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Scrivici |Viaggiare per mare, vita del passeggero
- Viaggiare. La nave passeggeri trasformava questa necessità in piacere di vita, occasione, svago, esperienza e mistero. -
Nell'elaborazione grafica: particolare del catalogo La Rinascente del 1930. Parte del Conte Biancamano (il ponte di comando, interni, cabine di prima classe, sovrastruttre e il salone delle feste post-bellico) si può ammirare al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano.
Viaggiare.
La nave passeggeri trasformava questa necessità in piacere di vita, occasione, svago, esperienza, mistero, con il gusto di sentirsi diversi dagli altri e dalla vita di tutti i giorni. Dovendo andare da un luogo all’altro, tanto valeva accettare il tempo che richiedeva, non si poteva accelerarlo e si doveva lasciare solo che scorresse, rendendolo il più piacevole possibile. Si entrava in un grande albergo, se ne godevano i servizi, se ne seguivano i rituali, si conoscevano altre persone interessanti, si aveva il tempo per rilassarsi, pensare, sognare. La nave, grande e silenziosa rispetto a sbuffanti locomotive ed altri mezzi di trasporto, non aveva concorrenti nel portare a grandi distanze folle di passeggeri con la dovuta comodità.
A dire il vero, su ogni piroscafo viaggiavano anche persone umili come gli emigranti, con classi che sottolineavano le distanze e le pretese. Si riproduceva su un guscio navigante il mondo sociale, con chi sognava e chi invece era oggetto del sogno, sul ponte più alto. C’era il piacere di riconoscersi come simili e scoprire le differenze, esibirsi o esplorare con curiosità. Esporre i propri dubbi, problemi, paure e trovare altri compagni di viaggio, con le stesse agitazioni. Comunque tutti sulla stessa barca.
Dal biglietto all’incontro con la nave sulla banchina, ci si sentiva privilegiati, desiderosi di conquistarla, di prendere possesso della cabina o della branda, spazio importante su cui muoversi nell'avventura. Ci si chiedeva come sarebbero stati gli altri passeggeri. E il mare? Curiosità continua e argomento di conversazione, ma anche eterno spettacolo che avvolgeva la nave, capace di catturare lo sguardo verso l’infinito.
L’esplorazione della nave, il trovarsi a tavola, commentare il menù, spostarsi nei salottini, cimentarsi nei giochi, attendere eventi e feste, passeggiare nei lunghi corridoi, mettersi comodi con un libro e una coperta, oppure sdraiarsi al sole o accanto alla piscina, secondo le stagioni. Nel conversare si facevano abili riassunti della propria vita, passata o progettata, che solo allora appariva diversa, più o meno interessante. Ecco una persona piacevole o intrigante, anzi no, qualcuno da conoscere meglio o frequentare ancora.
Nel trascorrere dei giorni, il pensiero si spostava su quello che si sarebbe trovato all’arrivo, impegni, opportunità, doveri, incertezze. Il mare riservava sempre qualche sorpresa, toccava le viscere e riportava nel presente. Ora tutto aveva un ritmo perfetto, come fosse conosciuto da sempre, tanto da volerlo prolungare. Ma il calendario inesorabile avanzava, volerlo accelerare o rallentare era impossibile e ci si abbandonava al trascorrere con fatalismo.
Infine la meta arrivava, la città usciva dal mare pronta ad accogliere con fumi e rumori. Attracco e passerella, i bagagli. Le scomodità di trovarsi non più passeggeri, ma comandanti dei propri passi. Comunque il ricordo del viaggio sarebbe rimasto eterno.
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