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Scrivici |Testimonianze sull’affondamento dell’Espero
- La ricostruzione degli avvenimenti sulla base di pubblicazioni dell'epoca e testimonianze. -
“Fine gloriosa del C.T.Espero” del Capitano G.Pennesi – Gioventù Italiana del Littorio – Roma (anno XX – 1942) – Disegni di V.Pisani
Il dramma dell’Espero, oltre all’affondamento in combattimento, proseguì con le vicende dei naufraghi che rimasero anche tredici giorni in mare, con ulteriori vittime, prima di essere soccorsi. Dei 43 superstiti totali non sappiamo quanti siano stati fatti prigionieri e quanti si trovassero sulle zattere di salvataggio. Il Capo Cannoniere Franco Lomastro, addetto al complesso di prora, fu tra quelli che non si fecero catturare e riportò un racconto sia del combattimento che dell’odissea sulla zattera, a cui scamparono soltanto in 6 su 36. Nel 1942 venne pubblicata dalla Gioventù Italiana del Littorio la monografia “Fine gloriosa del C.T. Espero”, scritta dal Capitano G.Pennesi, probabilmente basata sul racconto di Lomastro e altre testimonianze. Ci sono tuttavia alcune differenze, soprattutto nel combattimento, forse dovuti all’intento celebrativo della monografia in pieno periodo bellico. Nella monografia si parla di crociera di vigilanza e del desiderio di incontrare il nemico, mentre è probabile che non si volesse farlo se si trattava di un trasporto veloce di truppe e materiali; si racconta anche del lancio del siluro, poco probabile data la distanza di 18.000 metri, e forse solo accennato per tenere a distanza gli incrociatori. Anche la nebbia artificiale sarebbe stata emessa. La natura della missione e l’effettivo lancio di siluri non sono comunque indicati nella motivazione della Medaglia d’Oro riportata sulla monografia. A parte queste differenze, la monografia si attiene ai fatti descritti da Lomastro, riportati di recente su Navi e Marinai, volume III, pubblicato nel 1979. Non si parla delle altre unità italiane (segreto militare o enfasi sull’eroismo dell’unità rimasta sola), ma sulla cartolina contemporanea da noi pubblicata si afferma che l’Espero comandava una squadriglia di cacciatorpediniere. Inoltre ci sono altre piccole differenze o informazioni in più rispetto alla versione proveniente da Luis De La Sierra. In definitiva, per un fatto epico e molto commentato è inevitabile che ci siano varie differenze tra le versioni riportate.
28 giugno 1940: verso le 11.30 e poi alle 16.30 viene avvistato un velivolo da bombardamento inglese, che si allontana.
“Verso le ore 18, è arrivata una salva a quattrocento-cinquecento metri sul lato sinistro e dopo un po’ un’altra salva distante circa 500 metri sul lato dritto. Il nemico non era ancora visibile. Appena arrivata la prima salva è stata aumentata la velocità, continuando a mantenere la stessa rotta. Verso le 18.10 sono state avvistate alcune unità sul lato sinistro verso poppa e il direttore del tiro ha fatto brandeggiare le artiglierie su di esse. Subito dopo è stato iniziato il tiro.” (Lomastro)
“Tra la pioggia dei proietti l’Espero procede a zig-zag per rendere difficile la regolazione del tiro nemico. Il comandante guarda i colpi che piovono attorno alla sua nave; li osserva con occhio tecnico, considerandoli solo come elementi necessari ai suoi calcoli per toccare opportunamente il timone. Le distanze sono andate a mano a mano accorciandosi. Il telemetro le ripete al S.T.V Corsetti, che reagisce colle sue artiglierie al violento tiro avversario. La forza nemica ha manovrato a lungo per eseguire l’aggiramento della nave: tre incrociatori si avvicinano dal lato sinistro, due dal lato dritto, mentre due caccia si dispongono di poppa alla nostra unità…Una voce dall’osteriggio di macchina grida: -imbarchiamo acqua. - L’Espero ha ricevuto un colpo a bordo. I suoi pezzi continuano a sparare tutti con furia; ma la nave perde sensibilmente velocità ed avanza con fatica. Una nuova salva la colpisce. Attaccato al telefono il Direttore di Macchina comunica: - Comandante, abbiamo spenta la caldaia n. 1. – Qualche minuto dopo si ordina dalla plancia: - Poppa nebbia! – Un nastro denso di fumo rotola dai nebbiogeni sull’acqua, occultando al nemico la snella sagoma della torpediniera. – Colpo nella caldaia n. 2! – dice ancora la voce del D.M.:immediatamente dal ponte si chiede: - Domando se può ancora funzionare. – Stiamo provvedendo. Credo di no…” (Pennesi)
