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Scrivici |Attacchi notturni
- Cronologia degli attacchi britannici notturni -
Le ore in cui si concentrarono gli attacchi
Agli attacchi notturni (indicati sulla cronologia dell’immagine) corrispondono schede specifiche collegate a questa pagina.
Molte sconfitte sul mare durante la Seconda Guerra Mondiale avvennero nelle ore notturne. Ognuna di esse merita un commento.
Novità nel combattimento notturno
Tra le due guerre mondiali si riteneva che gli scontri aeronavali dovessero svolgersi normalmente di giorno. Ci voleva la luce diurna e tempo buono per individuare a grande distanza una nave nemica e la sua posizione, tanto da dirigere un tiro efficace dei cannoni. Anche i velivoli avevano bisogno della luce del giorno e cielo non coperto per le ricognizioni e il puntamento dei bombardieri. La notte era quindi considerata un naturale ombrello protettivo che risparmiava avvistamenti, attacchi aerei e scontri balistici. La notte era usata per trasferimenti sicuri di mercantili e per portare in zona unità da guerra di nascosto, mentre era una pausa di riposo per gli aviatori. Ma la tecnologia stava cambiando il modo di combattere in mare, con strumenti nuovi, tra cui il radar. Vedere una nave nel buio permetteva di avvicinarsi molto, fino a pochi chilometri, permettendo un tiro teso e non parabolico, per il quale non era così importante la precisione di rilevazione della distanza e velocità. Cambiava radicalmente la modalità di attacco. Inoltre gli aerei iniziavano a dotarsi di strumenti che sostituivano la vista, permettendo il volo notturno. Potevano quindi sfruttare la notte sia per portarsi sull’obiettivo che per rientrare: potevano attaccare proprio alle prime luci dell’alba o al tramonto quando la penombra metteva in difficoltà le vedette e la contraerea delle navi, comunque visibili. Non solo, potevano addirittura attaccare in piena notte guidati sul bersaglio dai radar (di bordo o delle navi di appoggio). Gli aerosiluranti, potendo avvicinarsi più che in pieno giorno, erano in grado di non mancare il grande bersaglio di una nave a breve distanza. Anche in questo caso, cambiava tutto. Certamente attaccare di notte era più difficile e pericoloso, sia per una nave che per un velivolo, e gli incidenti non mancavano. Ma questo si compensava con un tenace e lungo addestramento operativo. Era questo che avrebbe fatto la differenza, perché il solo possesso degli strumenti non bastava. In questo cambiamento di scenario i sommergibili colpivano da sempre sia di giorno che di notte, e l’attacco notturno con scarsa visibilità era più fattibile se il battello si trovava già in posizione favorevole. Si usavano ancora metodi tradizionali, però il dispiegamento dei sommergibili diveniva fondamentale e questo dipendeva da coordinamento e servizio informazioni, ovvero sempre da tecnologia (in questo caso organizzativa).
Italiani e Britannici nella notte
La notte, lungi da costituire una protezione, fu per molte navi italiane portatrice di sventure. Unità da guerra, mercantili e navi passeggeri cariche di truppe, furono affondate nel buio e questo aggravò le perdite per le immaginabili difficoltà di salvataggio. Navi, sommergibili, aerosiluranti britannici colpirono a sorpresa, avvantaggiati da strumenti innovativi ma soprattutto addestrati ad usarli. La Regia Marina adottò analoghe tecnologie, essendone dimostrata l’efficacia al di là di opinioni e preconcetti. I vantaggi potevano divenire concreti allenandosi alle nuove tecniche, per recuperare il divario rispetto al nemico. Un processo che richiedeva tempo. L’armistizio del settembre 1943 interruppe però questo aggiornamento prima che potesse dare i frutti dovuti.
Continua...
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