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Scrivici |Descrizione tecnica ufficiale dell'Incrociatore Trento
- Il brano seguente è tratto dal volume Gli incrociatori italiani, Roma 1967, edito dall'Ufficio Storico della Marina Militare, che si ringrazia per la gentile concessione. -
Nel 1924, contemporaneamente ad una buona aliquota di naviglio minore e di sommergibili, vennero ordinati gli incrociatori pesanti, tipo « Washington », Trento e Trieste.
Lo studio per la realizzazione di queste unità fu effettuato dallo stesso « Comitato per i Progetti delle Navi » del Ministero della Marina, che incaricò il Tenente Generale del Genio Navale Filippo Bonfiglietti della compilazione finale del progetto. Questi incrociatori dovevano essere costruiti nei limiti rigorosi imposti dalla Conferenza Navale di Washington: non dovevano cioè superare il dislocamento standard di 10.000 tonnellate inglesi. I concetti, ai quali fu ispirata la progettazione di queste unità, furono praticamente gli stessi già adottati presso le altre Marine e si riassumevano nella caratteristica dell’alta velocità a scapito della protezione.
L’ordine di costruzione per le due unità venne passato al cantiere Orlando di Livorno ed allo Stabilimento Tecnico Triestino San Marco di Trieste, rispettivamente il 18 e l’il aprile 1924. Le navi vennero iscritte nel Quadro del Naviglio Militare col regio decreto n. 195 del 7 febbraio 1924; furono imposti ad esse i nomi di Trento e di Trieste.
Lo scafo dei due incrociatori era in acciaio ad elevata resistenza, eccetto che nelle parti soggette a forti vibrazioni per le quali fu impiegato acciaio dolce Martin Siemens (ferro omogeneo). La struttura dello scafo si presentava ad ossature longitudinali nella zona compresa fra la chiglia ed il copertino, posto a m 4,75 dalla linea di costruzione, e dalla batteria al ponte di coperta. Aveva struttura trasversale entro i « cofferdams », che si estendevano dal copertino al ponte di batteria. Anche alle estremità di poppa e di prora la struttura era completamente trasversale.
Il doppio fondo si estendeva dall’ordinata 62 AD (addietro) alla 80 AV (avanti) sino al ponte di batteria. Era lungo rn 127,8 e in corrispondenza della chiglia era alto m 1,35. Longitudinalmente l’unità presentava un paramezzale stagno dello spessore di 16 mm al centro, 14 mm a poppa e 11 mm a prora. Questo paramezzale si estendeva oltre il doppio fondo e terminava all’altezza dell’ordinata 70 AD con uno spessore di 12 mm e della ordinata 113 AV con uno spessore di mm 8.
Il ponte di coperta era continuo, tipo flush - deck, per tutta la lunghezza della nave. La lamiera di trincarino aveva uno spessore di 20 mm al centro e di 9 mm alle estremità prodiera e poppiera. Le altre ordinate avevano a metà della nave uno spessore massimo di mm 16, che si riduceva a 7 mm all’estremità poppiera ed a 8 mm a quella prodiera. Al centro della nave si estendeva un raddoppio dello spessore di mm 15.
Il ponte di batteria era continuo per tutta la lunghezza della nave e fungeva anche da ponte di protezione. Era corazzato con piastre da 50 mm dall’ordinata 62 AD alla 80 AV. All’estremità prodiera e poppiera il ponte era fasciato con lamiere dello spessore massimo di mm 11. Il ponte di corridoio, dalla ordinata 30 AD alla 43 AV, si estendeva solamente entro i limiti dei « cofferdams ».
Le navi erano dotate di 22 paratie stagne, delle quali 15 sino al ponte di coperta con uno spessore di 9 mm nella parte inferiore e di 6 mm in quella superiore. Fra batteria e coperta, vi erano due paratie longitudinali, poste a m 5 dalla mezzeria, che si estendevano dall’ordinata 37 AD alla 43 AV.
La protezione delle unità era costituita da corazze a murata spesse 70 mm e collocate fra i ponti di copertino e di batteria. Le torri degli impianti da 203 mm avevano una corazza di 100 mm; la torre di comando una da 100 mm; la torretta per la direzione del tiro era protetta da una corazza di 50 mm, mentre il tubo per la trasmissione degli ordini era formato da piastre da 60 mm. La corazza di murata si estendeva longitudinalmente dall’ordinata 62 AD alla 80 AV fra i ponti di copertino e di batteria.
