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- Regia, soggetto, sceneggiatura di Francesco De Robertis – 1942 – Scalea film -
Il Capitano di Corvetta Bruno Zelich in un disegno. Protagonista del film e comandante dello Sciré, caduto nell'ultima missione.Avvertiamo che possono esserci rivelazioni sulla trama e sul finale.
Realismo
Il principale protagonista morì poco dopo le riprese, perché era proprio quello che interpretava nel film: un comandante di sommergibile in guerra. La bella figura, calma e di poche parole, sola nella sua diversità, non era un attore ma il comandante Zelich di un famoso equipaggio (nientemeno che dello Sciré). Avrebbe concluso l’esistenza in una rischiosa missione d’assalto, dove il battello sarebbe rimasto schiacciato dalle bombe, rottami sul fondo del mare presso Haifa. Non è un piccolo particolare e siamo costretti a respirare il film con rispetto come qualcosa di autentico, a prescindere dalla naturalezza, sorprendente per l’epoca: l’Italia era in guerra. Si saluta col braccio teso ovviamente, cosa credete che facessero nella realtà? Ma si vede anche scherzare, ammutolire, sopportare disagi, cercare di non pensare, sognare, tornare al dovere, vivere insomma nell’assurdo modo imposto da una guerra che non andava bene e toccava anche la popolazione civile.
Il film è di guerra, ma solo in parte legato all’ambiente sottomarino, perché inizia col breve rientro a terra di un equipaggio e si dispiega nei diversi vissuti di alcuni personaggi in licenza. In ogni storia, sempre credibile e umana, ci sono minuzie e atteggiamenti a ricordare l’onnipresente conflitto in corso e la diversità di vita, di valori e desideri. Ci ritroviamo immersi in un presente coinvolgente che è il più riuscito dei documentari mai visti, quasi didattico nel farci capire in un attimo la vita delle precedenti generazioni durante un dramma, dove la vita continuava.
De Robertis mostra qui un’ evoluzione nella regia, rispetto al più sottomarino “Uomini sul fondo”, che aveva evidenti obiettivi dimostrativi e positivi, focalizzati sull’apparato tecnologico e militare. In Alfa Tau l’accento si sposta sulla vita civile, dove ci sembra cogliere spirito di adattamento, fiducia, e più realismo, ad esempio, per i danni urbani e il ripararsi nei rifugi antiaerei, conseguenze di bombardamenti che certo non piacevano al regime. I passaggi fra le storie sono agili e moderni, cogliendo aspetti visivi che le correlano. Se la licenza è per tutti, differente è il modo di spenderla e il bilancio conclusivo è spesso ridotto rispetto alle attese. Si torna dunque al sommergibile, senza esaltazioni quasi con calma triste.
L’azione, improvvisa, rapida, essenziale, rompe l’atmosfera a cui ci siamo abituati perché ha il ritmo del combattimento che non lascia tempo a nessuno. Nella missione l’evento culminante è il fatto vero del vecchio sommergibile Toti che affondò l’avversario Triad in uno scontro ravvicinato in superficie, senza alcun superstite. Le differenze di situazioni e reazioni rispetto alla licenza sono notevoli ma vengono affrontate dai protagonisti senza esitazioni come prevista accettazione del dovere. Il senso del dovere esisteva davvero, senza retorica, si tratta solo di esporlo com’era: la morte (vera) dell’attore e del suo (vero) equipaggio al di fuori del film sono fatti storici, che chiudono la nostra riflessione, anche se hanno poco a che fare con una valutazione strettamente cinematografica.
La pellicola presenta tuttavia un realismo dimostrato dai fatti, avvenuto durante il regime fascista, senza concessioni al regime stesso. Probabilmente la realtà, priva di una retorica ma anche di una velata critica al regime, rese la pellicola al di sopra di pretese propagandistiche oppure di ritocchi di censura. Ci è dunque arrivato indenne dalle due più frequenti aberrazioni. Non si deve pensare per questo che il film sia freddo, opprimente e serio, senza ironie e guizzi. Alcuni dialoghi, con le cortesie e schermaglie, frasi inconsuete, ci possono sembrare strani ma riflettono invece l’attualità di quell’epoca dove si sapeva essere gentili e misurati.
Ci sembra neorealismo, prima che si teorizzasse questo termine o se ne salutasse la nascita. Riteniamo che sia un film importante, da vedere, sia per la qualità che per gli aspetti documentari. Per questo valore storico avremmo dovuto vederlo sui media di grande diffusione, senza pregiudizi per il regime da cui proviene. Meriterebbe oltretutto un intelligente ed equilibrato dibattito su molte frasi lapidarie e sui dettagli eloquenti, perché vi è molta cura nei particolari, spesso protagonisti dei primi piani. Notevole la fotografia di Giuseppe Caracciolo.
Il sommergibile sotto attacco. Mitragliere Breda da 13,2 mm in azione contraerea. Bombardamento mentre i motori termici spingono l'unità a tutta forza.
