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Scrivici |Corazzate Vittorio Veneto - I - Struttura
- Caratteristiche delle grandi corazzate italiane -
La Vittorio Veneto (7 anni di guerra).
Corazzate della classe Vittorio Veneto
Le tre corazzate di questa classe parteciparono al conflitto mondiale e rappresentarono il più alto livello mai raggiunto dalla Marina Italiana, con un ottimo equilibrio di caratteristiche, l’uso di soluzioni tecnologiche geniali e innovative, prestazioni eccellenti, perfetta fusione di razionalità ed eleganza, risultato di una progettazione accuratissima. Furono temute e infine ammirate dal nemico per le loro qualità a guerra finita. La nazione italiana, che aveva dispiegato una invidiabile flotta di grandi transatlantici, dimostrò le sue capacità anche in campo militare.
Il progetto delle nuove corazzate italiane iniziò a definirsi dal 1932. Il 28 ottobre 1934, anniversario della Marcia su Roma (1922), vennero impostate la Vittorio Veneto e la Littorio, a Trieste e a Sestri Ponente. Vennero varate nell’estate del 1937. La Vittorio Veneto scese in mare il 25 maggio, e la Littorio il 22 agosto (erano allora poco più dello scafo), entrambe alla presenza del Re e della Regina. Nei tre anni seguenti si svolse il complesso allestimento. Nel frattempo, nel 1938 si impostavano altre due corazzate di analogo disegno, l’Impero e la Roma. Erano già varate al momento dell’entrata in guerra, ma solo la Roma fu completata ed entrò in servizio durante il conflitto, mentre l’Impero non fu mai terminata. Le corazzate operative di questa classe, 45.000 tonnellate a pieno carico, furono dunque tre: Vittorio Veneto, Littorio (poi chiamata Italia) e Roma.
Lo scafo
Costituiva la piattaforma mobile, ad alta velocità, per nove cannoni da 381 mm, portando anche il peso dei necessari servizi, corazzature, armi di supporto. Largo quasi 33 metri e lungo 239 metri, offriva una base spaziosa per le tre torri trinate, con il necessario torrione e i fumaioli al centro, lasciando il ponte sgombro per il tiro. Lo scafo aveva un doppio fondo cellulare, anche sui fianchi, che diventava triplo fondo lungo tutto il ridotto corazzato, la zona superprotetta della nave. Era stata adottata la protezione progettata dal Generale Pugliese con cilindri vuoti di assorbimento (di quasi 4 metri diametro) lungo tutto il ridotto, in grado di schiacciarsi e assorbire gran parte dell’esplosione di un siluro. Rimanevano vuoti anche i doppi fondi laterali (le celle secche). Le controcarene erano invece piene di liquido, carburante o acqua, che venivano consumati in navigazione e sostituiti automaticamente con acqua di mare, offrendo ulteriore resistenza alla penetrazione dei siluri. Le cavità destinate ad allagarsi erano comunicanti con l’altro lato della nave e in grado di distribuire il liquido, anche con comandi dalla centrale, per mantenere un perfetto assetto della nave. Viene in mente l’immagine della Vittorio Veneto silurata, con 4000 tonnellate d’acqua imbarcata, che rientra alla base ben diritta, a venti nodi, ignara della squadra navale inglese che l’insegue invano. La nave era anche divisa in 181 compartimenti stagni. Lo scafo era stato provato in vasca a Roma su modelli, scegliendo fra varie soluzioni. L’unico difetto, rilevato in mare, furono le ondate sul ponte in velocità, che venne corretto con la modifica della forma terminale della prora.
Timoni e ancore
Queste corazzate erano le prime al mondo con tre timoni, ben distanziati fra loro per evitare di perdere la guida in casi di colpi al timone. Il timone principale semicompensato era di 38 metri quadrati mosso da motrice elettroidraulica da 300 tonnellate. Gli altri due timoni minori e più esterni erano di 16 metri ciascuno, mossi da motrici da 80 tonnellate, protetti dallo scafo sovrastante che in quel punto era corazzato contro le bombe d’aereo. Il timone era comandato dalla ruota nella stazione comando nel torrione con trasmissione elettrica e idraulica assieme, oppure dalla camera ordini, mentre i due timoni ausiliari avevano separate colonnette di manovra, pure con doppia posizione di governo (sempre per garantire il controllo della nave, anche con parti di essa distrutte). Vi erano bussole magnetiche e di rotta, con due girobussole con venti ripetitrici in torre comando, plancia ammiraglio, centrali e direzioni tiro, ecc.. Le unità erano dotate a prora di due grandi ancore a marre articolate da 10.500 kg. L’ancora di speranza da 9.925 Kg venne poi eliminata durante il conflitto, in quanto navi del genere non avrebbero mai sostato in rade aperte.
