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Scrivici |Emozioni di Storia in Normandia
- Lo sbarco e la battaglia -
Bandiere al Memorial di Caen. Foto Trentoincina.
Un grande luogo della memoria
Oggi in Normandia la Storia della Seconda Guerra Mondiale è viva e vicina. Eravamo già stati in questi luoghi molti anni fa. Ora non si visitano solo le zone dello sbarco, la più celebre operazione militare del secolo, ma anche il teatro dell’intera “Battaglia di Normandia” che si svolse durante l’estate 1944 e che causò ancora più vittime, in scontri individuali e di mezzi corazzati, tra bombardamenti e contrattacchi. Dopo le celebri spiagge e i siti de “Il giorno più lungo”, molti luoghi e villaggi martoriati dalla guerra hanno ricordato e costruito musei, memorial, con percorsi e segnalazioni. Tutta la regione è divenuta quindi un immenso luogo della memoria, che recupera e coltiva ogni dettaglio della Storia. Invece di “voltare pagina” e dimenticare, al contrario è giunto il momento di ricordare, perché centinaia di migliaia di persone, vecchie e giovani, vogliono sapere. E’ una storia che unisce invece di dividere, perché (come si legge nel cimitero tedesco) i cimiteri sono la più efficace propaganda per la pace. Lo confermano le tante nazionalità dei visitatori, le bandiere alleate e tedesche affiancate nel vento.
Arromanches les Bains: resti del Mulberry il porto prefabbricato. Foto Trentoincina.
Abbiamo visto i relitti trovati sul fondo del mare, i resti dei porti prefabbricati, i crateri dei bombardamenti della Marina, i mezzi corazzati, le divise, le armi, gli ordigni. Siamo stati coinvolti da nuove forme di comunicazione della Storia. Eravamo nel bunker a fianco degli artiglieri tedeschi che tiravano sulle spiagge, nel fumo dell’esplosivo tra gli assordanti colpi del grosso calibro e il rotolare dei bossoli, sentendo all’improvviso alle nostre spalle le voci inglesi dei commandos, i colpi delle bombe a mano, i lampi delle raffiche degli Sten sempre più vicini e le urla prima che ci arrivassero addosso, dopo l’ultimo angolo del corridoio, chiedendoci se sarebbe bastato alzare le mani. Ma potevamo anche trovarci su un mezzo da sbarco nel mare grosso o in picchiata su un Typhoon che bersagliava di razzi un panzer. Muoversi sferragliando tra le mucche, a bordo di uno Sherman, chiedendosi se troveremo un Panzerfaust dietro il bocage. Voltiamo la testa e vediamo la torretta del nostro carro, è proprio uno Sherman. Si vedono i chirurghi che suturano le ferite, i soldati che cadono, falciati per davvero. I resti dei passeggeri dei veicoli, fra le migliaia di morti della sacca di Falaise, che ora trova finalmente il suo spazio nella memoria. Foto mai viste. Ecco gli occhi stanchi e tristi di un GI americano, gli occhi chiari e disperati di un tedesco alzati verso un cielo senza Luftwaffe. Sorrisi che commuovono, occhi di vetro che annientano. Impossibile essere impassibili, in un’alternanza continua di emozioni che fa capire l’orrore della guerra, ma anche il sacrificio di tanti, la fragile fortuna di oggi. Non avevamo mai visto la guerra così.
Rovine dei bunker distrutti dai bombardamenti alla Pointe du Hoc. Foto Trentoincina.
Se i cimiteri sono il luogo classico di visita, dopo quelli da diecimila o ventimila morti, ora sono segnalati e si visitano anche quelli minori, angoli curati e ricchi di fiori, scoprendo quanti aviatori o genieri, carristi e marinai, abbiano perso la vita in quella drammatica estate dove nessuno poteva fermarsi. Il grande e diffuso lavoro di recupero ha perfezionato molti musei che ora sono luoghi completi di intrattenimento a piena giornata, ha permesso di reperire infinito materiale donato da privati, ha integrato oggetti con racconti e testimonianze. Si è cercato fino in fondo e si sono trovati veterani che sono tornati lì a fornire dettagli impensabili. Si può stare immersi per settimane nella guerra dimenticando abbazie, castelli, fiori, cavalli, panorami, di cui è ricca la regione. Nelle Chambres d’Hote (bed and breakfast) capita che viaggiatori di ogni nazione si scambino consigli su dove vedere un anfibio, o che un’inglese chieda dove è sbarcato il suo reggimento. Oppure l’ospitalità consente di maneggiare un Mauser o soppesare un mitragliatore Bren. Per non parlare dell’universo di pubblicazioni, fotografie, mappe, resoconti, documenti, filmati, militaria. Se parli di Villers Bockage e del Tiger di Wittman, il padrone di casa tira fuori il libro con la sua storia, e finalmente abbiamo capito come morì un comandante tedesco che aveva distrutto trecento carri. Scopriamo che le città della Normandia sono spesso nuove, ricostruite perfettamente pietra su pietra come nel medioevo. Se Aunay sur Odon ci sembra avere un campanile nuovo, scopriamo nelle foto che non erano rimasti edifici sopra il mezzo metro di altezza e che il campanile era l’unico, ma veramente l’unico oggetto rimasto in piedi, pericolante. Ma oggi non ci sono più macerie e nemmeno trascuratezza, in una Normandia bella, curata, affascinante, che ha deciso di fare della Storia recente una grande attrattiva.