Sotto il primo copertino, dall’estrema prora alla paratia 43 AV, erano sistemati il deposito di benzina per gli idrovolanti, il locale per il solcometro, il pozzo delle catene, alcuni depositi nafta, la centrale diesel-dinamo e metà dei depositi munizioni. La zona centrale, compresa fra le ordinate 43 AV e 39 AD, era occupata dall’apparato motore così disposto: locale caldaie prodiere, locale caldaie di centro, locale motrici di prora, locale caldaie di poppa, locale motrici di poppa. Dall’ordinata 39 AD all’estrema poppa si trovavano i seguenti locali: l’altra metà dei depositi munizioni, « cofferdam » trasversale, altri depositi nafta, casse di bilanciamento.
L’acciaio e le lamiere per la costruzione dello scafo vennero forniti dalle ditte Terni ed Ilva e, in minima parte, furono importati dalla Kontinental Eisenhandels - Gesellschaft Kern & C. di Praga e dalla Skoda di Pilsen.
I due incrociatori erano provvisti di un timone, semicompensato, della superficie di m2 29,35. L’angolo massimo di barra era di 35° per lato. Il meccanismo del timone, della ditta Brown di Edimburgo, era del tipo idroelettrico, a trasmissione idraulica a distanza, per il funzionamento normale ed a trasmissione meccanica per il funzionamento di emergenza. Per assicurare il governo della nave vi erano tre centrali: plancia, torretta corazzata e camera d’ordini. Quest’ultima comandava due linee di trasmissione idraulica, sistemata ai lati della nave, in modo da poter garantire il funzionamento normale del timone con una qualsiasi delle linee di tubolature. Nel caso di inutilizzazione di ambedue le linee di trasmissione idraulica era possibile governare con la trasmissione meccanica dal locale della ruota a braccia. La trasmissione meccanica poteva infatti sostituire integralmente la trasmissione idraulica, perché ambedue agivano sulla stessa leva di comando delle pompe. La manovra a mano del timone era fatta mediante una pompa più piccola, sistemata nel locale sopra indicato e mossa da tre ruote a braccia.
Le navi possedevano due alberi a tripode, ma solamente quello poppiero era munito di alberetto. Da notare però che l’albero prodiero venne subito variato nella forma a pentapode allo scopo di sorreggere meglio gli apparati di punteria. Sull’albero di prora, cominciando dal basso, si trovavano sistemati: il casotto ammiraglio con espansione per i rilevatori, la stazione di tiro antiaereo ed antisilurante, la piattaforma per telemetri e gimetri per i pezzi antiaerei ed antisiluranti, la torretta per il 1° Direttore del Tiro.
L’asse del telemetro sistemato sulla torretta del 1° Direttore del Tiro si trovava a m 29,30 sopra la linea di galleggiamento. L’albero di trinchetto era dotato di quattro pennoncini per segnali. Sull’albero di poppa era sistemato il casotto per la stazione secondaria del tiro antiaereo ed antisilurante con soprastante piattaforma per telemetri.
Per il servizio di ricognizione e per l’osservazione del tiro, le unità disponevano di tre idrovolanti tipo Piaggio P. 6 bis smontabili, con queste caratteristiche:
Costruzione idrovolante monomotore, monoposto, biplano, a scafo centrale e galleggiantini laterali
Peso totale kg. 1.850
Apertura alare m. 13,5
Velocità massima km/h 220
Potenza del Motore HP 500
Armamento 2 mitragliatrici
Questi aerei, originariamente in dotazione, vennero poi sostituiti dagli idrovolanti Macchi M. 41, CRDA Cant. 25, IMAM Ro. 43.
L’hangar per gli idrovolanti era lungo m 13,70; l’altezza del locale era di circa m 3,80. Gli idrovolanti venivano sollevati da uno speciale bigo da carico, attraverso un boccaporto praticato sul ponte di coperta, e posti sul binario della catapulta sistemato lungo l’asse della nave. Il lancio avveniva verso prora per mezzo della catapulta del tipo Gagnotto ad aria compressa. Il recupero degli apparecchi veniva assicurato dal bigo già menzionato.
I depositi benzina per gli aerei — cinque in tutto con una capacità totale di 1.400 litri circa — erano sistemati a prora fra le ordinate 113 e 117 AV.
L’armamento principale comprendeva otto cannoni da 203/50 tipo Ansaldo - Schneider, sistemati in quattro impianti binati, tutti posti sul piano di simmetria del bastimento. L’ampiezza del settore dal piano di simmetria era di 150° per lato; l’elevazione massima di 48°; la depressione di 1°30’ per tutti i pezzi. La gittata massima era di 28.000 metri. Le manovre principali del brandeggio, dell’elevazione, del rifornimento a noria di proiettili e di cariche e del calcatoio erano ottenute elettricamente. Le corrispondenti manovre di riserva venivano effettuate a mano. Il rifornimento era progettato in modo da assicurare ad ogni torre una coppiola ogni 15 secondi.
