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Scrivici |U-boot in Liguria oggi
- Il sommergibile tedesco U-455 -
L'interessante libro fotografico di Carta e Del Veneziano, con il punto di vista subacqueo assieme a informazioni su molti relitti visitati.
Da rottami a reperti
La Seconda Guerra Mondiale è stata una tragedia di dimensioni mai viste. Una volta conclusa, le generazioni coinvolte volevano allontanare da sé il recente passato, a tal punto che le sue tracce e relitti venivano considerati inutili, tristi rottami, meglio se scomparsi nelle profondità marine. Ciò che era raggiungibile venne smembrato per ricavarne metallo, anche con esplosivi, senza molto rispetto per i resti di chi vi aveva trovato sepoltura.
Placati gli animi e recuperato buon senso, si comprese che era stato un evento unico e importante per la Storia dell'umanità, meritevole dell'attenzione degli studiosi e della curiosità delle successive generazioni. Così le tracce sono diventate reperti storici da recuperare, monumenti e simboli da conservare, sempre che si abbia la fortuna di ritrovare qualcosa intatto. E' il caso del sommergibile tedesco scoperto in Liguria, di cui appunto vorremmo parlarvi.
U-455 disperso
Il 6 aprile del 1944 un'imbarcazione a ponente della Spezia, davanti a Moneglia, attendeva l' U-boot U-455 che rientrava alla base. Dopo l'ultimo contatto radio di pochi giorni prima, sarebbe dovuto arrivare al mattino e una volta riconosciuto sarebbe stato accompagnato a destinazione tra i campi minati, protetto da incidenti o possibili agguati.
Era uno dei sommergibili tedeschi inviati in Mediterraneo per contrastare lo strapotere navale angloamericano. Ormai, dopo l'armistizio dell'Italia non c'era più una flotta italiana che potesse contendere il mare all'avversario. L'attiva presenza tedesca si concentrava quindi nella difesa del traffico costiero e nell'insidia alle forze navali nemiche, laddove possibile. Una lotta tenace, con poche speranze e grandi rischi.
Un difficile rientro ricco di minacce fino all'ultimo miglio. L'U-boot non si presentò all'appuntamento e non dette più notizie di sé. Trascorso del tempo fu considerato perduto, col suo equipaggio di 54 uomini, senza alcun superstite come purtroppo accade spesso per le unità subacquee. In seguito fu possibile ricostruire il destino di molti sommergibili scomparsi, grazie ai rapporti di chi li aveva affondati. Ma dell'U-455 non si seppe più niente, nessun indizio, nessuna ipotesi, nessun luogo dove potesse fissarsi il pensiero dei familiari.
Dopo mezzo secolo ancora niente.
Ricostruire conoscenza
Le tragedie marine sono difficili da ricostruire. Se non vi sono testimoni o sopravvissuti che raccontino, bisogna indagare e fare ipotesi, in attesa di fatti certi. Della nave che scompare bisogna cercare il relitto. Del relitto che si scopre, bisogna trovare il nome. Ma i fondali, oltre che poco accessibili, sono anche tremendamente affollati: fare confusione è possibile, specie se si vuole trovare a tutti costi quello che interessa. Ad esempio, tutti vorrebbero trovare il relitto di un U-boot in assetto di guerra della classe VII-C, quella che ha scritto le più importanti pagine del conflitto mondiale. Ebbene, proprio questo è accaduto!
Ma in generale bisogna sempre evitare che un fatto nuovo si trasformi in frettoloso autoinganno. Non mancano certo i casi di errati riconoscimenti, che erano dati per sicuri. Nasce da qui il perenne contrasto tra chi corre alle conclusioni (e forse ha ragione) e chi insiste nell'indagine finché non ottiene certezze assolute, con tutto che quadra (e ha pure ragione a pretenderlo).
Non si tratta solo di dare un nome ma di ricostruire una conoscenza perduta. Il subacqueo e lo storico hanno quindi obiettivi e criteri diversi, si tratta solo di collaborare. In fondo si può dire che l'U-455 è “l'ultimo che mancava”, solo perché gli storici sono sempre andati fino in fondo con gli altri affondamenti, senza accontentarsi di approssimazioni: se si fossero affrettati a dare conferme probabili, navigheremmo ancora nell'ignoto.
Certo, può sembrare strano che vi siano nuovi fatti e nuove indagini dopo mezzo secolo, ma l'evoluzione di tecnologia e comunicazione crea nuove opportunità. Si esplora meglio e si va più a fondo, sia nel mare che fra i documenti, più persone diverse riescono a parlarsi, con gli uni che guidano gli altri e viceversa. E' proprio il caso del sommergibile tedesco in Liguria.
