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Scrivici |Gaspare Salerno, superstite del sommergibile Caracciolo
- Una testimonianza diretta dell'attacco e autoaffondamento. -
Il Capo Motorista Gaspare Salerno.
Ringraziamo Salvatore Nereo Davide Salerno per averci cortesemente segnalato la testimonianza del padre, trasmettendoci informazioni e immagini.
L'affondamento del sommergibile Caracciolo è già stata descritta in una pagina del sito, grazie ai familiari di Guido Stellone. A bordo del sommergibile Caracciolo si trovava anche il Capo Motorista Gaspare Salerno, che sopravvisse all’affondamento. Molti anni dopo rilasciò un’intervista, riportata sul Giornale di Sicilia (Palermo) del 23/9/1984, in un articolo di Nicola Volpes dal titolo “Cosi vissi l’agonia del Caracciolo prima che diventasse una tomba”.
L'esperienza della Crociera estiva sulla Colombo oltre oceano. La mappa della crociera, l'immagine della Vespucci in navigazione assieme, foto ricordo di Cuba.
Capo Motorista Gaspare Salerno
Gaspare Salerno, classe 1912, dopo avere frequentato l'istituto nautico palermitano, a 18 anni, si arruolò volontario in Marina, frequentò le Scuole CREM di Pola, venne imbarcato sulla Nave Scuola Colombo (crociera estiva del 1933 in America: Piccole e Grandi Antille, New York) e poi sulla Vespucci. In seguito ebbe un primo imbarco sul sommergibile Glauco e poi sui M.A.S.. Fu anche imbarcato sull’Incrociatore Ancona (ex Graudenz tedesco, ceduto all’Italia) a carbone e nafta . Al momento dell’entrata in guerra, era sposato da 14 mesi con un figlio ed era in attesa di una bambina per la quale aveva deciso che si chiamasse Vittoria. Nei primi mesi di guerra fu imbarcato sul Motoveliero Stella (V60), del naviglio ausiliario, assegnato alla vigilanza foranea e antisom. Nel 1941 era a bordo come Capo Motorista del sommergibile Caracciolo, impiegato come trasporto eccezionale per l’Africa (anche se la capacità di carico era limitata).
Documenti del Regio Sommergibile Ammiraglio Caracciolo.
Sul Caracciolo nel 1941.
“ Io sono vivo perché fui uno degli ultimi a raggiungere la torretta. Andò cosi' : la sera partimmo da Taranto con un carico di 180 tonnellate di benzina tedesca destinata all'Afrika Korps. L'ordine era di navigare in superficie, di non attaccare navi nemiche e raggiungere la meta nel più breve tempo possibile . Nei pressi di Sollum fummo attaccati da un aereo inglese che ci mitragliò. Vidi morire il mio più caro amico, il Guardia Marina Milos Baucer, che era istriano, ma abbattemmo l'inglese che cadde a breve distanza. Subito ci piombarono addosso alcune siluranti nemiche. Ci immergemmo a 80 metri, non ci trovarono, e se ne andarono. Tornati in superficie , avvolgemmo Baucer in un telo zavorrato e lo calammo in mare . Quindi di corsa fino a Bardia, ove scaricammo la benzina per i tedeschi, e via per il ritorno in Italia , con molti ospiti: ufficiali dei bersaglieri e dei carabinieri. Mi pare che in realtà si sia salvato solo un bersagliere.”
Il sommergibile faceva rotta per rientrare in Italia. Si trovava ancora in fase di assestamento quando si trovò all’interno di un convoglio nemico nella notte fra il 10 e 11 dicembre 1941. Al comando si trovava il Capitano di Corvetta Alfredo Musotto di Pollina (Palermo).
