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Scrivici |Trentini in Cina
- Irredenti in Russia e in Cina -
La Russia, la Siberia e la ferrovia Transiberiana, la Cina, nel 1918
Ringraziamo Claudio Provana per averci gentilmente fornito le immagini degli Irredenti in Russia e Cina da lui recuperate in un mercatino, corredandole di utili indicazioni.
Un treno armato attraversa la Russia della guerra civile, correndo verso la Cina con un battaglione di trentini austroungarici che vogliono diventare italiani, comandati da un ragioniere travestito da capitano. Una incredibile avventura per tornare in Italia girando intorno all’Asia. Sembrerebbe un film fantasioso e invece è una storia vera. E’ soltanto una pagina delle tante scritte dagli Italiani in Oriente.
Sul nastro della bandiera è scritto Dalmazia. Foggia delle divise insolita per il Regio Esercito. Sul retro della foto,vergato a mano: Pechino - settembre 1918 e 5 firme indecifrabili.
Italiani austroungarici, irredenti in Russia
All’inizio della Prima Guerra Mondiale, a nord-est dell’Italia vi erano numerose comunità italiane (dal punto di vista linguistico ed etnico) in territori appartenenti all’Impero Asburgico, che venivano considerate “irredente”, ovvero da redimere, da liberare, includendole nel popolo italiano, o nell’Italia, territori compresi. Queste rivendicazioni italiane erano ovviamente contrastate dall’Austria-Ungheria. I giovani di leva del Trentino, della Venezia Giulia, dell’Istria e Dalmazia, essendo in territorio austroungarico, vennero arruolati nel relativo esercito a partire dal 1914. Per non metterne alla prova la fedeltà, vennero mandati a combattere in un fronte lontano da quello italiano, come il fronte russo, in Galizia. Nel corso delle operazioni vennero fatti prigionieri almeno 25.000 italiani austroungarici, talvolta attraverso la diserzione per una guerra non sentita e durissima. Dispersi nel territorio russo, prigionieri ma costretti a procurarsi da mangiare lavorando, le loro condizioni e destino erano preoccupanti. L’Italia era interessata a liberare questi italiani in divisa nemica, se erano disposti a cambiare nazionalità. Venivano quindi considerati come “italiani irredenti”, che potevano essere liberati come italiani, perché alleati della Russia, dopo l’entrata in guerra dell’Italia al suo fianco nel 1915. Però dovevano “optare” per la nazionalità italiana, attraverso una loro dichiarazione volontaria individuale. Processo non facile per i dubbi dei prigionieri che temevano ritorsioni a casa, per la propaganda contraria di parte austroungarica, e per le resistenze locali di chi approfittava di questa forza lavoro. Si mosse dunque la Missione Militare Italiana in Oriente, che (operando sul posto) riuscì a liberarne una parte che poteva essere rimpatriata. Ma gli sconvolgimenti interni e rivoluzionari della Russia nel 1917, portarono alla sua uscita dal conflitto, tramite un trattato di pace con Germania e Austria-Ungheria. Tali nuovi rapporti permettevano agli ex-nemici di ostacolare la liberazione russa di questi loro prigionieri, perché potevano divenire militari italiani. Inoltre il caos interno e la guerra civile in Russia tra bolscevici e russi bianchi, non permetteva di passare a occidente e rendeva più sicuro tornare in Italia passando dalla Cina e da Tientsin, sicura presenza italiana in oriente. In realtà l’oriente non consentiva un passaggio facile, per le lotte locali con le forze bianche a cui si erano unite anche le rilevanti forze militari cecoslovacche (che avevano combattuto con i russi contro i tedeschi e che si ribellarono al farsi disarmare dai russi per essere consegnati ai tedeschi). Infine in Russia e Siberia si voleva contrastare la penetrazione dell’influenza della Germania. In questo scenario, instabile e caotico, il recupero di questi italiani era divenuto