Nostre immagini di Rapallo, sulla Riviera di Levante.
A Rapallo
Nella bella e tiepida giornata del 12 novembre 2011 si è svolto un incontro a Rapallo, organizzato dall'Associazione Mare Nostrum di Rapallo, dove si è parlato ancora del famoso ritrovamento dell'U-boot di Portofino, chiamato popolarmente così anche se in realtà non si trova proprio lì.
E' stata l'occasione per incontrarsi tra vari studiosi ed esperti dell'argomento, tra cui una nutrita delegazione dell' AIDMEN (Associazione Italiana di Documentazione Marittima e Navale). Ne è scaturita una conversazione informale in cui fare il punto della situazione, per scartare alcune ipotesi e accreditarne altre, senza che sia stato possibile mettere la parola fine al discorso.
Argomento di partenza è stata la genesi della scoperta, rievocata in un libro fotografico e in un documentario. Alcune voci ascoltate da Emilio Carta erano confluite in suoi racconti, che avevano suggerito la presenza in zona di un relitto di sommergibile, stimolo affascinante.
Poco dopo Lorenzo Del Veneziano lo scoprì quasi casualmente nel 2005, una rilevazione allo scandaglio inizialmente sottovalutata. Del Veneziano, professionista del mondo subacqueo e appassionato di relitti, con molti ritrovamenti al suo attivo, ha ricavato soddisfazioni e celebrità da una scoperta così importante, alla quale ha continuato a dedicarsi.
Il relitto: è l'U-455?
Il relitto è piantato con la poppa nel fondo ed è inclinato, quasi sospeso. La prua è in alto, a meno 85 metri, mentre la torretta è a 110 metri e il fondo arriva a 120 metri. Una pesante rete da pesca nascondeva parte delle sovrastrutture ed è stata parzialmente rimossa di recente. Comunque il relitto era facilmente riconoscibile come un sommergibile, scafo in buone condizioni, a parte la poppa distrutta, e da questo iniziò il lavoro di indagine, nel dialogo fra subacqueo e storici, dove questi indicavano dove guardare. Approfondimenti difficili e impegnativi data la profondità.
Il riconoscimento formale come U-boot della classe VII C si basa su evidenze esteriori, come la tipica bussola e la fila dei fori di deflusso dell'acqua delle fiancate, che risale presso i timoni di profondità prodieri. Basterebbe già questo, unito al nome dell'unico battello rimasto con sorte sconosciuta, l'U-455, grosso modo in quella zona, per sentirsi abbastanza sicuri di averlo trovato.
Si tratterebbe di una deduzione per esclusione, che però non è certezza. Vi sono stati vari battelli di quella classe a fine guerra a Tolone, alcuni dei quali forse venduti per demolizione e magari affondati durante il rimorchio verso Spezia.
Ulteriori esplorazioni, verificando la presenza dell'ancora e dell'antenna del radiogoniometro, dell'armamento antiaereo (le postazioni ma non le armi) dopo il taglio della rete, confermerebbero che non si tratti di un residuato smilitarizzato. Mancano comunque le mitragliatrici da 20 mm, di cui esistono solo i supporti.
Nella franca discussione seguita all'incontro, sono emerse novità sia di altri che si immergono sul relitto, sia di ricercatori che ne hanno discusso fra loro. Nessuno ha potuto produrre ancora la prova finale, un elemento di certezza assoluta che sia proprio l'U-455 (anche se siamo tutti convinti che lo sia). La discussione si è quindi spostata sul come e perché il sommergibile sia affondato, perché si trovasse proprio lì.
Cosa è accaduto all'U-455?
Una più completa ricostruzione deve forse avvalersi di altre ricerche e documenti.
Il sommergibile, rientrato da una posa di mine in nord africa, doveva forse andare a Tolone ma essendo questa pesantemente bombardata, tornava probabilmente a Spezia. Ecco dunque la posizione anomala, dove nessuno lo aveva mai cercato.
La costa era allora infestata di campi minati difensivi, collocati a una certa distanza da terra che lasciavano un corridoio intermedio per il traffico locale. Era qui, in spazi ristretti, che l'unità avrebbe scelto di spostarsi, in mancanza di informazioni aggiornate o precise.
E' da accertare anche la qualità delle informazioni radiogoniometriche da terra e se il Comandante vi si affidasse. Errori di rotta? Inesattezze? Forse c'è stata una avaria con relativo scarrocciare verso le mine amiche?
