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Scrivici |La Cina e gli stranieri - Tra 1700 e 1900
- Scontri con gli occidentali e nazionalismo cinese: i Boxer -
Riproduzione di porcellane cinesi della prima metà del novecento, più vicine al gusto occidentale.
Quanto esposto non pretende di rappresentare la storia ufficiale, ma solo
il punto di vista degli autori. E' soggettivo e può
contenere errori o imprecisioni, per cui si suggerisce di non usarlo per
ricerche e di rivolgersi a testi storici più qualificati.
Alcuni sono indicati in Bibliografia.
La Cina e i barbari dell’Occidente
La storia millenaria e le dimensioni della Cina portavano i suoi quadri dirigenti a vedere qualsiasi entità del mondo esterno come fosse costituita da barbari, con una supposizione indiscutibile di superiorità. I primi occidentali, missionari ed esploratori, che entrarono singolarmente in contatto con la Cina accettavano questa visione e si adeguavano, senza proporre in modo netto i principi dell’Occidente che non erano nei loro obiettivi. Le prime presenze religiose e mercantili subivano limitazioni territoriali e regole, per evitare una chiusura unilaterale del potere cinese. Il discorso cambiò quando le grandi potenze vollero instaurare più ampi e flessibili rapporti commerciali e diplomatici, in modo formale su un piano di parità, come due contraenti, approccio europeo classico ma inaccettabile per chi aveva una visione egocentrica del mondo. Era difficile per le autorità cinesi trattare gli stranieri come loro pari. Ma era anche difficile per un diplomatico inglese inginocchiarsi e sottomettersi, e furono molti i fallimenti per aspetti apparentemente formali. Le presenze straniere militari, civili, religiose, erano esigue ma pure attive e intraprendenti, capaci di generare stimoli e cambiamenti in una Cina che sembrava volerle ignorare o che rispondeva con resistenze e ritorsioni. Le grandi potenze, in competizione fra loro, avevano capito l’enorme potenziale e non si facevano dissuadere da ostacoli, insuccessi, rifiuti. Gli occidentali si sentivano incoraggiati dal loro collaudato metodo coloniale, dalla fiducia incrollabile nei commerci, dalla propria efficacia navale e militare nonostante le poche forze.
Conflitti con le Grandi Potenze, le guerre dell’oppio
La presenza straniera creava divisioni tra i cinesi, tra chi si sentiva superiore e indifferente, chi reagiva in modo violento all’intrusione, chi cercava di avvantaggiarsi senza clamore. A divieti ufficiali delle autorità si contrapponevano attività illegali e di contrabbando. Inevitabilmente questo conduceva a situazioni di fatto che venivano alla fine affrontate e combattute dal potere cinese, con danni agli interessi commerciali, scatenando azioni e reazioni di forza, ovvero conflitti aperti. Per cui l’ottocento fu caratterizzato da guerre con le potenze straniere, concluse con negoziati e periodi di stabilità prima che nuove tensioni riaccendessero il confronto violento, con alterne vicende, ma sempre con esito svantaggioso per la Cina data la capacità politica occidentale di non perdere mai di vista il fine sostanziale. Inizialmente era concesso agli stranieri di basarsi commercialmente solo a sud, a Canton, ed era proibito inoltrarsi verso Pechino. L’oppio era apprezzato da molto tempo come medicina in Cina, ma la pericolosità del suo abuso come droga venne riconosciuto, portando in Cina alla proibizione nella prima metà del 1700. Però la domanda favoriva il contrabbando, tanto che sul finire del secolo la Compagnia delle Indie Orientali sviluppò una crescente importazione illegale di oppio in Cina. L’oppio, la sua diffusione e la crescita del valore importato (compensato in argento), facevano parte di un sistema di scambi mercantili di grande importanza per la Gran Bretagna, che non vi poteva rinunciare. Terminate le Guerre Napoleoniche l’interesse occidentale in Asia si riaccendeva. I tentativi diplomatici di liberalizzare il commercio in Cina, vero obiettivo degli occidentali, fallivano mentre le autorità cinesi decidevano di combattere più duramente il contrabbando e imporre leggi e divieti. La tensione portò a incidenti militari tra vascelli inglesi e giunche. Tra il 1839 e il 1842 si svolse la Prima Guerra dell’oppio, con la Gran Bretagna, conclusa con il trattato di Nanchino. A questa seguì la Seconda Guerra dell’oppio (1856-1960) anglo-francese, con il trattato di Tientsin del 1859 e conclusa dalla Convenzione di Pechino (1860). Le guerre portarono ai cosiddetti Trattati Ineguali, ovvero accordi che di fatto favorivano le grandi potenze ai danni della Cina, con apertura di porti al commercio, extraterritorialità delle aree occupate da occidentali, riduzione dei dazi doganali, collegamento tra gli accordi (allineandosi tutti alle condizioni più favorevoli). Tra gli altri conflitti che tormentarono la Cina al termine dell’ottocento, ricordiamo che nel 1883-1885 si svolse il conflitto con la Francia in Indocina e nel 1894-1895 la guerra con il Giappone.