Dettagli significativi
Alfa Tau è il messaggio in codice che significa affondamento di una unità nemica, quindi il miglior segnale che si aspetta di ricevere da un sommergibile che rientra. Purtroppo si ricevono anche messaggi drammatici come la scomparsa di una persona o addirittura di un battello, tragedie sottolineate proprio dalla normalità con cui avvengono giorno dopo giorno. Nella normalità bisogna aspettarsi sempre brutte notizie, bisogna occuparsi degli effetti personali di uno scomparso, oppure bisogna colmare i vuoti che si creano attorno, sia i posti alla mensa ufficiali, sia il presidio di una zona di mare dove un sommergibile è stato affondato. Quindi le licenze per i sopravvissuti sono sempre più rare e brevi. Il sommergibile X3 (nome di fantasia) è stato danneggiato ma sarà presto riparato, concedendo una brevissima licenza.
La base dei sommergibili con le molteplici situazioni e consuetudini è l’occasione per conoscere piccoli aspetti concreti e meno scontati della vita militare in guerra. Ad esempio, la coesistenza a mensa della posta e del rancio ci mostra il diverso comportamento di due marinai, diverse priorità che testimoniano diverse sensibilità. Anche l’ambientazione della vita civile e le riprese sul sommergibile sono interessanti.
Noi che vediamo oggi la pellicola possiamo cogliere mille dettagli autentici raramente memorizzati dalla Storia ufficiale. La lotta per prendere un taxi, l’oscuramento, i tagliandi per avere diritto al cibo al ristorante, le macerie, sono tutti veri o perlomeno credibili.
A bordo possiamo vedere l’ecoscandaglio, l’inclinometro, particolari del ponte, portelli, ancora, mitragliatrici e cannone in azione. Vediamo anche la confezione di “Galletta per sommergibile (tipo extra) UNICA” , immaginando quanto fosse commestibile, se non doveva assorbire l’umidità come quelle normali. Ogni dettaglio non è casuale. Possiamo capire dove e come il sommergibile nascondesse la barca a remi.
Al sommergibile capita di tutto: incontrarsi con una unità tedesca, impigliarsi e liberarsi manualmente di una mina, subire mitragliamenti, bombardamenti, siluramento da parte di velivoli, e lo scontro con un sommergibile avversario, con un campionario forse troppo numeroso in una sola missione per essere veritiero. C’è pure il soccorso a un idrovolante danneggiato, un Cant Z 506 che si può ammirare nei particolari, come per molte altre riprese di grande valore documentario, fondamentale pregio di questo film.
Dato che il film fu realizzato durante il conflitto, è normale attendersi che i mezzi avversari non siano britannici ma italiani: in effetti il sommergibile che viene affondato ha in distanza un profilo che ci sembra italiano. Logicamente il copione impone di sottolineare i valori bellici e non rinunciatari o disfattisti, sia per i civili che per i militari. Gli aviatori non vogliono abbandonare il loro prezioso idrovolante, con una storia di ricognizioni o di battaglie, e il comandante Zelich (nome in chiaro anche nel film) li accontenta. L’energica signora Italia che gestisce la pensione sostiene la Patria in tutti i modi, anche troppo. Chi sembra essersi imboscato è oggetto di scherno (probabilmente la realtà non era molto distante dal film). La retta via è chiara, ma la regia insiste di rado sull’aspetto morale e patriottico, preferendo ironizzare o passare ad altro.
L’atmosfera generale non diviene dunque solenne e pesante, perché alleggerita di frequente da reazioni spontanee, umane, talvolta divertenti. E’ un film che si può vedere, e anche rivedere, con chiavi di lettura diverse. Ad esempio, le rapide battute scambiate in azione andrebbero riascoltate per capire meglio. Il guardiamarina che segnala in un istante l'assenza di personale sulla coperta del sommergibile nemico, dice tutto: sta per immergersi, temporaneamente vulnerabile e cieco, il momento giusto per silurarlo, prima che faccia altrettanto con chi è rimasto in superficie.
Richiami storici
Il Capitano di Corvetta Bruno Zelich (Zelick secondo altre fonti) era stato comandante del sommergibile Onice con cui aveva respinto l'attacco di un sommergibile britannico, con siluri e artiglierie. Zelich assunse nel 1942 il comando del sommergibile Sciré, sostituendo Junio Valerio Borghese. Borghese aveva assunto altre responsabilità, dopo aver condotto lo Sciré in tante missioni di assalto (tra cui quella che aveva comportato l'affondamento di due corazzate britanniche ad Alessandria). Molti membri di quel celebre equipaggio avevano rinunciato a cambiamenti di imbarco.
Il sommergibile era dotato di grandi cilindri contenitori per il trasporto dei mezzi d’assalto SLC, i “maiali” . Salpato da La Spezia e imbarcati a Lero gli equipaggi di assaltatori, dirigeva verso il porto di Haifa in Medio Oriente dove era previsto un attacco per il giorno 11 agosto 1942. Non dette più segnali, nemmeno dopo che era previsto riprendesse le comunicazioni. Dopo il conflitto si seppe che fu individuato con l’ecogoniometro e attaccato con bombe di profondità in un basso fondale di soli 30 metri. Venne in superficie, fu colpito dalle artiglierie e affondato, infine distrutto dalla corvetta Islay con altre bombe di profondità, con la perdita di tutto l’equipaggio (7 ufficiali, 15 sottufficiali, 27 sottocapi e comuni, 11 assaltatori).