“Il comandante decise di attaccare, e diede ordine di lanciare due siluri da poppa che andarono perduti. Le unità nemiche ci vennero addosso per speronarci. Immersione rapida da parte nostra. Le bombe di profondità divennero una pioggia. Ci colpirono. Le apparecchiature di controllo andarono in avaria, e pure la valvola per imbarcare acqua. Toccammo quota 160 metri, una profondità incredibile, e le bombe continuavano a giungere sul Caracciolo. Fu a quel punto che il comandante ordinò l'emersione a pallone, gridando pure: “tutti ai posti di combattimento”. Quando venimmo fuori, gli inglesi ci accolsero sparando a zero . I nostri serventi ai cannoni volarono in pezzi. Il nostro sommergibile ormai agonizzava, straziato da tutte le parti. L'ultimo ordine che udii fu questo: “gente a mare, aprire gli allagamenti”. Con un collega veneto, che si chiamava Tinti, mi ritrovai in acqua, in mare forza 8 circondato dai traccianti.”
Secondo questa testimonianza, la perdita del sommergibile avvenne dunque per autoaffondamento. Gaspare Salerno nuotò per un quarto d'ora.
“Poi fui inquadrato da un proiettore, era il caccia inglese Farndale (L70) e qualcuno mi lanciò una cima. Venni issato a bordo, fui frizionato con alcool, mi offrirono rhum, sigarette e un accappatoio. Venni sbarcato ad Alessandria. trasferito con camion, verso il campo di concentramento, poi Sud Africa, ed infine Inghilterra. Il mio sommergibile e 48 uomini di equipaggio, sono ancora lì, al largo di Bardia. Non ho più saputo nulla di nessuno. “
Rispetto ai 53 superstiti (cifra ufficiale, vedasi nota successiva), il figlio riferisce: “mio padre fu uno degli ultimi a raggiungere la torretta ed uscire dal sommergibile insieme al collega Tinti e allo stesso capitano Musotto che vide inabissarsi nel vano tentativo di trattenerlo a galla. Ricordava di aver visto, suo malgrado, una mezza dozzina di superstiti e tra questi alcuni carabinieri, tutti quanti incontrati poi sul caccia inglese durante il cordiale quanto determinato interrogatorio da parte degli inglesi.”
Gaspare Salerno sarebbe stato dato per disperso inizialmente, poi la famiglia ebbe notizie rassicuranti sulla sua prigionia. Rientrò nel maggio 1946 in Italia.
Alcune delle esperienze di Gaspare Salerno: la motonave Ancona, la Scuola sommergibilisti, Monfalcone, sui sommergibili (con autorespiratore a ciclo chiuso), i M.A.S..
Nella pubblicazione dell'Ufficio Storico della Marina Militare "Sommergibili italiani" (Roma 1999, Volume II), si forniscono ulteriori dettagli della vicenda del Caracciolo. L'unità salpò da Taranto il giorno 8 dicembre 1941, con 140,1 t. di materiale bellico (tra cui: 122,1 t. di benzina in lattine, 16,5 t. di munizioni, 1,6 t. di viveri, altro). Sbarcato il materiale a Bardia il 10, ripartì per Suda con personale italiano e tedesco in transito. A Suda era previsto un altro carico. Alle 2.40 di notte del 11 dicembre, durante la navigazione in superficie, venne avvistato un convoglio scortato diretto ad Alessandria. Dopo il lancio poppiero ai mercantili il sommergibile tentò il siluramento del caccia Farndale, che evitò due siluri. Il Caracciolo fu dunque obbligato ad immergersi, sottoposto ad attacco con bombe di profondità. Danneggiato fu costretto a riemergere. Durante l'autoaffondamento fu centrato dalle artiglierie nemiche, con danni che facilitarono l'affondamento. Il sommergibile scomparve 30 miglia al largo di Bardia. Perirono 16 membri dell'equipaggio, compreso il Comandante e furono recuperati 53 superstiti dal caccia Farndale.
Vorremo approfondire quest'ultimo dato, su equipaggio e passeggeri. Prevediamo dunque di aggiungere altre informazioni alla pagina.
Appunto, tre anni dopo aver pubblicato questa pagina, abbiamo recuperato un'altra testimonianza che fornisce maggiori dettagli sulla storia del Caracciolo (cliccare sotto su Continua...).
Continua...
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