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Scrivici |Tientsin e dintorni
- La Concessione Italiana in Cina, ieri e oggi -
Mappa di Tientsin delle origini ricostruita da Trentoincina sulla base di un originale (di scarsa leggibilità) pubblicato dall’Ufficio Storico della Marina Militare (La Marina Italiana in Estremo Oriente 1866-2000). Si nota l’irregolarità degli appezzamenti di terreno prima della sistemazione urbanistica italiana degli anni venti.
Tientsin, da terreno malsano a zona bonificata e residenziale
La concessione italiana di Tientsin era inizialmente un terreno malsano e fangoso all’interno di un’ansa del fiume Pei ho, in una zona al di fuori della città cinese. Conteneva circa 16.000 abitanti in case di fango e paglia, disseminata di pozzanghere e saline. Aveva una superficie di mezzo chilometro quadrato ed era stata concessa all’Italia in perpetuo dal 7 giugno 1902. Nei decenni successivi si trasformò radicalmente grazie alla bonifica e alla pianificazione urbanistica, con una viabilità razionale, impianto di illuminazione e servizi igienici. Nel 1930 aveva 17 strade e due piazze, con ospedale, cattedrale, caserma, centrale telefonica, la “Casa degli italiani, scuola italiana e cinese, mercato coperto, giardino pubblico, palazzo dello sport e due campi sportivi. Vi risiedevano 7.954 abitanti di cui 394 italiani e 146 europei. Erano governati da un podestà (il Regio Console d’Italia) assieme ad una consulta composta da italiani e cinesi. La concessione era tutelata dal piccolo corpo della Polizia della Concessione Italiana, costituito da cinesi con ufficiali italiani. L’abitato, a parte gli edifici pubblici, era principalmente di abitazioni, ovvero villette con giardino recintato. Le famiglie cinesi più ricche della città abitavano in questa zona e ditte locali e straniere avevano degli uffici. La concessione era a ridosso della “Banchina d’Italia”, il porto fluviale e strumento di attività commerciali.
Tientsin e dintorni: la posizione rispetto alle altre località
La particolare importanza della Concessione Italiana di Tientsin stava tutta nella sua posizione strategica, tra Pechino, capitale della Cina e il mare. Infatti la presenza militare delle grandi potenze era assicurata dalla forza militare delle rispettive Marine e dalle navi da guerra, capaci di trasportare truppe. Shanghai, molto più a sud, era una metropoli popolosa e importante, adatta per lo stazionamento delle navi oceaniche. Ma aveva il difetto di essere troppo lontana da Pechino, anche se un canale navigabile e strade la collegavano al nord. Quando era necessario, come per la Guerra dei Boxer, nel 1900, bisognava portarsi all’interno del Golfo di Chilhi, per sbarcare a Ta ku e raggiungere Pechino. Tuttavia l’avvicinamento all’approdo di Ta ku, alla foce del fiume Pei ho, era impossibile a causa di una secca che teneva le navi maggiori ad almeno dieci miglia da terra, tragitto lungo e lento da fare con altri natanti. Tale delicato trasbordo era dominato da 4 forti cinesi alla foce, che vennero espugnati dagli occidentali. A breve distanza da Ta ku si raggiungeva Tientsin. Da lì 128 chilometri separavano infine Tientsin da Pechino. Lungo il tragitto Ta ku – Tientsin – Pechino mosse infatti nel 1900 la colonna di truppe occidentali che, più volte ostacolata, raggiunse e liberò gli europei a Pechino, durante il famoso assedio di “55 giorni a Pechino” . Collegamenti telegrafici univano Pechino a Tientsin già nel 1900, ma in seguito vennero impiantate dalla Regia Marina più sicure stazioni radio, capaci di raggiungere anche le navi alla fonda.
Riassumendo, dopo la guerra dei Boxer e l’insediamento italiano, la presenza nazionale in Cina, oltre a Tientsin, comprendeva la Delegazione a Pechino, pochi marinai a Ta ku e al forte di Shan hai kwan (sulla costa a nord di Ta ku). E’ chiaro che con il crescere delle forze militari cinesi, più numerose, organizzate e attrezzate, la presenza militare occidentale negli anni trenta diveniva puramente simbolica e la posizione logistica (soprattutto quella di Tientsin) era più importante tanto da eliminare i piccoli presidi. Più a sud c’erano molti connazionali a Shanghai e nell’interno ad Hankow (sullo Jang-tze-kiang, che poi sbocca a Shanghai). Pochi religiosi si trovavano in ognuna delle tante missioni cattoliche italiane sparse sul territorio.