Il sommergibile era costretto al lento procedere di giorno in immersione, per evitare fatali attacchi aerei alleati, riservando la più veloce marcia in emersione alla notte, peraltro rischiosa per il difficile orientamento con una costa oscurata per la guerra.
Esisteva anche il pericolo di essere presi di mira dalle batterie costiere amiche. Inoltre non sono da escludere attacchi aerei notturni, possibili per il generale affinamento angloamericano della caccia antisom (col radar in superficie) e per bombardamenti di disturbo al traffico costiero (che si sapeva movimentato di notte).
Nel frattempo, ulteriori esplorazioni sul relitto portano informazioni nuove, a conferma che la storia non è mica finita qui. La scoperta di una apertura di servizio dello scafo (indicata come passaggio per i viveri alla cucina) in prossimità delle piattaforme delle 20 mm, ha fatto pensare a Del Veneziano di potervi introdurre una videocamera con illuminazione ma c'è scetticismo da parte degli studiosi che tale passaggio consenta un accesso diretto all'interno.
Nell'area del fondo circostante vi sono interessanti rottami, tra cui la 37 mm antiaerea che mancava, completa di scudo, feritoie, volantino, probabilmente anch'essa staccata dalle reti.
La disposizione abbastanza concentrata dei resti del cono di poppa (nonostante la caduta di 120 metri) farebbe pensare a un battello quasi fermo al momento dell'esplosione, accreditando l'ipotesi di una avaria. I cilindri sul fondo, inizialmente scambiati per siluri, sono in realtà bombole di aria compressa, esterne allo scafo resistente e sfilatesi dal cono di poppa distrutto.
La posizione di portelli aperti e chiusi dipende anche dall'effetto della forte inclinazione sull'orientamento delle aperture.
Questi particolari sono stati accennati nell'incontro da Massimo Bondone che oltre che ad essere un subacqueo che esplora il relitto, approfondisce anche gli aspetti tecnici e storici per una ricerca più finalizzata. Bondone ha infatti partecipato alle discussioni interne all'AIDMEN, nel confronto di ipotesi e opinioni.
Parrebbe che la posizione del relitto si trovi all'interno dei campi minati di allora e questo indicherebbe la causa più probabile del disastro.
Circa la strana posizione inclinata, che farebbe supporre l'effetto di una sacca d'aria interna, non tutti sono d'accordo che vi sia: nonostante il fondale sia abbastanza compatto, la velocità di caduta potrebbe aver conficcato lo scafo resistente abbastanza a fondo, rimanendo così senza posarsi orizzontale. Non si è spezzato in quanto si tratta di uno scafo piuttosto robusto rispetto alla normalità dei relitti che si incontrano.
Da valutazioni fatte su altri U-boot visitabili, risulta comunque improponibile pensare di accedere all'interno. Gli ingressi dei portelli sono così stretti da impedire il passaggio con sistemi di respirazione adeguati. Apparati alternativi a quella profondità non offrono alcuna autonomia e sicurezza, sarebbe da folli infilarsi in quella trappola. A quale scopo, poi? Meglio così, in modo che lo scafo rimanga un sacrario intoccabile, senza mancare di rispetto ai circa cinquanta caduti che vi riposano.
In ogni caso gli addetti ai lavori conservano un certo riserbo sulla localizzazione precisa per evitare che qualche sconsiderato si avventuri in immersioni fuori luogo.
Un relitto di tutti che va difeso
Ci è sembrato che Del Veneziano, scopritore ed esploratore dell'U-boot, senta come “suo” il relitto, e questo è logico anche perché il rappresentante tedesco dei familiari delle vittime lo ha ringraziato e lo ha moralmente impegnato a promettere che quel sacrario non venga alterato.
Pure gli altri subacquei specialisti che esplorano il relitto se ne sentono responsabili, affascinati dai tanti aspetti da chiarire. Tutti si guardano bene dal prelevare alcunché, azione che sarebbe oltretutto un reato. Può sembrare superfluo, ma ricordiamo che i relitti non sono abbandonati e a disposizione di chiunque vi capiti sopra: appartengono allo Stato come rappresentante e tutore degli interessi della collettività. La legislazione al riguardo è complessa e aggiornata, richiedendo sia tempestive segnalazioni dei ritrovamenti che la necessità di autorizzazioni per le ricerche su relitti di interesse dichiarato, fino a colpire possesso e commercio di reperti. Il tutto a prescindere dal fatto che siano relitti recenti e non archeologici.
Insomma, il relitto è patrimonio collettivo, di tutti, e la legge lo difende.
A conclusione dell'incontro tutti hanno ricavato informazioni e rinnovato interesse, motivazione a proseguire nelle ricerche. Molte certezze sono ora più vicine. Ecco dunque come ci siamo immaginati l'incidente.
