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Scrivici |L'Incrociatore San Giorgio - una nave famosa.
- 30 anni di servizio. -
L'incrociatore San Giorgio nei primi anni di servizio, con l'aspetto originario a 4 fumaioli.
Rivista Tempo N.89 febbraio 1941.
L'incrociatore corazzato San Giorgio
Il San Giorgio era un incrociatore corazzato concepito, insieme al gemello San Marco della stessa classe, come miglioramento in prestazioni della precedente classe Pisa-Amalfi, ma furono le ultime navi di questo tipo nella Regia Marina. Furono realizzate entrambe dal Cantiere di Castellammare di Stabia: il San Giorgio fu completato nel 1910, il San Marco nel 1911. Il San Giorgio dislocava 10.167 tonnellate e aveva una lunghezza di 141 metri fuori tutto. L’armamento comprendeva quattro pezzi da 254/45 mm, otto da 190/45 mm, diciotto da 76/40 mm, due cannoni da 75 mm e due da 47 mm, oltre a due mitragliere e tre lanciasiluri. L’equipaggio era composto da 30 ufficiali e 669 tra sottufficiali e marinai. Il San Giorgio fu dotato di quattordici caldaie a carbone e due motrici alternative da 18.200 cavalli, con due eliche che consentivano una velocità massima di 23,2 nodi. Invece nel San Marco le caldaie muovevano quattro turbine e quattro eliche, differenza principale fra le due navi con lo scopo di ottenere maggiori prestazioni e sperimentare la diversa soluzione (arrivando a 23,7 nodi sul San Marco).
Il San Giorgio, entrato in servizio nel 1910, partecipò alle esercitazioni navali estive nel Tirreno e l’anno dopo a una crociera nel Mediterraneo Orientale. Nell’estate 1911 a Napoli subì un incaglio con danni e allagamenti. Il San Giorgio operò nella guerra italo-turca in Libia e nel Dodecanneso. Partecipò alla Prima Guerra Mondiale in Adriatico, con un totale di dodici missioni di guerra. Nel dopoguerra fu presente in Adriatico e poi, dopo un ciclo di lavori conclusi nel 1922, nel Mediterraneo Orientale. Nel 1924 svolse una crociera che lo portò in Sud America. Subito dopo partì per l’Estremo Oriente, dove rimase fino all’ottobre del 1925. Rientrò a Mogadiscio e operò nella zona del Mar Rosso fino alla primavera 1926. Dopo un ciclo di lavori effettuò una nuova crociera in Mar Rosso e Oceano Indiano nel 1928. Rientrò a Pola dove fu assegnato a ruoli di addestramento fino al 1936. In quell’anno svolse una crociera nel Mediterraneo centrale e Libia, spostandosi presso le coste spagnole, a seguito della guerra di Spagna.
Il San Giorgio dal 1937, nell’imminenza del secondo conflitto mondiale, fu sottoposto a trasformazioni nelle macchine che ne mutarono anche l’aspetto, da quattro a due fumaioli, oltre che a modifiche nell’armamento: mantenendo il principale calibro 254, furono sostituiti i molti calibri con armi omogenee. Vi furono anche modifiche adatte alle mutate esigenze della difesa antiaerea, in previsione di un suo impiego stazionario, essendo ormai superato nell’impiego navale. Nel maggio 1940 fu destinato a Tobruk per la difesa della base. Purtroppo nei primi giorni di guerra contribuì all’azione antiaerea che provocò (a causa di un equivoco di “fuoco amico”) l’abbattimento dell’aereo di Italo Balbo, Governatore della Libia (ne parliamo più avanti). Durante il conflitto il San Giorgio fu oggetto di numerosi attacchi aerei, conquistando fama per il suo contributo alla difesa. Sono già state pubblicate alcune immagini di vita di guerra a bordo del San Giorgio. Nel gennaio 1941, a fronte dell’avanzata britannica, gli fu assegnato il compito di difendere fino all’ultimo la base con le sue artiglierie. Dopo fuoco ininterrotto, fu evacuato da parte dell’equipaggio e fatto saltare alle 4.15 del 22 gennaio 1941, autoaffondato sul posto quando ormai le truppe britanniche avevano conquistato la zona. Alla nave fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Dopo la guerra il relitto fu recuperato, ma scomparve in mare durante il rimorchio verso l’Italia.
