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Scrivici |Salvate il soldato Ryan
- Salvate il soldato Ryan (Saving Private Ryan) – con Tom Hanks – Regia di Steven Spielberg - 1998 -
Avvertiamo che possono esserci rivelazioni sulla trama e sul finale.
La professionalità di Spielberg nel trattare con accuratezza e fedeltà ogni contesto emerge in questo celebre film sullo sbarco in Normandia. Il filo conduttore è quasi un pretesto e la pellicola è in definitiva una serie di aneddoti, di situazioni belliche, quasi autonome, in cui la guerra viene raccontata in modo diverso dai luoghi comuni del genere. E’ evidente il tentativo, abbastanza riuscito, di trasmettere la crudezza della realtà, angoscia e violenza incluse. Lo sbarco e la strage sotto la mitragliatrice tedesca riassumono l’assurdità del farsi sparare addosso, il passaggio obbligato ed esposto di ogni azione militare prima di raggiungere il vantaggio. C’è l’impotenza dei compagni che non riescono a salvare la vita di un amico colpito. Il cecchino dallo sguardo calmo e triste, impegnato in un crudele tiro al bersaglio che si conclude con la sua morte, sottolinea il ruolo che viene assegnato come una condanna, destino più forte dell’individuo. Il corpo a corpo, casa per casa, con la lama che penetra nel petto senza poterla fermare, presenta un diverso modo di morire, faccia a faccia con chi ti uccide. Ci si può trovare di fronte al nemico all’improvviso, con un muro che cade, e anche non volendo ci si spara l’un l’altro. Le medagliette, una per ogni morto, simboleggiano le persone divenute numeri, oggetti per chi le tratta, funesto presagio per chi va al fronte. Vediamo anche uccidere almeno tre volte prigionieri con le mani alzate, sgradevole ma inevitabile realtà, di cui si abbozza una spiegazione. Dunque Spielberg dispone ogni quadro per riportarci alle origini, lasciando che i fatti esposti parlino da soli, con l’eroismo sostituito dal senso di responsabilità e dalla paura che blocca le gambe, molto più frequenti nella guerra fatta sul serio. Per riprodurre le emozioni e i drammi vengono usati dettagli e ricostruzioni di qualità (segnaliamo per la prima volta la rarità di un carro Tigre), come può permettersi un film di questo livello. Forse manca il punto di vista degli avversari, i drammi degli altri che certo ebbero le loro tragedie, senza la consolazione che servissero a qualcosa. Se era brutto trovarsi sulla spiaggia, era brutto anche trovarsi in un bunker senza speranza. Forse lo spazio si era esaurito e il film (americano) non rinuncia alla celebrazione morale, alla spiegazione del perché. A parte questo conformismo, è un film da vedere, dove alcune scene restano scolpite nella memoria.
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