Apparato Motore
Erogava una potenza massima di 130.000 HP asse. Era costituito da otto caldaie e da quattro turbomotrici con riduttori agenti su quattro assi con 250 giri massimi alle eliche. Ognuna delle quattro eliche tripale fuse in bronzo aveva 4 metri e 80 di diametro. Le quattro eliche erano distanziate per evitare un danneggiamento contemporaneo. Ognuno dei quattro gruppi di motrici era indipendente, con turbina ad alta pressione, turbina di media pressione, e di bassa pressione, con incluse l’alta e bassa pressione delle turbine di marcia indietro. I quattro gruppi erano riuniti a due a due in due locali stagni verso prora e verso poppa. I locali turbine stagni erano separati dal locale caldaie, pure stagno, contenente 8 caldaie Yarrow modificate a nafta, operanti a 25 atmosfere. La combustione avveniva con undici polverizzatori per caldaia. Il vapore, spinte le turbine, si scaricava in quattro condensatori (uno per ciascun gruppo), più due ausiliari, finendo nei quattro pozzi caldi della nave. Vi erano anche due caldaie minori per i servizi, ovvero le turbodinamo, i frigoriferi, termosifoni, lavanderie, ecc.. La nafta ammontava a 3.700 – 4.200 tonnellate, distribuita in 46 depositi tutti sotto il ponte corazzato. 375 tonnellate d’acqua erano la riserva per le caldaie. Queste navi erano anche le prime a difendere le macchine dai rischi provenienti dai grossi calibri a grande distanza (caduta quasi verticale) che potevano entrare dalle aperture nel ponte dovute ai fumaioli: qui vennero creati dei condotti corazzati, dotati comunque di scudi forati per il tiraggio, e in grado di bloccare le bombe d’aereo. Il controllo dell’apparato motore avveniva nella Centrale alla base del torrione dove erano presenti un quadro principale e uno ausiliario. Sul principale erano 4 contagiri, 4 ripetitori del telegrafo di macchina, 4 ripetitori del telegrafo dei giri, indicatore dell’angolo di barra, 26 manometri delle caldaie e 32 manometri per le motrici. Sul quadro ausiliario erano 9 manometri, 2 registratori della pressione dell’olio alle turbine, 2 impianti salinometrici, 5 telefoni e 4 torsiometri. La centrale era collegata con linee dirette o tramite centralino con il resto della nave.
Servizi sicurezza, antincendio
Esistevano due Centrali di galleggiamento, una principale e una ausiliaria in luoghi diversi. La nave era divisa in sette zone, ognuna suddivisa in compartimenti, collegati tutti con rete telefonica.Vi erano due squadre antincendio, due squadre riparazioni motori, due squadre emergenza e scafo, una carpentieri e una antincendio ponti scoperti. Per eventuali allagamenti si avevano quattro elettropompe da 60 tonnellate all’ora, due turbopompe (anche per l’antincendio) da 150 tonnellate all’ora, e otto eiettori da 25 tonnellate ora. Per grandi masse d’acqua si ricorreva a 8 elettropompe da 800 tonnellate orarie. Infine si potevano usare le turbopompe dei condensatori, dirottandone l’aspirazione nei locali interessati, arrivando a 1000 tonnellate orarie ciascuna. I condotti antincendio erano ottenuti da un anello, con settori escludibili e 52 bocche per le manichette (idranti). I depositi munizioni, in caso di penetrazioni, incendio, surriscaldamento erano allagabili a distanza con saracinesche telecomandate o azionabili localmente, e dotati di impianti antincendio a pioggia.
Servizi elettrici
L’energia elettrica principale veniva prodotta da 12 generatori, quattro Diesel-dinamo da 800 Kw (1200 HP) divisi tra prora e poppa e otto turbodinamo da 450 Kw ugualmente distribuite in due gruppi distanti, sempre per evitare rischi. Le turbo-dinamo stavano dentro il ridotto corazzato, dove si trovava anche la Centrale dei servizi elettrici. In centrale si disponeva di tutti i controlli e si provvedeva ad accoppiare o suddividere i quadri per garantire affidabilità in caso di inconvenienti. Per le apparecchiature minori a corrente alternata esisteva un’apposita centrale con tre diesel-alternatori. Esisteva anche una rete elettrica di emergenza con batterie e interruttori automatici per tutti i locali chiave. In porto venivano usate le sole diesel-dinamo, una in condizioni normali, almeno quattro in caso di allarme aereo. In navigazione di guerra si usavano le turbo-dinamo. In caso di segnale di posto di combattimento, si avevano almeno tre turbo-dinamo e un diesel-dinamo in funzione sia a prora che a poppa. I telefoni si basavano su una rete generale automatica di 110 apparecchi. A questa si affiancavano 158 telefoni diretti per il tiro. Inoltre vi erano varie reti telefoniche minori per funzioni specifiche. Per le comunicazioni all’equipaggio vi era una rete di 70 altoparlanti. La stazione segnali, destinata a innalzare a riva le bandiere prescritte era collegata telefonicamente alla torre comando. Le comunicazioni telegrafiche di bordo erano predisposte per operare su diverse lunghezze d’onda, data la concentrazione di più funzioni su navi di questo tipo. Esistevano tre stazioni radiotelegrafiche: due principali a prora e a poppa, e una secondaria. Si avevano inoltre stazioni radio per le comunicazioni a breve distanza con le altre unità. Vi erano infine un impianto con tre telescriventi, e un ufficio cifra, collegato tramite impianto di posta pneumatica con il torrione comando.
Continua...
Informazioni provenienti da: Corazzate classe Vittorio Veneto - Franco Bargoni e Franco Gay - Edizioni Bizzarri - Roma 1973
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