Il gemello San Marco partecipò a molte attività delle forze navali, alla guerra italo-turca, alla prima guerra mondiale, a compiti addestrativi. Fu trasformato dal 1929 in nave bersaglio totalmente radiocomandata. Dislocato a La Spezia dall’inizio del secondo conflitto, vi fu trovato affondato alla fine della guerra.
Il San Giorgio in Estremo Oriente nel 1925
A seguito del rapido deteriorarsi della situazione interna della Cina alla fine del 1924, il Governo italiano decise di rinforzare la stazione navale in Estremo Oriente, con l’invio del San Giorgio. L’incrociatore, appena rientrato dalla campagna in America, salpò il 25 novembre, con una compagnia del Battaglione San Marco (destinata al servizio a terra). Arrivò a Shanghai il 15 gennaio 1925, con la guerra civile riaccesa nella zona e il pericolo che truppe in fuga e disperate provocassero nella città violenze e saccheggi. Sbarcarono 110 uomini del San Marco dall’Incrociatore San Giorgio, collaborando con le altre forze internazionali. In quel momento oltre alle 4 unità italiane (San Giorgio, Libia, Caboto, Carlotto) erano presenti 2 incrociatori e 3 cannoniere giapponesi, 2 vedette francesi, 2 esploratori e una cannoniera inglese, 8 cacciatorpediniere americani con nave appoggio. Nell’intento di rafforzare la presenza italiana fu costituito il 5 marzo 1925 il Battaglione italiano in Cina, proprio formato con quella compagnia proveniente dal San Giorgio. Il San Giorgio ripartì da Shanghai il 16 ottobre 1925, e sulla via del ritorno verso l’Italia si fermò a Mogadiscio.
Il San Giorgio a Tobruk, con il nuovo aspetto a due fumaioli. Si intravedono delle protezioni parasiluri. Rivista Tempo N.89 febbraio 1941.
Il San Giorgio a Tobruk nel 1940 - Italo Balbo.
Nella ammirevole storia dell’Incrociatore San Giorgio, spicca un grave incidente di “fuoco amico”: il 28 giugno 1940 a Tobruk la contraerea italiana, di cui faceva parte l’Incrociatore San Giorgio, abbatté per errore l’aereo su cui si trovava Italo Balbo, Governatore della Libia. L’importanza del personaggio, carismatico e popolare, tale da potersi considerare antagonista del Duce, e i relativi dissensi, alimentarono voci popolari che l’incidente non fosse casuale. All’epoca era molto raro che si divulgassero gli imbarazzanti incidenti di “fuoco amico”, nonostante avvenissero sotto tutte le bandiere, e le poche situazioni conosciute pubblicamente sembravano inconsuete e strane. Ma le modalità con cui avvenne l’incidente rendono improbabile una ipotesi organizzata. Quel mattino Italo Balbo con il suo nuovo S.79, insieme a un altro, era decollato da Derna verso un campo avanzato. Durante il volo giunse notizia di un bombardamento a Tobruk e decisero di dirigersi verso la città avvertendo telegraficamente l’aeroporto. Bisogna notare che il riconoscimento per evitare incidenti non si basava sul semplice riscontro visivo dei contrassegni nazionali sulle ali da parte dei mitraglieri (troppo tardivo per decidere se reagire e troppo aleatorio), ma sulla preventiva informazione del comando della difesa antiaerea, oltre che da regole di comportamento in volo, come ad esempio evitare un avvicinamento diretto e potenzialmente aggressivo. Era meglio adottare una manovra standard di riconoscimento: secondo disposizioni di pochi giorni prima, era previsto un giro completo di riconoscimento sull’aeroporto di Ain el Gazala a breve distanza da Tobruk. L’indispensabile messaggio preventivo fu ricevuto all’aeroporto di Tobruk ma non si riuscì ad avvertire il comando della Marina (da cui dipendeva la difesa contraerea) in quanto