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Scrivici |Un radiotelegrafista del Trento - Vittorio Dini
- In Stazione Protetta, in Camera Oscura. -
In Stazione Protetta tre radiotelegrafisti in navigazione sull'Incrociatore Trento. Manca quello che ha scattato la foto. Vittorio è in primo piano.
Ringraziamo Vittorio Dini per le immagini gentilmente fornite e per la disponibilità a rispondere alle nostre domande.
SottoCapo R.T. Vittorio Dini.
Vittorio Dini è stato imbarcato sul Trento durante vari periodi dal 1940 al 1943, facendo parte del comando 3° Divisione Navale come SottoCapo RadioTelegrafista. A bordo operava con un altro marconista, un fotoamatore molto bravo, autore di diverse immagini scattate con taglio moderno e valide inquadrature. Dini ci racconta che il collega fotoamatore si era ricavata la camera oscura all’interno della sala radio. Come spesso accade a chi scatta, mancano foto che ritraggano questo fotoamatore. Dini fu imbarcato anche sugli incrociatori Trieste e Gorizia, e sul Gioberti, ma di questi non ha immagini perché il collega fotoamatore non fu con lui sulle altre navi.
In guerra. Dalla prora del Trento si vede in lontananza una corazzata della Classe Littorio. Notare i salvagente pronti sulla draglia.
Comunichiamo con Supermarina e con le navi, ma non con gli aerei.
Con Vittorio Dini abbiamo potuto fare delle domande ed entrare con lui nella Stazione Radiotelegrafica, a bordo di un incrociatore della Regia Marina, durante le azioni di guerra.
“Comincerò dall’immagine scattata nella stazione "Protetta". Chiamata protetta perché era ubicata nelle adiacenze della Santa Barbara. E’ stata fatta in piena navigazione e il bravo fotografo R.T. che la scattò si trovava lì non per scattare ma in servizio con il suo ricevitore davanti. Su tre frequenze diverse eravamo in contatto diretto con Supermarina.”
Vittorio è il radiotelegrafista che si vede in primo piano nell'immagine. Abbiamo dunque chiesto dettagli su come venissero trasmessi gli ordini.
“Le trasmissioni venivano fatte esclusivamente in telegrafia. Non esisteva la fonia. Ovviamente tutto in codice. Per la decrittazione c'era gli addetti, di solito Guardiamarine. Per i tempi di codifica, dipendeva dal tipo, importanza e urgenza del messaggio. In certi casi urgentissimi si andava ad un codice che l'R.T. aveva in memoria e che veniva gridato in tempo reale alla ricezione. “
Ogni tipo di messaggio a lunga distanza, come gli scambi nei due sensi tra i Comandanti in mare e Supermarina a Roma potevano essere facilmente ricevuti anche dal nemico e pertanto dovevano essere criptati, cioè convertiti tramite una chiave di conversione in un testo illeggibile e una volta ricevuti convertiti di nuovo in un testo leggibile. Dato che si doveva convertire lettera per lettera di ogni parola è ovvio che questo (data l’epoca) non potesse essere fatto su un messaggio vocale (analogico) ma su un messaggio scritto (digitale). Si doveva quindi passare attraverso una trasmissione telegrafica di ogni lettera dell’alfabeto (ognuna trasmessa con linee, punto, ecc.) per comunicare esattamente il testo illeggibile, senza rischi di errori. Da notare che la decifrazione di questo testo avveniva successivamente, da personale diverso (Guardiamarine). Il particolare della chiave comunicata al momento della ricezione significa che in alcuni casi la chiave (condivisa da chi trasmetteva e da chi riceveva) veniva cambiata o conosciuta al momento, per ridurre le probabilità di decifrazione da parte del nemico. Da quanto detto si capisce che un messaggio subiva molti passaggi delicati, sia all’origine che alla destinazione, con relativo lavoro manuale, purtroppo con i tempi necessari, a cui si aggiungevano anche i tempi di inoltro in chiaro a/dagli Ammiragli, senza tenere conto dei tempi di comprensione, discussione e decisionali ! Quando si parla di “ritardi” negli ordini, risposte, decisioni durante le azioni decisive della guerra, spesso si sottovalutano le difficoltà implicite in questo processo, peraltro inevitabile.
Abbiamo chiesto pertanto maggiori ragguagli sulle modalità del lavoro di conversione, anche se non proprio dei radiotelegrafisti, e su come avvenisse con l’ausilio o meno di supporti cartacei o meccanici. Interessava anche sapere dove e come avvenisse il lavoro e la comunicazione su una nave come il Trento. Inoltre le comunicazioni con la lontana Supermarina non erano le sole necessarie in battaglia: si comunicava anche con le altre navi e forse anche con i velivoli di ricognizione e copertura.
“In porto avevamo una stazione di solo ascolto posta sul ponte di tuga all'aria aperta dove si stava da papi. In navigazione entravano in funzione la Protetta e la Plancia Comando. La Protetta per Supermarina/navi. Si comunicava con la plancia via telefono per la voce o via "posta pneumatica" per la cartacea. Era un tubo che trasportava una spoletta con il messaggio da decifrare. Le comunicazioni in plancia erano solo NAVE/NAVE, con apparati di piccola potenza per non essere intercettati, e con codici di pronto impiego. Ora, per i messaggi riguardanti il comando se la vedeva la "CIFRA" con dei "libri" e anche "macchinette". E anche per il servizio radio avevamo dei "libri" con copertine di piombo per essere buttati a mare in caso estremo. Nocciolo della faccenda: nessun contatto nave/aereo, eccetto l'idrovolante nostro quando veniva lanciato.”