Il sommergibile Enrico Toti (quello varato nel 1928 e poi demolito alla fine del conflitto mondiale), il 15/10/1940, al comando del Capitano di Corvetta Bandino Bandini, fu protagonista di un combattimento con un sommergibile britannico, prima ritenuto il Rainbow e poi identificato come il Triad. Il Toti procedeva in emersione quando avvistò l’unità nemica. Seguì un lungo scontro con le artiglierie, di circa mezz’ora, al termine del quale il Triad, mentre cercava di immergersi, fu silurato dal Toti, affondando senza superstiti.
Appunti
Sul Toti era stato mio padre, specialista di armi subacquee, negli anni trenta a Dakar. Sullo Sciré, il più famoso dei sommergibili, si sono svolte azioni importanti, l'ultima delle quali ci riporta al film, agli uomini del film. Quel relitto non è stato dimenticato. Sono stati recuperati i resti di chi vi perse la vita, mentre alcuni reperti sono stati portati in musei italiani. Il relitto è stato sigillato per evitare intrusioni. Il sommergibile è spezzato al centro in due tronconi e racconta gli ultimi istanti. Forse il comandante Zelich si trovava al centro. I siluri sono nei tubi di lancio, unica arma per difendersi, in quanto il cannone era stato rimosso per trasportare i mezzi d'assalto. Pare ci fossero dei sopravvissuti nelle zone stagne che stavano per salvarsi dalle garitte di salvataggio. Ma altre bombe di profondità in pochi metri non lasciarono scampo a nessuno. D'altra parte proprio quel piccolo battello era stato la causa dell'affondamento di due corazzate e forse si voleva la certezza di averlo distrutto. Italiani vanno a visitarlo oggi nel silenzio dei fondali.
"Film senza attori" (recensione)
Riportiamo alcuni contenuti di una recensione dell’epoca, dal titolo “FILM SENZA ATTORI”,apparsa il 10 gennaio 1943 sulla Illustrazione del Popolo – Annata XXIII Numero 2 – Supplemento della Gazzetta del Popolo (settimanale).
“Quei lettori che hanno assistito alla proiezione di Alfa Tau, realizzato dal Centro Cinematografico della Marina, avranno certamente notato che la testata del film non recava né il nome del regista né quello dei protagonisti. E se dell’autore del lavoro, il comandante De Robertis, i giornali potevano fornire qualche notizia, circa gli attori nessuno era riuscito a saper qualcosa.
Come già aveva fatto per “Uomini sul fondo” e per “La nave bianca”, il regista infatti si era servito per il suo lavoro di gente che non aveva mai recitato, che non era mai entrata in un teatro di posa…”
L’articolo ricorda che questa soluzione non è una novità citando alcuni precedenti. “Nanouk” diretto da Robert Flaherty nel 1922, girato in Alaska sulla vita degli indigeni (definito un documentario a scopo pubblicitario, per una Casa di pellicce). Poi la posizione di due registi russi Pudvokin e Eisenstein, contrari agli attori di professione. Si cita di quest’ultimo “La corazzata Potemkin”, sulla insurrezione di una nave della Marina zarista a Odessa. O la “Tragedia della miniera di Pabst”. Però si fa notare che in questi lavori i personaggi singoli non hanno ruoli di rilievo.
“Invece il regista italiano non solo ha voluto che gli interpreti fossero protagonisti della pellicola , ma è andato a scegliersi gente che nella realtà di ogni giorno vestisse gli stessi panni , dicesse le identiche parole, facesse le stesse cose, vivesse insomma la stessa vita che doveva poi vivere nel film.”
Così gli ufficiali di Marina hanno fatto le parti di ufficiale, con le stesse mansioni, nel film. Un metodo applicato rigidamente anche per gli altri interpreti. Da questo punto di vista bisogna considerare assolutamente originale e nuovo l’esperimento.
“Chi non ricorda il dolce viso pensoso della studentessa che il comandante sceso a terra incontra nella pensioncina in cui si rifugia? Ebbene anche nella vita la fanciulla è una studentessa di Napoli, così com’è una signora dell’aristocrazia colei che ne interpreta la parte nel lavoro a fianco dell’ufficiale in seconda.”
Ci si chiede se di questi attori sconosciuti si saprà mai il nome. Un critico dopo la Mostra di Venezia ha scritto che l’attore più interessante era il comandante del sommergibile (Zelich, il suo nome non viene citato nell’articolo). Si immagina che dopo questa esperienza gli interpreti abbiano ripreso la loro vita "normale" e al massimo possano divertirsi nel rivedersi al cinema.
“…sarà stato come un sogno, senza dubbio un bel sogno.”
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