“Il nostro tiro tuttavia continuava. Poco dopo le unità che si trovavano sulla sinistra hanno cessato il fuoco e quasi contemporaneamente anche l’Espero ha cessato il fuoco su di loro; ma il tiro è stato ripreso dalle unità sulla dritta. Ho avuto la sensazione di aver messo a bordo di un incrociatore la seconda salva perché ho visto una fiammata e ho sentito qualcuno dell’equipaggio che gridava: - l’abbiamo colpito. – Il Comandante era sempre in plancia e ha detto: - Bravissimi, continuate così. – e rivolgendosi a me: - segui sempre la caduta dei proiettili.- Ho accelerato al massimo il tiro, dato che le munizioni mi arrivavano dal deposito in modo continuo e rapido. L’Espero era stato nel frattempo colpito sempre verso poppa. Il complesso di prora ha continuato a far fuoco finché ha potuto, cioè fino all’esaurimento delle munizioni, L’Espero era ormai quasi fermo e gli inglesi continuavano a sparare, avvicinandosi sempre più. Il Comandante era sceso dalla plancia e rincuorava i marinai, invitandoli a mantenere la calma e prepararsi per il salvataggio. Allora mi sono diretto in plancia…mentre salivo la scaletta è passato accanto a me un proiettile e lo spostamento d’aria mi ha gettato per terra. Quindi il proiettile stesso è esploso in sala nautica. ” (Lomastro)
Vi sono ormai molti morti e feriti. Il bastimento non sembra molto danneggiato, poiché non si notano squarci o sovrastrutture crollate ma solo fori nei fumaioli e nella tuga. Vengono messe a mare tre zattere sul lato sinistro.
“Mi sono nuovamente recato dal Comandante che stava ancora sul castello, dicendogli che era rimasta sottobordo una zattera e invitandolo a salvarsi. Egli scuoteva il capo senza rispondere. Alle mie insistenze mi ha ordinato di vedere se c’era ancora a bordo qualcuno da sbarcare e poi di salvarmi io stesso…il bastimento continuava a sbandare sulla sinistra e allora abbiamo cercato di allontanarci con la zattera…continuavano sempre a sparare; poco dopo l’Espero si è raddrizzato poi si è sbandato sulla dritta. Successivamente dai fumaioli si sono levate fiamme. Gli Inglesi hanno contemporaneamente cessato il tiro, intanto era sceso il crepuscolo. Non volendo farci prendere prigionieri, abbiamo fatto il possibile per allontanarci.” (Lomastro).
Ci sono 36 persone sulla zattera di Lomastro, in parte aggrappati fuori bordo che si danno il cambio. Manca cibo e acqua e molti si perdono nel buio. Altre zattere si avvistano e si avvicinano ma non possono legarsi fra loro per timore di rompere le camere d’aria. Un gabbiano viene ucciso e mangiato. Si vedono pescicani. Sono omai ridotti in 7 quando viene trovata una lancia con riserve d’acqua. Un morto viene gettato a mare. Dopo dieci giorni passa un aereo e poi ancora un altro il giorno dopo, a cui vengono fatte segnalazioni. Ancora nessun soccorso, fino al tredicesimo giorno, quando sfiniti sentono all’improvviso un rumore di ventilatori. C’è il Regio Sommergibile Topazio vicino a loro.
Medaglia commemorativa dell'Espero. Al diritto: Cacciatorpediniere Espero. Al verso, il motto della nave: VENTI IMPETU DELENDO RUO (con l'impeto del vento mi precipito distruggendo). Fotografia Claudio Provana, che ricevette in dono la medaglia dal fratello di Angelo Arrigoni..
Ringraziamo il Signor Claudio Provana che, in ricordo del sottocapocannoniere Angelo Arrigoni nato a Cisliano (Mi) nel 1917 e deceduto sull'Espero, ci ha fatto avere cortesemente copia del raro volumetto del 1942, da cui abbiamo tratto alcune immagini.
Il Sottocapo Cannoniere Angelo Arrigoni (Fotografia Claudio Provana)
Grazie al documento, abbiamo potuto fare confronti con la testimonianza di Lomastro riportata in “Navi e Marinali” Vol.III e con i dettagli del libro di Luis De La Sierra “La guerra navale del Mediterraneo”, evidenziando le differenze. Abbiamo voluto riportare alcune parti dello scarno racconto di Lomastro che probabilmente è stato utilizzato come base per la pubblicazione del 1942.
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