il centralinista aveva abbandonato il posto per portarsi nel rifugio antiaereo. Non risulta che si siano indagate e attribuite le relative responsabilità. L’attacco aereo britannico aveva avuto successo, cogliendo di sorpresa la difesa contraerea, nel primo giorno sereno dopo tempeste di ghibli, grazie anche alla rotta scelta e all’arrivo a bassa quota. Si erano avute delle vittime (9 morti e 20 feriti) nell’aeroporto di Tobruk (T2) e gli addetti alla contraerea (che non avevano sparato) erano probabilmente determinati a rifarsi rispondendo con energia e tempestività ad eventuali ulteriori attacchi. I due S.79 italiani giunsero alle 17.33 dalla stessa direzione da cui si erano allontanati gli aggressori britannici dell’attacco alle 17.10. Non fu adottata la manovra di riconoscimento sopradescritta, dirigendosi verso l’aeroporto dove la contraerea non era comunque avvertita. Fu aperto il fuoco dalle batterie costiere e dal San Giorgio, oltre che con traccianti da 20 mm. Uno dei due S.79 si salvò scendendo subito bassissimo, coprendosi dal tiro e ripiegando per atterrare ad Ain el Gazala. Il S.79 di Balbo proseguì invece sull’aeroporto per un passaggio sul campo (con l’intenzione di atterrare) e fu colpito, precipitando e incendiandosi senza scampo per chi era a bordo. Esistono sull’accaduto molte testimonianze, spesso diverse (ci siamo riferiti alla ricostruzione su “Italo Balbo” di G.B.Guerri indicato in Bibliografia). Secondo una attendibile testimonianza il velivolo fu colpito nei serbatoi dell’ala sinistra da una mitragliera da 20 mm collocata in posizione frontale, nella postazione “Tortora” (quindi non del San Giorgio).
L'autoaffondamento del San Giorgio a Tobruk il 22 gennaio 1941 - 7 anni di guerra.
Qualche ricordo.
Cogliamo l’occasione per citare un aneddoto sul San Giorgio che ci è stato trasmesso dal figlio di un cannoniere imbarcato sull'Incrociatore, anche a Tobruk. Una testimonianza che conferma le necessarie distrazioni per attenuare le tensioni degli innumerevoli attacchi aerei, anche se talvolta questi diversivi non funzionavano:
Volevo raccontare una piccola storia che mi ha raccontato mio Padre. Come voi sapete, San Giorgio era un cavaliere e anche se non era un marinaio, hanno dato questo nome all’incrociatore. Mio padre Basile Salvatore era capo cannoniere sul San Giorgio. In una pausa di guerra per distrarre i militari imbarcati hanno organizzato sulla nave un sorteggio e chi veniva scelto veniva premiato con un San Giorgio a cavallo scolpito in avorio. Mio padre forse era fortunato e vinse questo premio su 750 militari. Siccome un ufficiale arrogante voleva questo premio, ha messo mio padre in punizione. Quando mio padre ha avuto un permesso (perché stava diventando padre) prese questo premio e se lo portò a casa. Questo ufficiale ha fatto di tutto, anche coinvolgendo nelle responsabilità legali i parenti di mio padre. Mia nonna cercava di convincere mio padre a restituire il San Giorgio, ma mio padre non voleva. Ma per la preoccupazione che la madre finisse in carcere, ha dovuto cedere a questa ingiustizia. Comunque ricordo anche che mio padre era molto orgoglioso di far parte di questo incrociatore: ha fatto 7 anni di servizio sul San Giorgio, e mi piacerebbe sapere se qualcuno ricorda questo episodio.
Basile Giuseppe.
Informazioni ricavate da:
"Storia delle Campagne Oceaniche della R.Marina" e "Gli Incrociatori Italiani" dell'Ufficio Storico della Marina Militare.
"Italo Balbo" di Giordano Bruno Guerri - Arnoldo Mondadori Editore - 1998.
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