Dettaglio di una foto di Tientsin del 1926 (nei pressi di Piazza Regina Elena) in cui si distingue la tipica edilizia residenziale italiana, di villette con giardino.
Restauro della concessione italiana di Tientsin
Qualcuno si chiederà se restano tracce della presenza italiana nella ex colonia di Tientsin, oggi Tianjin. A quanto pare rimangono molti edifici e la struttura originale, tanto da giustificare oggi una grande operazione urbanistica con accordi tra Italia e Cina. La città italiana fu costruita nella piccola concessione, all’interno di un’ansa del fiume Haine (allora Pei ho), e si contrapponeva alla città vecchia cinese. Sorsero edifici pubblici italiani come il Municipio, il Consolato, la famosa Caserma Carlotto, la Chiesa, l’Ospedale, la Caserma della Polizia, la centrale telefonica, con vie e spazi come Corso Vittorio Emanuele III e Piazza Regina Elena: ad eccezione del Municipio, sono tutti rimasti, sia pure con altri nomi e funzioni. Presso questi edifici si sviluppava un abitato costituito da villette occidentali circondate da giardino, in stile eclettico italiano tipico degli anni venti. La principale differenza rispetto ad analoghe situazioni residenziali in Italia, stava in una maggiore dilatazione degli spazi. Un regolamento urbanistico del 1913 garantiva uniformità, basse altezze dei palazzi, distanza dalla strada, il tutto con viali alberati che solcavano zone di giardini. Purtroppo in Italia, “bel paese” ricco di cose belle ma trascurato nel proteggere il tessuto urbano normale, non esiste più una realtà così estesa ed uniforme di belle costruzioni dello stesso periodo, che acquista grande valore e opportunità sia per l’Italia che per la Cina. Il governo cinese, che ha la totale proprietà pubblica dell’area, intende procedere ad ampie demolizioni delle costruzioni cinesi recenti per valorizzare edifici ed urbanistica italiana. Vi è dunque una collaborazione tra progettisti italiani e imprese cinesi. Quanto edificato nei giardini verrà abbattuto e verrà lasciata una viabilità interna (le vecchie vie Trento e Fiume), con parcheggi sotterranei e uscita metropolitana al centro della zona, destinata a grande parco per il centro della città, attraverso l’accesso pubblico dei giardini delle villette, con prevalente uso pedonale. Edifici moderni e grattacieli si manterranno ai margini della zona italiana, creando nuove abitazioni per compensare le demolizioni. Inoltre la viabilità principale verrà tenuta all’esterno. Le maggiori attività commerciali si collocheranno nella zona adiacente, mentre le attività culturali, di intrattenimento e di promozione italiana si collocherebbero proprio nella ex concessione italiana. Se quanto progettato si realizzerà, al termine dovremmo vedere un ambiente interessante che ci ricorderà la storia dell’Italia in Cina.
La posizione della concessione italiana di Tientsin rispetto a quelle delle altre nazioni.
Il recupero di frammenti di Storia italiana, a molti sconosciuta, è una notizia positiva. Forse qualcuno si stupirà della presenza di tante costruzioni italiane in capo al mondo. Bisogna ricordare che gli Italiani sono sempre stati grandi costruttori, sia in patria che all’estero, sia a livello privato che pubblico. Durante lo sforzo coloniale, affrontato in ritardo rispetto ad altre potenze europee, si costruì molto (opere pubbliche, edifici, infrastrutture, abitazioni residenziali) con qualità, slancio, e forse con scarsa lungimiranza perché il colonialismo era al tramonto. Sembra che si volesse imitare l’uso che la Roma imperiale faceva dei monumenti nelle colonie. I Romani infatti costruivano anche per dimostrare le capacità della madrepatria, quasi che questa superiorità tecnica nelle opere civili giustificasse la supremazia e dominazione. Durante l’espansione coloniale del novecento, in mediterraneo, come in Africa, fino in Cina, i luoghi acquisiti dall’Italia furono spesso considerati come estensioni della nazione, spendendovi grandi energie. In molti casi le costruzioni italiane sono rimaste e mantengono un valore architettonico ancora oggi.
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