L’opposizione alla presenza straniera
I Cinesi assistevano alla inarrestabile penetrazione straniera, vedendo in questa intrusione il rischio di contaminazione della propria cultura e condizione di vita. In particolare la diffusione dei missionari cristiani, con masse convertite crescenti, entrava in competizione con l’alta borghesia cinese sull’educazione scolastica e morale. Sul fronte economico era difficile per le aziende cinesi competere con quelle occidentali locali, protette dai trattati ineguali. La produzione tessile fu messa in crisi dalle importazioni di filati stranieri, penalizzando le attività artigianali. L’esportazione (proibita) di argento, per pagare l’oppio, indeboliva finanziariamente la nazione. Erano molti gli elementi di scontento a tutti i livelli sociali per situazioni innescate dagli stranieri o in cui gli stranieri erano comunque coinvolti. Si formava progressivamente un sentimento nazionalista, che forse poteva risalire anche all’avvento della invasione e dominazione mancese. Si poneva per tutti il dubbio tra rimanere fedeli alle proprie tradizioni o introdurre cambiamenti, perché altrimenti la staticità poteva essere motivo di inferiorità nel confronto con le forze esterne. Ma il rinnovamento dall’interno incontrava forti resistenze: nel 1898 il breve periodo dei Cento Giorni delle Riforme si concluse con un insuccesso e la restaurazione. Ogni problema o disagio, qualunque fosse la causa, veniva spesso attribuito alla presenza destabilizzante e aliena degli stranieri. L’ostilità verso di loro era diffusa e i movimenti nazionalisti, come quello dei Boxer, avevano preso forza, con un appoggio popolare e del potere che avrebbe portato al clamoroso scontro del 1900.
Tavola di A.Beltrame raffigurante l'imbarco di truppe a Napoli in partenza per la Cina il 20 luglio 1900 (Collezione Griva).
I Boxer
Il movimento dei Boxer nacque sul finire dell’ottocento nelle province nordorientali della Cina del Zhili e dello Shandong, la penisola che chiude il golfo di Tientsin. Erano zone molto popolate ed esposte a siccità e inondazioni, con situazioni che potevano divenire insopportabili, generando rivolte contadine. In quelle zone, elementi come la presenza missionaria, e la competizione economica occidentale nel tessile, generavano malcontento. Lo Shandong aveva anche una tradizione nelle arti marziali. Il movimento dei Boxer del Fiore di Prugno coltivava le arti marziali (boxer = pugno), sosteneva la dinastia Qing e voleva la distruzione della religione straniera. Il movimento dei Boxer dello Spirito, credeva nell’invulnerabilità dai proiettili stranieri per chi avesse un cuore puro e si fosse consacrato con un semplice rituale alla propria divinità. Dal 1898 i Boxer cominciarono a diffondersi e minacciare i cristiani. Il movimento dei Boxer Uniti nella Rettitudine coltivava il pugilato e si scontrava con i convertiti cristiani, contendendo loro i villaggi. La corte cinese fu a lungo combattuta tra annientare o assecondare il movimento crescente, minaccioso per la dinastia, senza compiere azioni che contenessero o pacificassero la ribellione. L’ambiguità delle autorità venne quindi interpretata dagli occidentali come connivenza con il movimento, e d’altra parte combattere i Boxer significava anche contrastare una forte rivolta popolare che li seguiva. Nel 1900 i Cristiani furono accusati di aver scatenato la siccità, divenendo bersaglio della violenza popolare. La gravità degli scontri intorno a Pechino impose un’azione militare da parte delle grandi potenze, radicalizzando le posizioni. La storia dell’aggressione agli occidentali, fu enfatizzata dagli europei per il rifiuto della violenza e il ripristino di una pacifica legalità, giustificando il successivo consolidamento del potere e commercio internazionale. Alcuni storici cinesi sottolineano invece l’importanza dei Boxer come manifestazione di una volontà popolare contadina e affermazione di sentimenti nazionalisti, antagonisti
Continua...
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