Relitto di carro armato Sherman DD (Double Drive) provvisto di eliche e galleggiante per navigare sino a terra. Port en Bessin, Museo dei relitti sottomarini. Foto Trentoincina.
Addendum alla pagina: Un nuovo rapporto con la Storia in Normandia e forse altrove
Abbiamo già descritto come la Normandia abbia trasformato la storia della seconda guerra mondiale in una attrazione turistica. Certamente molti possono trovare noiosa a priori l’idea di vedere in vacanza cimiteri e ricordi di guerra per giorni o settimane. Ma la Normandia ha saputo creare un mondo così vivo, vario e coinvolgente che anche gli scettici possono scoprirsi interessati. Essere in tanti, in una comunità cosmopolita e di tutte le età, modifica l’atteggiamento di visita. Questa visione nuova, estesa, positiva della Storia deve far riflettere. Ogni luogo, anche in Italia, che abbia un sofferto passato bellico potrebbe recuperarlo e creare un luogo della memoria, pensato per i visitatori e non un semplice magazzino di polverosi reperti. Anche se non vi fosse materiale originale come dote di partenza, l’importante è creare un polo che attragga ricordi, immagini, racconti, tracce. Gli investimenti sono pure il frutto di un progetto, di un volano che si mette in moto poco per volta e tramite il turismo, finanzia se stesso. L’entusiasmo e la convinzione, la qualità e l’impegno della presentazione sono pure importanti. Sappiamo che in Italia accanto a vecchi musei interessanti e ben dotati si sta cercando di sviluppare nuovi musei con criteri più aggiornati. Appunto, il successo della Storia in Normandia è una strada da seguire, con molti suggerimenti per una evoluzione del concetto di “museo storico”. In questa pagina accenniamo ad alcuni elementi di questo scenario, che sono anche esempi stimolanti. Riferimenti a qualche anno fa (2006).
Qui riposano
Si pensa sempre ai cimiteri come luoghi tristi e privati. Ma dove la tragedia è stata enorme e condivisa, la visita assume significati diversi: primo fra tutti è l’impegno a non dimenticare. Il cimitero americano di Colleville sur mer è il più scenografico e visitato, con le migliaia di croci di marmo bianco, proprio sopra la spiaggia di Omaha. Oltre al nome e alla data di morte, è scolpita la provenienza e il reparto, molto evocativo per collocare il caduto nella dinamica della battaglia. Nel cimitero tedesco di La Cambe non si cita il reparto e si vede invece la data di nascita, coinvolgente poiché si può comprendere la giovane età, anche diciotto anni, il dramma nel dramma. Una lapide sul terreno per due caduti. Nei cimiteri britannici sulla croce è scolpito lo stemma del reggimento, simbolo della tradizione e spirito di corpo, forze collettive. Sono cimiteri più piccoli perché ogni tomba deve avere la sua rosa, come ci ha spiegato un inglese. Ognuno ha dunque il suo stile, in qualche modo correlato ai valori che si vogliono sottolineare. Ma attraversando la campagna ondulata e i villaggi, non esitate a fermarvi dovunque si vedano bandiere solitarie e lapidi, perché poche parole, tanti nomi, alcuni dettagli, lasciano tracce dentro di noi, minimo tributo a quelle vite spezzate.