Ipotesi di percorso dell'U-455 all'interno dei campi minati costieri. Disegno approssimato, solo per fini esplicativi.
Ipotesi
E' notte. Il sommergibile U-455 procede in emersione verso la Spezia, tra la costa e i campi minati.
Pronto per eventuale immersione rapida ha tutte le porte dei locali aperte, per eventuali spostamenti dell'equipaggio (che accentuino o contrastino una “rapida dinamica” di emergenza). L'equipaggio stanco pensa già all'arrivo. Per fatalità da approfondire finisce nei campi minati. Urta con la prora una mina sommersa che dopo pochi attimi (il tempo dell'innesco) esplode presso la poppa, che viene distrutta.
L'allagamento è immediato, favorito da tutte le porte interne aperte. Il battello solleva la prora e sprofonda di poppa in pochi secondi. Precipita verso il fondale, con una sacca d'aria nella parte prodiera, dove qualcuno può riuscire a chiudere la porta stagna. Il sommergibile urta violentemente il fondo e si conficca in posizione inclinata.
I pochi sopravvissuti all'interno capiscono di non avere speranza e che nessuno saprà il luogo e le circostanze della loro fine.
Le persone in coperta o in torretta sono finite in acqua, ferite o malridotte dallo scoppio. Nell'acqua fredda di aprile e a distanza dalla costa sono destinate a soccombere rapidamente. Nei giorni successivi i loro corpi finiranno lontano, dove non si sa niente dell'esplosione, e può darsi che vengano occultati dai locali, sempre timorosi di rappresaglie.
Qualcuno sulla costa o dalle batterie può avere sentito l'esplosione, più vicina del solito, ma quando ha scrutato il mare nella notte non è riuscito a vederne la causa, non ha capito o non ritiene di doverla comunicare. In tempo di guerra, di esplosioni se ne sentono tante...
Il relitto, nascosto per mezzo secolo a una profondità proibitiva, è stato agganciato da alcune reti che forse hanno prodotto dei danni, staccando dei particolari sporgenti, come le armi. Ma ora il relitto è stato scoperto e può essere visitato con cautela, forse qualcos'altro si nasconde nel fondale. La ricerca sul luogo non è terminata. Anche gli archivi possono riservarci sorprese. Pubblicheremo qui le novità che sapremo.
Torrette degli U-boot in alcune versioni. La struttura cambia, con l'aggiunta di armi antiaeree e l'eliminazione dell'artiglieria.
Note
L'U-boot U-455 era entrato in Mediterraneo nel gennaio 1944 proveniente dall'Atlantico, dove aveva compiuto affondamenti di naviglio mercantile e posa di mine, dalle coste americane a quelle africane.
Al comando del Tenente di Vascello Hans-Martin Scheibe, partì il 22 febbraio da Tolone destinato ad operare nelle acque dell'Algeria per una posa di mine ed eventualmente insidiare il traffico navale angloamericano nella zona.
Il contrasto nemico era sempre più efficace e i sommergibili tedeschi avevano difficoltà sia nel conseguire risultati che nel difendersi. In particolare contro gli attacchi aerei erano state potenziate le armi antiaeree, con bocche da fuoco da 20 e 37 mm, con il necessario spazio, al posto dell'ormai inutile cannone navale. La torretta minimalista di queste unità si era quindi ampliata, con modifiche in corso fatte anche localmente, non facili da ricostruire storicamente. Bisogna tenerne conto per sapere cosa cercare e cosa trovare nell'esplorazione subacquea del relitto dell'U-455.
Mentre l'unità era in mare la base di Tolone venne duramente bombardata con gravi danni e perdite di personale, di battelli e strutture. Pertanto i sommergibili che rientravano a Tolone furono dirottati provvisoriamente a La Spezia, dotata di un consistente arsenale. L'U-455 che rientrava dall'Algeria doveva trovarsi a sud est della Corsica e venne raggiunto dalle istruzioni, compreso il punto d'incontro da cui essere scortato fino a destinazione e la segnalazione della pericolosità dei campi minati tedeschi. La conferma che voleva raggiungere quell'appuntamento fu la sua ultima comunicazione.
"U-Boot 455, il sottomarino della leggenda, 30 immersioni tra i relitti della provincia di Genova" di Emilio Carta e Lorenzo Del Veneziano è realizzato dalla Azienda Grafica Busco - Rapallo (2010).
Alcune descrizioni e schemi della classe VII sono ricavabili da "I sommergibili della seconda guerra mondiale" di E.Bagnasco - Ed. Albertelli.
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