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Scrivici |U-Boot 96
- Un film con Herbert Gronemeyer, Klaus Wennemann, Jurgen Prochnow -
Das Boot - Bavaria Atelier GmbH 1982 - Wolfgang Petersen
Avvertiamo che possono esserci rivelazioni sulla trama e sul finale.
Un film sugli U-boot tedeschi fatto dai tedeschi, soltanto da loro. Basterebbe già questo per attrarre l’attenzione e questo film eccellente avrebbe meritato più risonanza. Invece di una produzione congiunta, americana e tedesca, con attori famosi, che avrebbe garantito più successo e meno autenticità, alla fine si è preferito un film tutto tedesco, realistico e dalla vena amara, senza concessioni a momenti epici o cavallereschi, per mostrare come veramente fu la guerra sottomarina. L’atmosfera sfrenata del bordello, dove si vuole dimenticare il futuro e assaporare per l’ultima volta i piaceri, ci spinge a preferire la vita scomoda del mare. Si combatte per la Germania, con gli inevitabili dubbi, che non possono essere sciolti dalle vane parole di propaganda e si canta “It’s a long way to Tipperary”, facendo ugualmente la propria battaglia. C’è tutto, in ogni dettaglio, dalle pericolose rotte di casa ai quadrati assegnati, dalle tempeste agli attacchi, dai guasti all’angoscia crescente, inclusa la faccia della paura. Siamo nella seconda parte del conflitto, quando le difficoltà superavano i successi e ci voleva tanto coraggio, troppo. Le due vicende più drammatiche appaiono forse lunghe, ma sono veritiere e diventano volutamente insopportabili anche per lo spettatore. Il nemico non si vede mai, anche questo è reale, se non intravedendo naufraghi nel mare di fuoco e il sommergibile fa simbolicamente marcia indietro non potendo concedersi debolezze. Prima o poi qualcuno perde il controllo e il solido comandante perdona l’imperdonabile, ma nella successiva occasione è lui che si rassegna e chi vuole redimersi gli porta proprio la salvezza: cambiamento di ruoli per mostrare che sono tutti uomini con le loro debolezze. Dalla battaglia dell’Atlantico si passa all’ordine di raggiungere La Spezia, tentando di forzare Gibilterra. Pacchi di lettere accumulate senza poterle spedire, forse mai. Il contrasto con il personale della base evidenzia la distanza infinita dalla guerra comoda degli altri. La fotografia superlativa tra luci rembrandt e trasparenze, fughe e grandangoli, allarga le prospettive dello spazio chiuso. Particolari come le vibranti punterie dei diesel trasmettono l’idea di macchina come cosa viva, a cui si affida la vita. Tale è il sommergibile negli occhi del comandante, fino all’ultima sequenza. Un grande film di guerra, tra i migliori contro la guerra, anche nel finale sorprendente, realistico e tedesco.
Il film conosciuto da tutti è in realtà più breve dell'originale. Esiste infatti la versione completa del regista (director’s cut), restaurata e digitalizzata, decisamente superlativa. Nella versione originale, ora perfezionata, vi sono infatti molti passaggi che costruiscono meglio i personaggi, lasciano maggior spazio ai periodi di inattività che costruiscono la base di tensione per l’azione, aumentano il realismo, e forniscono ulteriori dettagli che sicuramente vengono apprezzati dagli appassionati di sommergibili. In questo film è stato speso molto nel curare particolari ed effetti speciali, poco evidenti all’esame superficiale ma fondamentali nel comporre l’effetto complessivo. La mutevole inclinazione dello sgocciolamento dell’acqua col rollio e il modo con cui tutti cadono allo scoppio delle bombe di profondità, non sono lasciati al caso. Gli spazi e gli ambienti sono reali, senza allargamenti e aperture funzionali alle riprese, claustrofobia vera, perché il riferimento della fedele ricostruzione è un U-boot sopravvissuto. Estenuanti e difficili le riprese in vasca e in esterni. Un film interamente tedesco, fatto con accuratezza tedesca, che non tradisce il libro da cui discende. La versione originale del regista è nettamente superiore anche per la finezza dei primi piani, di scene dove si parla con gli sguardi, gesti, risposte rivelatrici dei pensieri. Capolavori di recitazione cinematografica, risultati di uno stretto lavoro di gruppo, ed è facile credere che molti attori siano rimasti delusi dalla versione diffusa nel mondo. Si comprende perfettamente perché il tentativo di una produzione congiunta con gli americani si sia arenato di fronte alle divergenze. Cambiare gli antagonisti britannici e spostare l'anno di guerra, mettere Robert Redford o Paul Newman al comando, minava la qualità, lo trasformava in altro. Così i tedeschi hanno deciso di narrare da soli la loro storia. Il successo di pubblico è stato notevole in Germania, c’è anche una versione di sei ore per la televisione, ma è stato massacrato dalla critica nazionale. Secondo il regista non si accettava che si mostrassero combattenti tedeschi umani e non cattivi, in base al grande senso di colpa tedesco che impone un modo obbligato di trattare la Storia a scapito della verità. Evidentemente, in Germania come in Italia, è difficile raccontare la propria guerra contro i luoghi comuni. Anche in Italia è difficile vedere bei film che raccontino in modo veritiero parti della Storia italiana.
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