L’ultimo Tigre
Del Tiger I , il più famoso e studiato carro armato di tutti i tempi, non è rimasto quasi niente. Nonostante ne siano stati fabbricati migliaia, furono distrutti in combattimento, oppure sabotati facendoli esplodere, o comunque demoliti a fine conflitto, in quanto superati e non mantenibili. Eppure 50 chilometri a sud est di Caen, a Vimoutiers, è possibile vedere uno dei pochissimi rimasti in Europa. Finito in una fossa e fatto esplodere dall’equipaggio, si salvò dalla demolizione postbellica perché costava troppo tirarlo fuori. Poi qualcuno capì cosa valeva ed ora, rimesso insieme, dotato di svincolo , parcheggio, cartelli, è dichiarato monumento nazionale (bisogna riflettere su questo esempio, noi che abbiamo buttato via tutto). Lo stato della carcassa non è eccellente, con una verniciatura non fedele, può deludere gli appassionati, ma è peraltro un reperto importante. Merita vederlo perché si percepisce cosa fosse a confronto dei carri pesanti alleati (che pesavano la metà). Di aspetto grezzo, minaccioso e massiccio, sembra un bunker. 56 tonnellate. Aveva dentro cinque uomini. Impressionanti gli spessori delle corazze e le saldature, i larghi cingoli, il potente cannone capace di distruggere ogni antagonista a un chilometro. Ci immaginiamo Wittman distruggere 25 carri armati in 5 minuti con questo formidabile strumento a Villers Bocage. Il Tiger I era comunque vulnerabile, e poche settimane dopo Wittman vi perse la vita a trent’anni con il suo equipaggio di veterani ventenni, proprio in queste campagne.
Il Memorial di Caen
E’ frequentato da migliaia di persone, grande, enciclopedico, capace di toccare ogni argomento e momento del novecento, pur concentrandosi sulla battaglia di Normandia. Una giornata non basterebbe per guardare tutto. C’è Enigma e le radio della Resistenza, la logistica dei porti Mulberry e dell’oleodotto Pluto sotto la Manica, la medicina di guerra e l’alimentazione, cielo mare, terra e sotto terra, occupazione e liberazione. Animazioni grafiche aiutano a capire dispiegamenti di forze, ritirate e contrattacchi. Documenti e filmati inediti. Vasta libreria e oggetti ricordo. Cafeteria e servizi. Nella hall un modello a grandezza naturale di un cacciabombardiere Typhoon dimostra che non è necessario possedere originali, perché quando si crede nel progetto e nel flusso di visitatori, si possono fare investimenti e ricostruire il passato.
Il vallo atlantico
Alla Pointe du Hoc è’ pericoloso avventurarsi sul precipizio, figurarsi scalarlo con qualcuno che ti spara addosso. Qui le navi da guerra scaricarono migliaia di tonnellate di esplosivo nella speranza di annientare bunker e batterie, prima che vi arrivassero i soldati. Immensi crateri e grandi blocchi di cemento fatti a pezzi raccontano l’inferno, in un paesaggio da mal di mare. A Merville i bunker sono meglio conservati e lo spettacolo “suoni e luci” ci mostra cosa significasse stare in quelle mortali trappole di cemento. A Longue sur mer si vedono i pochi pezzi d’artiglieria ancora al loro posto. A parte i luoghi più interessanti o trasformati in museo, ogni punto strategico e dominante presenta sempre qualche traccia di massicce costruzioni in cemento armato, facilmente riconoscibili nelle forme standard della Organizzazione Todt. Talvolta c’è un punto di osservazione per la direzione tiro (un bunker avanzato senza cannoni) o qualche “tobruk” (apertura nel cemento per una postazione di mitragliatrice). Gli ingombranti residuati di cemento sono stati ripuliti e restaurati, e sono un esempio di recupero perché si è capito che avevano un valore.
Le spiagge
Utah, Omaha, Gold, Juno, Sword, sono i nomi in codice delle spiagge, che sono rimasti. Ogni spiaggia ha il suo memorial o il suo luogo della memoria. Accanto ai corazzati, jeep, mezzi da sbarco, divise e militaria, spesso organizzati in ricostruzioni ambientali, si possono ammirare anche modellini o diorama dello scenario delle spiagge. Ad Arromanche, quando scende la marea si vedono ancora al largo gli ultimi giganteschi blocchi del porto prefabbricato in cemento Mulberry, trainati dall’Inghilterra e fatti affondare lì per costruire un porto che non c’era. Grande trovata di Churchill per rinunciare ai porti esistenti (pochi o piccoli) e portare lo sbarco dove i tedeschi lo aspettavano meno. Era un porto grande come quello di Dover. Sopra Arromanche il cinema a 360 gradi della battaglia di Normandia è molto visitato e difficile da descrivere: si tratta di un ottimo esempio di una attrazione “inventata” dal niente, esclusivamente legata alla fama del luogo.
Pegasus Bridge
Il ponte di Ranville-Bénouville doveva essere conquistato ad ogni costo. In seguito divenne un monumento, ribattezzato col nome di battaglia. Pertanto lo hanno messo da parte costruendoci un museo intorno. Al suo posto, un ponte nuovo, ovviamente uguale. Questo esempio misura l’importanza data ad un passato che ormai è vera Storia da preservare. Sul grigio metallo del ponte spiccano i “puppies” , i simboli di papaveri rossi che abbiamo visto ovunque, lasciati da chi ricorda, e abbiamo immaginato chi correva attraverso quel ponte, che offre davvero pochi ripari. Rimangono pochi frammenti degli alianti Horsa fracassati, ma hanno costruito un modello di aliante a grandezza naturale. Lo stesso edificio del museo ha la forma di un aliante.
