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Scrivici |Navi e Aerei di Mezzo Giugno
- I mezzi aeronavali impiegati nella battaglia -
Forze navali
Consulta nel database Trentoincina la lista delle
Navi e unità , italiane e straniere, coinvolte nella battaglia di Mezzo Giugno 1942.
Forze aeree
Consulta nel database Trentoincina i principali Aerei coinvolti nella battaglia di Mezzo Giugno 1942.
Bombardieri tedeschi da picchiata Ju.87 "Stuka", con le insegne della Regia Aeronautica. Sono i "picchiatelli". 7 Anni di guerra.
L'impiego dei velivoli nella battaglia
Le forze italiane si basavano su un bombardiere, il Savoia Marchetti SM 79 , eccellente a metà degli anni ’30, titolare di vari primati, che risultò però superato nel trascorrere della guerra. Fu il migliore aerosilurante italiano. Alla battaglia partecipavano anche gli SM 81 e i Cant.Z. La caccia era costituita per la maggior parte dai vecchi biplani Fiat CR 42, che si battevano con sorprendente efficacia ma erano inferiori come velocità ed armamento. Anche la loro offesa alle navi era insufficiente. I Macchi MC 202 erano invece all’altezza dei migliori antagonisti, ed essendo giunti in azione più tardi erano in numero troppo limitato rispetto alle esigenze. Venivano ancora impiegati i famosi Stuka tedeschi, anche dagli italiani, con la loro tipica precisione; tuttavia erano esposti ad attacchi per lentezza e scarsità di armi. I bombardieri Junkers 88 erano in grado di difendersi meglio. Il caccia Messerschmitt 109, piccolo, robusto, veloce e dotato di cannoncini a tiro rapido era un caccia efficace e temuto. Come il Macchi, risultava superiore agli Hurricane e i Britannici iniziavano a schierare gli Spitfire per recuperare lo svantaggio. L’attacco alle navi veniva compiuto tramite aerosiluranti come il Bristol Beaufort, abbastanza veloce e robusto. Vi erano anche i Bristol Beaufighter e i Wellington. Fa categoria a sé il Liberator quadrimotore americano (qui nelle prime apparizioni in Europa) che per carico offensivo, velocità ed armamento, permetteva di effettuare un bombardamento pericoloso e massiccio contro le forze navali.
Nella battaglia si confrontavano nell’aria modalità di attacco diverse. La tecnica tedesca della picchiata era sicuramente la più precisa, ma anche la più rischiosa e carica di sollecitazioni per i piloti. Il bombardamento tradizionale in quota, con traiettoria orizzontale, veniva praticato ancora dalla Regia Aeronautica, ma l’evoluzione delle armi navali rendeva necessario non volare troppo bassi e quindi riduceva precisione ed efficacia. Bisognava aumentare il numero degli ordigni, per coprire il bersaglio, e questo veniva fatto meglio con le squadriglie di quadrimotori americani, che potevano permettersi di volare più alti. Quest’ultima tecnica avrebbe dato i migliori risultati nei porti con navi ferme. In ogni caso non potevano volare tanto alti da sottrarsi ai caccia più potenti e armati. In fin dei conti l’attacco aerosilurante, predominante per i Britannici e praticato anche dagli Italiani, era più efficiente. Per quanto riguarda la caccia, la scarsa autonomia consentiva di trattenersi troppo poco sul teatro di battaglia: accompagnava quindi i bombardieri per proteggerli nel loro viaggio, ma non poteva assicurare protezione continua alle navi. Qui si apprezzava la presenza delle portaerei. La caccia poteva essere molto utile per allontanare pericolosi aerosiluranti, magari all’imbrunire o all’alba, ma il sincronismo per averli in zona all’ora giusta avrebbe dovuto essere calibrato dai comandi navali e non da altri, confermando la necessità di un’aviazione navale, dipendente solo dalla Marina. Anche i ricognitori erano determinanti ma quelli catapultati dalle navi da guerra erano troppo pochi, venivano abbattuti perché inferiori ai caccia di più alte prestazioni, e c’era la necessità di nuovi occhi per vedere, lanciandone altri dalle portaerei, secondo l’andamento degli eventi.
