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Scrivici |Il Convoglio Harpoon
- Lo scontro di Pantelleria -
Elaborazione grafica Trentoincina di una mappa contenuta nel libro "La Guerra sui mari, 1941-1943" dell'Ammiraglio Romeo Bernotti (1956)
Schema semplificato dello scontro di Pantelleria. Si nota la rotta inglese di protezione del convoglio, il serrare le distanze , l'accostata italiana per mantenere il vantaggio, i colpi a segno e la rottura del contatto da parte inglese dietro cortine nebbiogene. Viene messa in evidenza la rotta del caccia Vivaldi.
Elaborazione grafica di una mappa contenuta nel libro "La Guerra sui mari, 1941-1943" dell'Ammiraglio Romeo Bernotti (1956)
Caccia britannico in difficoltà e sbandato. Immagine da Battaglia di Mezzo Giugno.(Rivista della Regia Aeronautica - Supplemento Speciale del 21 giungo 1942).
Il Convoglio da Occidente
Il convoglio Harpoon da Occidente subì attacchi aerei durante la giornata del 14, con l'affondamento del mercantile Tanimbar e danni all'Incrociatore Liverpool. La sera la forza di protezione indiretta inverti la rotta lasciando che la sola scorta diretta accompagnasse il convoglio nel pericoloso avvicinamento a Malta attraverso il Canale di Sicilia. Gli incrociatori e caccia dell'Ammiraglio Da Zara, provenienti da Palermo e già avvistati dai ricognitori, entrarono in combattimento con le navi britanniche la mattina del 15. Gli incrociatori Eugenio di Savoia e Raimondo Montecuccoli, sparando con i massimi calibri erano lanciati a tutta forza, tentando di aggirare dal davanti il convoglio, per interromperne la marcia, mentre i caccia meno veloci rimanevano indietro per attaccare direttamente i mercantili. Oltre le cortine nebbiogene che nascondevano il convoglio, le navi britanniche si dividevano nello stesso modo: una parte serrava audacemente le distanze contro gli incrociatori, rispetto a cui avevano calibro e portata nettamente inferiori, mentre gli altri caccia attaccavano frontalmente quelli italiani. Il gruppo che attaccava gli incrociatori italiani li costringeva a frequenti accostate (per mantenere il vantaggio della maggiore portata) e aveva ovviamente la peggio, con il caccia Bedouin immobilizzato e danni all'incrociatore Cairo e al caccia Partridge. Al contrario l'altro gruppo di caccia britannici, sbucando dalle cortine nebbiogene, isolava e colpiva seriamente il caccia Vivaldi, che ormai fermo si difendeva con cannoni e siluri, protetto dal successivo appoggio del caccia Malocello. Il tentativo di accerchiamento del convoglio finiva senza risultato, aggirando un campo di mine da nord mentre il nemico fuggiva a sud. I risultati arrivavano comunque dall'aviazione italo-tedesca che affondava il Bedouin, il piroscafo Chant, il caccia Ithuriel, il mercantile Burdwan, mentre la petroliera Kentucky era in fiamme. Chi riuscì a trovare scampo, capitò su un campo minato italiano proprio entrando a Malta: affondò il caccia Kujawiak e altre navi rimasero danneggiate, due caccia , un dragamine, e uno dei due mercantili superstiti di tutta l'operazione.
Commenti su Harpoon
Interessante e classica l'azione dei caccia inglesi che si buttarono all'attacco contro gli incrociatori italiani, in evidente disparità di forze, con intento quasi suicida e che infatti causò delle perdite. L'approccio aggressivo e deciso, razionale, faceva parte delle tradizioni tattiche della Royal Navy e comportava innegabili vantaggi e opportunità anche quando la contabilità di calibri e portata avrebbe consigliato il contrario (basterebbe citare la battaglia del Rio della Plata dove una corazzata tascabile fu messa in difficoltà da unità inferiori ma aggressive). L'alta velocità dei caccia permette di serrare rapidamente le distanze e portare la minaccia dei siluri. Il tempo per far valere i calibri degli incrociatori non è molto, inoltre accostate e reciproche variazioni di rotta rimescolano le carte e mettono in difficoltà le centrali di tiro. La famosa frase di Da Zara "..accostiamo, altrimenti quei signori vengono a prendere il caffè a bordo.." testimonia la profonda ammirazione per il coraggio e la lucida determinazione dei britannici, che alla fine (è bene ricordarlo) salvarono il convoglio anche se non raggiunsero l'obiettivo. Può darsi che il rischioso attacco sia stato tentato per mettere alla prova gli italiani, che fino a questa fase della guerra avevano mostrato frequenti eccessi di prudenza, in casi di forze equivalenti o anche superiori. L'ardimento dimostrato dai britannici fece però credere agli italiani che la rotta per Malta sarebbe stata mantenuta e quindi andarono ad aspettarli oltre il campo minato. Ma la situazione effettiva del momento e lo spirito combattivo dell'avversario furono certo valutate dai britannici. Le possibilità di scompaginare gli italiani erano cadute, per cui meglio allontanarsi per non accentuare le perdite. Nel frattempo una parte dei caccia italiani, tra cui il Vivaldi aveva cercato il bersaglio vero, i mercantili. Ma a questa mossa corretta e prevedibile, i britannici avevano già opposto una contromossa. Per cui, oltre le cortine nebbiogene, il Vivaldi trovò non mercantili ma caccia e poteva finire male. Anche se immobilizzato, non fu affondato, solo per la determinazione a battersi fino all'ultimo. La strenua difesa infatti limitò l'avvicinamento e quindi non fu possibile finirlo in tempo. Ancora una volta fu dimostrato quanto conti lo spirito combattivo e come sovverta i rapporti di forza.
Continua...
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