Un incrociatore, un’arma da guerra con un migliaio di persone a bordo, doveva mantenere sempre disponibile un collegamento con i comandi. Quando la nave si trovava in navigazione la comunicazione radiotelegrafica diveniva indispensabile e vitale, da proteggere all’interno delle corazzature, nella Stazione Protetta. Le comunicazioni interne alla nave erano telefoniche o fisiche (il pezzo di carta), per i messaggi e gli ordini oggetto di trasmissione con l’esterno. Per la squadra, la limitata portata dei trasmettitori di plancia permetteva di comunicare più agevolmente (sempre in codice) con le navi vicine con migliore tempestività e coordinamento. Purtroppo la comunicazione a distanza era più lenta e laboriosa per i testi criptati: venivano usate delle macchine, forse tipo “Enigma”, per una più veloce conversione lettera per lettera, mentre i libri contenevano probabilmente le moltissime chiavi, tra cui scegliere quelle valide quel giorno o in quella occasione. Materiale da distruggere (buttare a mare, a fondo) per impedire che in caso di abbordaggio il nemico se ne impadronisse, usandolo poi ai danni di altre navi. Verrebbe da dire che si fosse pensato a tutto. Ma ci colpisce l’ennesima conferma che le navi italiane non comunicassero con gli aerei italiani: un grave problema che derivava da un imperdonabile errore strategico, imputabile ai massimi vertici della Regia Marina e Regia Aeronautica. Lo sapevamo già, ne conosciamo anche la genesi, ma riscontrarlo da vicino dentro una Stazione Radiotelegrafica dell’Incrociatore Trento in guerra, lascia perplessi.
Vittorio Dini.
Vittorio Dini e la Seconda Guerra Mondiale.
Dini Vittorio nacque a Viareggio il 3 giugno 1922.
Residente a Viareggio, fu iscritto nella gente di mare del dipartimento di La Spezia. Volontario a Premio per la ferma di 5 anni, fu arruolato il 24 aprile del 1939 (matricola 52463). Classificato Comune di Prima Classe, entrò nelle Scuole CREM (Corpo Reale degli Equipaggi Marittimi) di S.Bartolomeo a La Spezia, partecipando al Corso RT (RadioTelegrafista). Entrò a far parte dell’organico della Terza Divisione Navale. Fu promosso SottoCapo RT dal 1/10/1941.
Come riporta il suo Libretto Personale, gli imbarchi di Vittorio furono:
Prima della guerra:
Trieste 3/3/40 – 31/5/40
Trento 1/6/40 – 10/6/40
Durante la guerra:
Trento 10/6/40 - 6/9/40
Trieste 7/9/40 – 9/9/41
Trento 10/9/41 – 30/9/41
Trieste 1/10/41 – 15/11/41
Gorizia 16/11/41 – 5/6/43
Gioberti 6/6/43
Un certificato, firmato dal Capo di Stato maggiore della 3° Divisione, attesta che Vittorio partecipò a 64 giorni di navigazione di guerra. In particolare prese parte a queste azioni di contatto a fuoco col nemico:
Scontro Punta Stilo del 9/7/40 (Trento)
Scontro di Capo Teulada del 27/11/40 (Trieste)
Scontro a sud di Creta e Scontro notturno
(convoglio Duisburg) del 9/11/41 (Trieste)
Scontro della Sirte del 17/12/41 (Gorizia)
Scontro della Sirte del 22/3/42 (Gorizia)
Scontro di Pantelleria/Mezzo-Giugno del 15/6/42 (Gorizia)
A questa lista di azioni, probabilmente vissute da Vittorio nel chiuso della Stazione Radio, bisogna aggiungere altri fatti bellici, come ad esempio l’attacco notturno a Taranto. Vittorio era sul Trieste:
“Ero rimasto alle brutte notizie che circolavano a bordo la mattina dopo il fatto. La titubanza ad imboccare il canale che porta in Mar Grande era dovuta al fatto che sul Trento stavano disinnescando una bomba inesplosa che aveva preso durante la notte e sarebbe stato un disastro se fosse esplosa nel canale. Finalmente uscimmo e appena fuori eccoti il Duilio e la Littorio appruate in basso fondale, e ancora avanti la Cavour con l'acqua fino alle torri che avrete visto in qualche foto. Poi mare aperto per Messina. Il resto l'ho saputo dal solito bollettino delle venti. “
Durante la battaglia di Mezzo Giugno 1942 Vittorio si trovava a bordo del Gorizia, che riuscì a sfuggire ai siluri dei velivoli britannici, mentre il Trento rimase colpito e immobilizzato.
Il Gorizia subì un bombardamento navale alla Maddalena il 10/4/43, riportando gravi danni, per cui fu trasferito a La Spezia (dove sarebbe rimasto per riparazioni, senza rientrare più in servizio). Poco dopo Vittorio veniva sbarcato dall’Incrociatore (5/6/43). Il libretto personale riporta l’imbarco sul cacciatorpediniere Gioberti, che dopo solo due mesi (9/8/43) fu colpito in Liguria da un siluro di un sommergibile e spezzato in due, affondando rapidamente. Ma quel giorno non era a bordo.
Si può dire dunque che Vittorio Dini riuscì a superare il conflitto mondiale in cui vennero affondate o gravemente danneggiate, con molte vittime, tutte le navi su cui fu imbarcato.
Continua...
Altri ricordi di Vittorio Dini nelle pagine seguenti...
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