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Scrivici |Il sommergibile Caracciolo
- Un motorista sul sommergibile alla prima missione -
Ringraziamo Guido Gianinetto per la storia e i documenti gentilmente forniti in ricordo dello zio Guido.
Vita operativa e affondamento
Il sommergibile Caracciolo, consegnato alla Regia Marina a Monfalcone nel giugno 1941, andò perduto al ritorno dalla prima missione. Apparteneva alla Classe “Cagni”, insieme ai sommergibili Millo, Saint Bon e Cagni. Ottima unità, già dotata di una torretta più compatta, secondo il modello tedesco. Dopo l’addestramento dell’equipaggio, partì da Taranto il 5 dicembre 1941 al comando del Capitano di Corvetta Alfredo Musotto. La missione di guerra comportava il trasporto di 138 tonnellate di materiali a Bardia, in gran parte carburante, oltre che munizioni. Arrivato in quella base il 10, il sommergibile ripartì per Suda dove avrebbe dovuto ricevere un altro carico. Nell’occasione imbarcò anche numeroso personale, non facente parte dell’equipaggio, da trasportare nel tragitto. Nella notte del 11 dicembre, a 30 miglia da Bardia, avvistò un convoglio britannico proveniente da Alessandria, decidendo di attaccarlo. Furono lanciati i siluri di poppa contro i mercantili e poi quelli di prora, contro un cacciatorpediniere. Falliti i bersagli, dovette immergersi e fu sottoposto a dura caccia da parte della scorta, riportando vari danni che lo costrinsero a riemergere. In superficie fu colpito dal fuoco di artiglieria delle navi che produsse molte vittime, anche fra i passeggeri. Riuscì ad autoaffondarsi. Il caccia britannico Farndale recuperò 53 superstiti.
Guido Sellone, motorista, probabilmente a Taranto nel 1941.
Guido Sellone
Guido Sellone, nato nel 1909 era Motorista alla Fiat Grandi Motori di Torino. Da un lasciapassare sappiamo che nel 1939 entrava in una zona militare per operare con la II flottiglia MAS. Un telegramma del 1 ottobre 1941 segnala il suo imbarco sul sommergibile Caracciolo. Circa due mesi dopo (4 dicembre) Guido scriveva, prima di salpare, una lettera ai familiari che avrebbe dovuto essere consegnata soltanto in caso di disgrazia. L’11 dicembre il sommergibile affondava in combattimento e Guido Sellone perdeva la vita.
Lasciapassare per accedere alla zona militare nel 1939.
Considerazioni
Sul Caracciolo persero la vita alcuni membri dell’equipaggio e anche semplici passeggeri che dovevano trasferirsi in un’altra base, dato che il mezzo di trasporto, se necessario, doveva compiere azioni di guerra. Tutti quelli che si imbarcavano sapevano il rischio che correvano e una frase della lettera di Guido Sellone conferma che doveva essere inoltrata ai familiari solo in caso di morte. Ci si permetta qui qualche riflessione di carattere generale, non legata al caso specifico. Era prassi abbastanza normale, quasi un rito nella preparazione a missioni di guerra, scrivere una lettera per i familiari nel caso capitasse il peggio. Il gesto aveva molteplici scopi e significati. Era l’ultimo saluto possibile, occasione che andava sfruttata. Tentava di attenuare il dolore della famiglia, con un frammento della propria umanità. Era come un messaggio dall’aldilà, in cui la persona si era mentalmente calata nello scrivere. Confermava la coscienza del rischio, accettato e affrontato con maturità, non capitato con sorpresa come un evento qualsiasi. Era una forma di scaramanzia, perché l’interessato sarebbe stato ben contento di distruggere la lettera al ritorno. Dunque un rito tutt’altro che trascurabile, come altri gesti preparatori. Ad esempio, un altro rito preparatorio era il cambiarsi di biancheria e di vestiario, per evidenti scopi pratici (non sapendo se ci sarebbe stata comodità di farlo in seguito), per avere le migliori condizioni igieniche in caso di ferite (in un periodo in cui la pulizia era la principale difesa dalle infezioni), ma anche come atto simbolico, di presentarsi “puro” e nelle condizioni migliori a quella che poteva essere un evento importante, molto importante, della propria vita. Notare che si tratta di azioni rituali cariche di significato, non bellicose o retoriche, le quali mostrano l’immagine di combattenti consapevoli e pacati, in senso contrario al luogo comune di militari caricati psicologicamente, fatalisti o poco consapevoli.
Lettera di Guido Sellone ai familiari da consegnare soltanto se...
Impiego dei sommergibili per il trasporto
L’impiego e la perdita di un valido e nuovo sommergibile in una missione di trasporto materiali porta a chiedersi che senso avesse utilizzare unità di grandi potenzialità offensive per una funzione che poteva essere assolta assai meglio da comuni mercantili. 138 tonnellate sono una quantità irrisoria rispetto alle capacità di una nave, in grado di trasportare migliaia di tonnellate. Così in un anno e mezzo, in 56 missioni di guerra, i sommergibili italiani trasportarono circa 4500 tonnellate in totale, praticamente quasi l’equivalente di un solo carico navale. I dubbi sono legittimi anche perché tale attività non era esente da rischi di perdere preziosi sommergibili ed equipaggi. Questo tipo di impiego abbassava anche il rendimento offensivo della flotta sottomarina italiana, quando lo si paragona a quello tedesco, dove i battelli (generalmente più piccoli di quelli italiani) venivano usati esclusivamente per l’attacco, o al massimo per trasportare carburante ad altri sommergibili sul teatro di guerra. D’altra parte questo utilizzo improprio dei sommergibili appariva giustificato dalla grave penuria di alcuni materiali e dei carburanti per Esercito e Aeronautica impegnati sul fronte africano. La crisi dei rifornimenti era facilmente prevedibile, perché i fabbisogni di battaglia andavano soddisfatti e il contrasto nemico si concentrava ovviamente sui trasporti per affondarli. Pertanto era stato commesso l’errore di sottostimare questa inevitabile evoluzione dei problemi logistici, ovvero l’errore di iniziare senza adeguata preparazione e scorte le operazioni in Africa settentrionale. Comunque, una volta constatata la situazione, non serviva recriminare e si doveva trovare un modo di rifornire il fronte, almeno per le esigenze più critiche.
E' possibile leggere la testimonianza di un sopravvissuto all'autoaffondamento del Caracciolo nella continuazione qui sotto.
Continua...
La descrizione della missione del Caracciolo è stata ricavata da "Sommergibili in guerra" di Erminio Bagnasco e Achille Rastelli, III edizione (1995), Albertelli Editore.
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