidità, in condizioni difficili.
Abbiamo dunque ripreso la documentazione Top Secret, gentilmente ricevuta da fonte britannica (parenti delle vittime) , per vedere se si citasse questo piroscafo, ma l’Ogaden fu affondato appena prima del periodo di cui abbiamo i dati. Dunque NON sappiamo se il carico dell'Ogaden fosse noto ai britannici. E’ comunque legittimo supporre che i comandi britannici anche in questo caso sapessero il carico della nave, ne tenessero all’oscuro i comandanti dei sommergibili e si guardassero bene dal risparmiare tutti questi piroscafi. Ogni tanto qualcuno doveva essere silurato, forse scelto in modo determinato per non lasciare niente al caso. La regolare immunità delle navi con britannici a bordo avrebbe infatti rivelato una conoscenza che avrebbe compromesso la fonte di informazioni: la decifrazione dei messaggi italiani tramite il sistema di Bletchley Park.
Una conoscenza inimmaginabile per il nemico e quindi da custodire anche al prezzo della morte di molti connazionali, perché proprio in quel momento determinava l’andamento strategico della guerra in nordafrica (oltre che in Atlantico) e portava alla vittoria finale.
Possiamo capire l’entità della posta in gioco, ma possiamo anche capire lo stato d’animo di chi in Inghilterra ha finalmente capito perché il padre non è tornato a casa dalla prigionia.
Questi drammatici retroscena, divulgati a grande distanza dagli eventi, ci danno una ulteriore misura di quanto sia stato tremendo l’ultimo conflitto mondiale. Ma al tempo stesso ci sembrano una ulteriore conferma di quanto fosse vera e vitale la decifrazione, che certo non è una favola creata per proteggere spie o traditori. Difficile credere che si consentisse la morte di connazionali solo per coprire qualche utile traditore negli alti comandi italiani. Ci saranno anche state spie o traditori, ma la fonte di informazioni prevalente doveva essere la decifrazione, così strategica, vasta, dettagliata (rivelava dove venivano imbarcati i prigionieri, oltre che la benzina), che andava occultata a qualsiasi prezzo.
Se la fonte fosse stata un traditore, il più logico dei sospetti, gli italiani potevano individuarlo con un po' di impegno e i britannici non potevano fare molto per proteggerlo. Ma se la fonte fosse stata la insospettabile decifrazione, bastava il solo sospetto per motivare un banale cambio di chiavi o sistemi, distruggendo la fonte, e i britannici non potevano permetterlo. Nemmeno il più piccolo sospetto ci doveva essere e l'irregolarità dei siluramenti era un razionale artificio britannico per nascondere la reale conoscenza di ogni messaggio. Avrebbero poi deciso quando usare davvero tale conoscenza, ad esempio per eliminare tutte le cisterne che portavano benzina. Hanno vinto così.
In attesa di ulteriori informazioni, abbiamo pubblicato alcuni frammenti inediti della documentazione ricevuta.
La lista che abbiamo pubblicato mostra anche il costante flusso di prigionieri che venivano portati sul territorio nazionale approfittando dei viaggi di ritorno dei mercantili.
Truppe trasportate a bordo del Piroscafo Ogaden, nel marzo 1942, Mare Tirreno. Durante il rancio; si intravedono anche dei veicoli. Collezione Croci.
Novità sull'affondamento
Vedendo questa pagina pubblicata anni fa, il signor Colombo mi ha gentilmente segnalato che un ricercatore canadese, Platon Alexiades, ha trovato nel nostro Ufficio Storico informazioni più precise.
"In merito all'Ogaden, al comando del capitano Salvatore Cacace, gli risulta che avesse a bordo 262 persone compresi i prigionieri, e che le vittime nell'affondamento furono tre; la torpediniera Generale Carlo Montanari recuperò nove ufficiali incluso il comandante Cacace, 44 tra membri dell'equipaggio e 'passeggeri' militari e civili (compresi sei tedeschi) e 109 prigionieri, ma uno di questi superstiti (un membro dell'equipaggio dell'Ogaden, civile) morì per le ferite portando il bilancio definitivo a quattro morti. Gli altri naufraghi, principalmente prigionieri, raggiunsero la costa a bordo di due scialuppe. Dunque non dovrebbe esservi stata una strage di prigionieri"
In altre parole circa 100 prigionieri non furono salvati dalle navi italiane, furono forse creduti dispersi, ma si salvarono.
Questo significa che comunque gli italiani li lasciarono liberi durante l'affondamento e furono in grado di salire sulle scialuppe.
Una notizia positiva che ridimensiona la tragedia. Meno male!
Ne abbiamo parlato con il signor Riccardo Croci e abbiamo convenuto che nel caos seguito all'affondamento, gli italiani a bordo non hanno seguito cosa facessero i prigionieri per tentare di mettersi in salvo. Nell'immediato anche i soccorritori non hanno trovato i prigionieri, dandoli per dispersi. Probabilmente, solo in seguito, o a guerra finita, si è chiarita la sorte positiva dei prigionieri, ma tale notizia non era ancora arrivata a molti protagonisti di parte italiana.
Militari imbarcati sull'Ogaden. Da sinistra, Giovanni Croci, Nando Pietra, Rodolfo Piras. In basso, da sinistra, Tabbone, Rocco Barrese. Marzo 1942.
317