L’armamento secondario, costituito da sedici cannoni da 100/47 montati a coppie su otto affusti binati Minisini, serviva da difesa antisilurante e contraerea L’ampiezza del settore per il tiro antiaereo variava da un massimo di 285° ad un minimo di 192° L’elevazione massima, uguale per tutti i pezzi, era di 80°. Il rifornimento delle munizioni era assicurato da tredici norie a revolver tipo Ansaldo; cinque di queste sollevavano le cartucce dai depositi munizioni fino al ponte di batteria mentre le altre otto (una per complesso) le sollevavano dalla batteria agli otto impianti Il caricamento era progettato per una celerità di fuoco di 8 o 9 coppiole al minuto. I pezzi da 100/47 derivavano dal pezzo austriaco 100/50 Skoda.
La difesa antiaerea delle unità era completata da quattro mitragliere da 40/39 Vickers, modello 1916, sistemate nella zona centrale della nave, e da quattro mitragliere da mm 12,7 sistemate sulle sovrastrutture più alte.
203/50 100/47
Anno di costruzione 1924 1929
peso totale dell’arma tonn. 20,8 20,2
peso del proiettile kg. 118,5 13,8
peso della carica kg. 47 4,7
velocità iniziale m/sec. 835 740
In corrispondenza di ogni torre, nei ponti di primo e secondo copertino, esisteva un deposito di munizioni Ogni deposito era costituito da una camera superiore, contenente le cariche e da una camera inferiore contenente i proiettili. La capienza complessiva dei quattro depositi era di 1.294 colpi completi, cioè 162 colpi circa per ogni cannone da 203/50. Nei medesimi depositi vi erano circa 6.000 cartucce da 100/47, 4.000 per le mitragliere da 40/39 e l’intera dotazione dei reparti da sbarco, compreso il munizionamento dei due pezzi da 76/17 terrestri. Attiguo al deposito inferiore della torre n. 2 si trovava un deposito siluri (12 armi in tutto).
L’armamento subacqueo consisteva in otto lanciasiluri da 533 mm sistemati sul ponte di batteria in quattro impianti binati, orientati al traverso; avevano solamente un movimento longitudinale per essere messi in azione e rientrati.
Le stazioni di direzione tiro per l’armamento principale erano due: la coffa del l° Direttore del Tiro era sistemato sulla sommità del pentapode di trinchetto e la torretta corazzata del 2° Direttore del Tiro sovrastava la torretta di comando. Le due stazioni, costituite da torri, erano brandeggiabili mediante manovra a mano con un doppio volantino. Esse erano di forma e dimensioni identiche e contenevano strumenti di punteria generale, inclinometri, ricevitori, trasmettitori, portavoce, ecc.
Le stazioni di direzione del tiro secondario erano sistemate due a prora, sotto la coffa del 1° Direttore del Tiro, e due a poppa sull’incastellatura del tripode di maestra.
Le stazioni prodiere erano fornite di apparecchi per la punteria generale, mentre le due stazioni di poppa potevano dirigere il tiro a punteria diretta e quindi con la sola trasmissione di alzo e cursore ai complessi binati.
Per la direzione del tiro antiaereo ed antisilurante le due stazioni di prora fungevano da principali e le due di poppa da secondarie; per il lancio di siluri accadeva il contrario.
L’apparato motore si componeva di quattro gruppi di turbine Parsons indipendenti, situati in due compartimenti separati I due gruppi poppieri azionavano le eliche centrali; quelli prodieri le eliche laterali. Ciascun gruppo di turbine era costituito da una turbina di AP ed una di BP con una turbina incorporata per la marcia indietro (MAD). Le due turbine di ciascun gruppo erano accoppiate ad un riduttore di velocità ad ingranaggi a denti elicoidali, a semplice riduzione di giri, con due pignoni laterali accoppiati con giunto flessibile agli assi delle turbine ed una ruota calettata sull’asse dell’elica. La turbina di AP era costituita da una ruota ad azione con tre file di palette per le andature di crociera, e di un tamburo con palette a reazione ad otto espansioni.
La turbina di BP era a doppio efflusso, cioè con ammissione del vapore al centro e scarico alle due estremità del tamburo. All’estremità prodiera del corpo della turbina di BP e nell’interno di essa vi era la turbina di MAD. La turbina di alta pressione scaricava direttamente in quella di BP e questa a sua volta nel condensatore. La potenza di progetto di ciascun gruppo era di 37.500 HP con 330 giri delle eliche al minuto primo.
