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Scrivici |Italia e Cina
- La concessione internazionale di Tientsin e la presenza italiana -
Il settlement internazionale a Shanghai, visto dal Wan Poo nel 1932
Quanto esposto non pretende di rappresentare la storia ufficiale, ma solo
il punto di vista degli autori. E' soggettivo e può
contenere errori o imprecisioni, per cui si suggerisce di non usarlo per
ricerche e di rivolgersi a testi storici più qualificati.
Alcuni sono indicati in Bibliografia.
Rapporti tra Italia e Cina
Nel corso dell'Ottocento il Regno di Sardegna aveva aperto dei consolati in Cina, a Canton e Shanghai, con consoli stranieri come rappresentanti. Il 26 Ottobre 1866, mentre l'Italia era impegnata nell'unificazione, fu stipulato un Trattato di commercio e navigazione con la Cina, ampliando i rapporti commerciali e diplomatici. I trattati erano indispensabili per commerciare, essere presenti, difendere i propri interessi tra popoli di lingua e mentalità tanto diversi. Ma non era sufficiente: ci voleva una concessione, un "settlement", cioè un territorio anche piccolo dove essere sovrani, senza intrusioni, protetti da soldati in armi, autorizzati ad usarle. La patria era troppo lontana, e ci voleva un posto dove stare. Sul finire del secolo l'Italia aveva tentato più volte di ottenere una concessione come avevano fatto le grandi potenze, ma non c'era riuscita. L'occasione si presentò con la rivolta dei Boxers, setta xenofoba contraria alla presenza degli occidentali, missionari, mercanti o diplomatici. Le violenze agli stranieri resero necessario un intervento militare o ne furono il pretesto. Qualcuno ricorderà l'assedio del film "55 giorni a Pechino" che narra quelle vicende. L'Italia partecipò alla guerra delle potenze per tutelare i connazionali presenti in Cina, prima con 42 soldati, poi con circa 2.000 su un corpo di spedizione internazionale di 15.000 uomini. Al termine della guerra, nel 1902, l'imperatrice Tsu Tsi fu costretta a cedere una ventina di concessioni alle potenze vincitrici, e quella di Tientsin venne data all'Italia. Era un'area di mezzo chilometro quadrato (447.467 metri quadrati), che rimase italiana fino al 1947. Si poteva mantenere un contingente, e accedere anche ai quartieri internazionali di Shanghai.
Inoltre l'Italia aveva maturato un credito nei confronti della Cina per le ingenti indennità di guerra. Dopo la prima guerra mondiale, si aggiunsero i crediti e le attività economiche e industriali ereditate dall'impero austroungarico. Così, oltre alla presenza di decine di aziende italiane, vi fu l'apertura di istituti di credito legati al traffico finanziario e commerciale di import/export.
Rovine nel quartiere di Chapey a Shanghai
Nel frattempo in Cina crescevano rivolte e separatismi. Nel 1911 fu proclamata la Repubblica, contro la dinastia Manciu. Nel 1927 le forze comuniste e nazionaliste entrarono in conflitto, e poco dopo Mao Tse-tung cominciò la guerriglia.
Siamo ormai nel 1931, con l'inizio della guerra cino-giapponese e la conquista della Manciuria da parte del Giappone. Nel 1932, anno della missione del Trento, i giapponesi attaccarono Shanghai.
Negli anni successivi, il nazionalista Ciang Kai-Scek accettò di allearsi con i comunisti. La resa del Giappone nel 1945 e la sua scomparsa dal teatro cinese, aprì la strada alla Repubblica Popolare Cinese, mentre i nazionalisti si ritirarono a Formosa (Taiwan).
Biglietto da visita dell'epoca
Continua...
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