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Scrivici |L'assedio di Pechino nel 1900
- L’aggressione alle legazioni straniere in Cina nel 1900. -
La situazione militare complessiva
Nel 1900 tutti gli stranieri presenti in Cina, civili e militari, stavano per soccombere alla rivolta dei Boxer. Circondati da decine di migliaia di nazionalisti, ribelli e truppe regolari, gli europei non avrebbero ricevuto soccorsi in tempo. La forza di maggior peso, navale, non poteva essere impiegata perché la secca di Ta ku impediva alle 43 navi occidentali accorse sul posto di avvicinarsi alla costa per l’uso delle artiglierie. L’assedio degli occidentali a Pechino e Tientsin sembrava dunque ai cinesi possibile e dall’esito scontato. Ma le Marine delle grandi potenze a Ta ku non si scoraggiarono ed inviarono a terra un contingente inferiore ai mille soldati, sguarnendo gli equipaggi, per prendere i quattro forti alla foce del fiume, da cui si poteva risalire nell’interno. L’azione riuscì per le esitazioni cinesi, per lo scoppio di un deposito munizioni e per il coraggio delle truppe d’assalto. Preso possesso dei forti, in seguito un distaccamento raggiunse con difficoltà e conquistò Tientsin, dove altri civili e militari erano asserragliati, senza poter procedere oltre. Il telegrafo e la ferrovia erano stati interrotti. Ma il fatto significativo era l’aver creato una testa di ponte a terra (i forti espugnati di Ta ku) e una base a mezza strada (Tientsin). Appena arrivarono altre navi con i rinforzi (migliaia di soldati) fu quindi possibile avanzare in tempi accettabili fino a Pechino. Nella capitale imperiale, da parte cinese la situazione militare fu tenuta nascosta da chi ne aveva una qualche responsabilità, e questo incoraggiò l’attacco agli occidentali, credendo nell’impunità. Invece gli stranieri, grazie alla conquista dei luoghi strategici , alla determinazione di raggiungere gli assediati, e alla resistenza di questi, riuscirono a superare il momento critico. Appena i cinesi si resero conto che le grandi potenze sarebbero giunte e che ci sarebbero state le inevitabili ritorsioni, militari e politiche, il fronte si sgretolò, con dissociazioni e dissolvimento delle forze ribelli e regolari. Si cercava di far passare la versione che l’attacco agli occidentali fosse dovuto solo ai Boxer, anche se in realtà sia l’imperatrice che le forze regolari lo avevano appoggiato.
La liberazione delle Legazioni a Pechino (Collezione Griva).
L’assedio di Pechino
Nella capitale civili e militari furono costretti a concentrarsi nei luoghi difendibili, dove confluirono anche migliaia di cinesi convertiti, di religione cristiana, altrimenti destinati a morte sicura. A Pechino, oltre alla zona delle Legazioni, rimase isolata e assediata la Missione di Pe Tang, con il convento di suore e la cattedrale, alla cui difesa era stato assegnato un contingente italiano (12 marinai comandati dal STV Angelo Olivieri) e francese (circa 40 militari comandati dal STV Paul Henry). I Boxers erano entrati in città il 13 giugno appiccando incendi alle chiese cristiane con violenze sulla popolazione convertita. Il ministro della Germania, barone Von Kettler, che era andato a negoziare, fu ucciso a fucilate. Per l’impossibilità di trattare soluzioni affidabili, non si poteva giungere ad un accordo o sgombero delle Legazioni. Il 16 giugno le forze cinesi aprirono il fuoco iniziando il famoso assedio dei “55 giorni a Pechino”. Tra barricate, fucileria, cannonate, brecce nelle mura e assalti, l’assedio registrò continue perdite nel presidio e progressiva scarsità di munizioni. Durante gli scontri, il 27 giugno a Tientsin veniva ferito mortalmente il Sottotenente di Vascello Ermanno Carlotto.
Nonostante l’isolamento telegrafico, a Pechino si seppe che i forti erano stati conquistati, e che Tientsin era stata presa dagli occidentali, rinforzando il morale degli assediati. Il 10 agosto era giunta la notizia che le truppe internazionali erano a metà strada tra Tientsin e Pechino. Anche nel Pe tang la lotta fu durissima con la morte dell’ufficiale francese, e il comando fu assunto da Olivieri con la maggior parte dei marinai morti o feriti. A Pe tang furono usati dai cinesi anche mine e razzi incendiari. Il 14 agosto le truppe internazionali entrarono a Pechino e liberarono le legazioni, il giorno dopo anche il Pe tang venne raggiunto e liberato. Le grandi potenze occuparono la città e applicarono leggi militari severe per il mantenimento dell’ordine nella zona.
Militari italiani del San Marco presso una lapide relativa ai Bersaglieri Italiani che conquistarono una fortificazione nell'ottobre 1900 durante la Guerra dei Boxer. 1933 - Collezione Mazzini.
Il film "55 giorni a Pechino" ricostruisce la situazione degli occidentali assediati a Pechino durante la rivolta dei Boxer.
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