La Battaglia di Mezzo Giugno coinvolse diverse centinaia di aerei, di cui almeno settanta non fecero ritorno: 28 italiani, 14 tedeschi, 30 inglesi.
La Regia Aeronautica
...L’Italia poté impegnare nel conflitto un totale di 10.000 aeroplani, tra quelli che aveva prima e quelli che riuscì a costruire dopo il 1940. I termini di paragone sono spaventosi. Non sappiamo con esattezza la cifra della produzione in Germania e in Giappone, ma sappiamo che la prima perse 57.000 aeroplani e il secondo 50.000. La Gran Bretagna costruì più di 150.000 aerei e gli Stati Uniti l’incredibile cifra di 294.000. Non occorre dire altro per giustificare l’affermazione che gli aviatori italiani hanno compiuto un miracolo a combattere per tre anni...
M.W. McFarlane, esperto militare americano.
Qualità e quantità, tecnologia e diffusione industriale
L'Italia, oltre ai vecchi biplani, avrebbe potuto avere gli aerei a reazione e le "fortezze volanti". Il Caproni - Campini a reazione aveva volato prima del conflitto mondiale, ma solo i tedeschi fecero dell'aereo a reazione un'arma reale di punta. Il Piaggio P100 era uno dei bombardieri quadrimotori di grandi dimensioni dell'epoca, come il Condor tedesco o il B17 americano, ma solo gli angloamericani fecero dei quadrimotori un'arma di grande efficacia. L'Italia aveva competenze tecnologiche di primo livello, ma la Seconda Guerra Mondiale rendeva necessario un apparato logistico e produttivo per applicare e diffondere le armi. L'artigianato e le idee dovevano trasformarsi in determinazione industriale. La Seconda Guerra Mondiale fu forse l'ultima delle guerre di massa e la prima delle guerre tecnologiche, punto di congiunzione tra passato e futuro. Il mondo sarebbe cambiato per sempre.
I biplani nel 1942
Sapere che gran parte della nostra caccia era ancora costituita dai biplani, lascia sorpresi e accredita l’immagine di una Aviazione sorpassata. Celebre è l’affermazione di un ufficiale inglese che, vedendoli, si dichiarava incerto se ridere di scherno o piangere di commozione. Tuttavia i biplani non vanno sottovalutati, anche perché la flotta italiana a Taranto era stata affondata proprio da aerosiluranti biplani Swordfish. I biplani Fiat nell’ultima versione avevano comunque una discreta velocità (sui 450 kmh), quanto basta per seguire un bimotore monoplano e abbatterlo (in un'immagine dell'epoca si vede appunto un biplano Fiat che abbatte un bombardiere inglese nel deserto). Inoltre piloti inesperti al comando di un veloce monoplano potevano rimanere traditi proprio dalla agilità e bassa velocità di un biplano. Bastava una brusca virata del biplano: se il monoplano non riusciva a seguirla, sbagliava il tiro, lo oltrepassava e ne diventava il bersaglio. La contabilità degli abbattimenti reciproci testimonia che i piloti italiani sapevano il loro mestiere e abbatterono diversi monoplani. L’Ammiragliato Britannico nel settembre 1941 registrò con stupore l’impresa di un biplano Fiat che si infilò al centro di una formazione navale, si fece sparare addosso dalla contraerea di tutte le navi, resistendo per sei lunghi minuti con acrobazie e poi si infilò in mare (non sappiamo se volontariamente: doveva essere malridotto). Lo scopo di questa follia non era irridere i cannonieri britannici, ma piuttosto distogliere l’attenzione dagli aerosiluranti italiani che sopraggiungevano dall’altra parte. Un aneddoto che mostra la combattività e spirito di sacrificio a cui potevano arrivare gli aviatori italiani, qualunque fossero i mezzi a disposizione. Nel corso del conflitto la Regia Aeronautica ebbe anche velivoli più competitivi, eccellenti monoplani da oltre seicento chilometri all’ora, ma la produzione bellica non riusciva a soddisfare il bisogno.
Continua...
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