Sainte Mère Eglise
Tutto il mondo ricorda la celebre scena de “Il Giorno più lungo” e su quella piazza, alzando gli occhi al campanile migliaia di persone vedono un paracadute impigliato con il paracadutista che si finge morto (è un manichino). Pure le vetrate della chiesa mescolano sacro e profano con i parà immortalati sul vetro. Nel museo c’è un aliante, con il Dakota che lo trainava. Questo è l’esempio di un paese divenuto famoso con un libro e con un film, ma l’aspetto notevole è stato sfruttare l’opportunità e valorizzarla.
Altri Musei
Il Memorial di Mont Ormel è collocato proprio sulle colline che chiusero la Sacca di Falaise, il luogo di accerchiamento e annientamento delle forze tedesche che risolse la battaglia di Normandia. Le forze alleate che controllarono quel passaggio, soprattutto polacchi, si trovarono in momenti molto difficili. La Sacca di Falaise creò per uscirne un “corridoio della morte” orribile, battuto dai bombardamenti e dagli attacchi aerei, che impressionò Heisenhower. Il museo si basa essenzialmente su un plastico, molte foto, un narratore degli eventi, la vista della pianura dove furono distrutti i resti di almeno quattordici divisioni. Un esempio di come, anche con pochi mezzi, si possa fare un museo storico. Il Museo Agosto 1944 di Falaise è una delle maggiori raccolte di mezzi e materiali, soprattutto tedeschi, non sempre apprezzabili per lo scarso spazio e le mediocri condizioni dell’edificio. Bomba volante V1, un panzer IV, pezzi da 88, il grande camion cingolato tedesco, tutti intatti... E’ forse una vecchia raccolta di un privato che cominciò per primo, un patrimonio non inserito nel vasto giro dei musei principali, più organizzati, ma forse meno dotati di analoga materia prima. E’ un esempio di grande potenziale: opportunamente rimodernato e allargato sarà stupendo.
Considerazioni finali
Abbiamo citato solo alcuni esempi, sufficienti per capire come la Normandia abbia trasformato in valore oggi la sua sfortuna di allora. Tutti hanno capito e tutti hanno collaborato. L’importante era creare luoghi della memoria, anche senza che fosse rimasto qualcosa. Ognuno ha donato i suoi reperti o quello che aveva in cantina, o sepolto in giardino. Fotografie, documenti, racconti, e poi ricostruzioni, animazioni e, se necessario, si sono procurati uno Sherman chissà dove o hanno costruito un modello a grandezza naturale. Ma il turista non se ne va deluso. Ha visto, ha ricordato, ha pensato. Vale la pena confrontare tutto ciò con la tradizione dei nostri musei italiani e immaginare di percorrere la stessa strada.
Qualche cifra per la Storia
Non c’è stato solo lo sbarco. Per avere un’idea della portata della Battaglia di Normandia, forniamo qualche cifra. Gli alleati sbarcarono due milioni di uomini e donne, mezzo milione di veicoli, tre milioni di tonnellate di materiale, vincendo le forze tedesche dopo 75 giorni. Ebbero in questa battaglia 40.000 morti, 200.000 feriti, 16.000 dispersi. I tedeschi persero 25 delle 38 divisioni impiegate, con 55.000 morti, 140.000 feriti, 200.000 prigionieri, lasciando sul terreno 1.500 carri armati, 2.000 cannoni e 20.000 veicoli. 19.000 civili morirono in quelle dieci settimane. Dati provenienti da “Le Débarquement et la Bataille de Normandie” – J.B.Moreau – Le Mémorial de Caen - 2004.
Qualche altro dato. Nel giorno dello sbarco erano presenti 96.000 marinai alleati con 6.480 navi grandi e piccole, di cui 59 furono affondate nel mese. Gli alleati ebbero 10.800 morti nel primo giorno (il giorno più lungo). Per i porti artificiali furono impiegate 50.000 tonnellate di acciaio e 600.000 tonnellate di cemento. 8536 morti e dispersi dell’aviazione americana e 8178 dell’aviazione britannica (fino al 29 agosto). Nella Manche si contavano 130.000 abitanti senza casa, a fine estate 1944.; dopo la fine dei combattimenti, ci furono 53 morti civili per esplosioni di residuati bellici tra metà agosto e settembre. In totale furono rimosse e disattivate 778.209 mine, 714.874 proiettili, 178.657 granate, 20.901 ostacoli in mare, 1.495 bombe. Dati provenienti da “Au nom de la liberté” – La Presse de la Manche – Cherbourg 2004.
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