Le eliche erano quattro, una per ciascuna linea d’asse, a tre pale fuse di pezzo col mozzo; avevano generatrice rettilinea normale all’asse del movimento e giravano in fuori. Erano di bronzo «turbadium»e costruite dalla Manganese Bronze Ltd. di Londra.
L’apparato generatore era costituito da 12 caldaie tipo Yarrow, tutte uguali, con due tubi di caduta sistemati nella parte posteriore. Era provvisto di surriscaldatore di vapore ed azionato con combustibile a nafta. Le caldaie (quattro per locale) erano sistemate in tre compartimenti stagni indipendenti con i collettori d’acqua e di vapore disposti per chiglia. Ciascuna caldaia era provvista di nove polverizzatori tripli tipo Meiani. I tubi vaporizzatori delle caldaie erano di acciaio dolce trafilati a freddo. La pressione d’esercizio delle caldaie era di 21 kg/cm2.
La dotazione massima di combustibile — 2.250 tonnellate circa di nafta — era contenuta: nei quattro doppi fondi sottostanti le camere delle motrici; nei sei doppi fondi sottostanti le camere delle caldaie; negli otto depositi laterali, tra copertino e corridoio, adiacenti alle caldaie di prora e di centro, ed ai due locali delle motrici; nei quattro depositi di prora e nei due di poppa.
Alle prove a tutta forza i due incrociatori ottennero questi risultati:
Trento Trieste
Anno delle prove 1929 1930
Durata della prova ore 8 8
Dislocamento alle prove tonn. 11.203 11.323
Velocità massima nodi 35,6 35,6
Potenza corrispondente HP 146.975 142.761
Giri eliche al minuto n. 313 295
Pressione del vapore kg/cm2 19,5 20
Gli esponenti di carico del Trento e del Trieste, ad allestimento ultimato ed all’uscita del cantiere costruttore, risultarono:
Trento Trieste
Scafo nudo tonn 4.205,246 tonn. 4.204
Parti complementari ed accessori fissi 326,102 321
Meccanismi ausiliari e parti arredamento scafo 503,325 491
Corazzatura 888,330 888
Apparato motore 2.292,380 2.281
Artiglierie 980,700 975
Armi subacquee 36,270 39
Sistemazioni elettriche 196,082 201
Armamento marinaresco 215,700 215
Pesi mobili 522,000 636
tonn. 10.166,135 tonn. 10.251
Le due unità erano praticamente identiche, fatta eccezione per qualche trascurabile particolare nell’opera morta: ciò risulta evidente dall’esame dei disegni. Semmai la differenza più evidente, che poteva anche aiutare nell’identificazione delle navi, era quella della sistemazione del primo complesso binato da 100/47 che sul Trento si trovava collocato più a proravia.
Nel 1937 furono sbarcati i due complessi poppieri da 100/47, sostituiti da quattro complessi binati di mitragliere da 37/54. Contemporaneamente furono sbarcati i telemetri poppieri i quali, fornendo soltanto i dati di alzo e cursore, non erano di alcuna utilità per i pezzi da 100 mm (destinati al tiro antiaereo di sbarramento) e per le mitragliere da 37 (destinate al tiro diretto) asserviti ai telemetri prodieri. In un secondo tempo anche le mitragliere da 40/39 e da 12,7 furono sbarcate, sostituite da quattro complessi binati da mm 13,2.
Alla fine del 1939 i fumaioli furono dotati di grandi cappe allo scopo di liberare i congegni di punteria dai residui della combustione. Nel corso della guerra 1940 - 43 i due incrociatori subirono lievi lavori di trasformazione.
Il Trento ed il Trieste furono tra i primi incrociatori tipo «Washington» e di questi ebbero tutti i difetti. In guerra rivelarono le loro principali manchevolezze: sovrastrutture enormi da renderne piuttosto agevole l’avvistamento, non eccessiva manovrabilità dovuta alla troppa lunghezza, scarsa la protezione. Riguardo a questa ultima tuttavia bisogna osservare che questi due incrociatori resistettero in guerra a numerosi colpi, sopportando piuttosto bene queste offese, specie quelle subacquee.
In complesso queste veloci unità sprotette, sia pur ben costruite, rappresentarono un assurdo ed un errore, cui si dovette rapidamente riparare con la classe « Zara », per poi ricaderci ancora con il Bolzano. Comunque furono fatti negativi cui non rimasero estranee nemmeno le altre Marine, specie quella Francese.
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