più laborioso, diviso in tanti piccoli gruppi da individuare e liberare, tormentati dalla delusione per un rimpatrio che non avveniva, ma gli addetti italiani operarono con costanza e determinazione. Tra questi citiamo il Maggiore dei Carabinieri Cosma Manera, passato alla storia come il “papà” degli irredenti. Oltre 10.000 italiani (“taliansky”) furono liberati dalla prigionia russa. La maggior parte degli italiani liberati non venne rimpatriata subito ma arruolata in battaglioni, che anche dopo la conclusione del conflitto mondiale, furono operanti sul fronte orientale russo, in appoggio alle forze antibolsceviche e antimassimaliste, a difesa degli stati che si erano staccati dalla Russia, in accordo con altre nazioni occidentali. Poi le forze bolsceviche ebbero la meglio e le grandi potenze decisero di abbandonare l’opposizione siberiana al suo destino. La Legione Redenta e i Battaglioni Neri erano costituiti da italiani redenti in Russia. Il loro effettivo rientro in Italia via mare sarebbe avvenuto nel 1920, dopo aver dato il loro contributo militare in oriente. Un caso particolare di questa liberazione e arruolamento è costituito dal Battaglione Irregolari Savoia, un battaglione “inventato” che combatté due volte, anche per liberarsi.
Riteniamo che questo possa essere il Battaglione di Compatangelo, davanti a un vagone ferroviario della Transiberiana. Fregi e gradi miscellanei: le mostrine sono un nastro tricolore strettissimo con stellette regolamentari. Nel riquadro il Capitano.
Compatangelo e il Battaglione Irregolari Savoia
Andrea Compatangelo non era un capitano, ma un civile, un ragioniere di Benevento (così si dice), in Russia da tempo per interessi commerciali. Ma con le capacità dimostrate in seguito, doveva essere qualcosa di diverso. Cosciente delle povere condizioni dei prigionieri italiani con divisa austroungarica nella zona di Samara, si proclamò dal nulla capitano e ne trattò la liberazione con le autorità locali, in qualità di rappresentante di una grande potenza occidentale: l’Italia. Ne liberò centinaia, vestendoli con divise trovate chissà dove, fornendoli di armi e inquadrandoli in un battaglione compatto e deciso sotto il suo comando. Nel luglio 1918 Compatangelo requisì abilmente un treno e partì verso oriente sulla transiberiana. Il battaglione ad ogni sosta partecipava ai combattimenti (da parte bianca, in appoggio ai cecoslovacchi), con ricognizioni e incursioni, consolidando una fama che ben presto giunse agli sbalorditi ufficiali della Missione Militare Italiana. Il treno, ormai armato di mitragliatrici e agguerrito, era inarrestabile. Venne requisita una locomotiva più moderna. Intanto il battaglione si era ingrandito, liberando altri italiani e divenendo sempre più combattivo e gestito con ferrea disciplina. Arrivò a Krasnojarsk, dove per attendere l’arrivo di altre forze italiane, si impadronì della città e instaurò una dittatura militare, governando la regione per un mese e mezzo, occupando il municipio. Il capitano Compatangelo assegnò a due crocerossine russe, fuggite con lui, la gestione di un ospedale. Pare che una di esse fosse una granduchessa dei Romanof. Infine il treno ripartì verso oriente. Attraversando la Manciuria, i militari cinesi volevano sequestrare il treno e lo circondarono in armi, ma il capitano Compatangelo seppe spaventarne gli ufficiali per le conseguenze di un gravissimo incidente internazionale, e ripartì verso Vladivostok (dove si poteva sperare in un imbarco, verso Tientsin). Lì vennero accolti da veri ufficiali italiani e dalla notizia della fine vittoriosa della Prima Guerra Mondiale, avvenuta due mesi prima. Il viaggio era durato circa sei mesi. Compatangelo tolse la divisa e prese una lunga vacanza di riposo in albergo. Ebbe un incontro con Cosma Manera, ma non sappiamo cosa si dissero. Subito dopo Compatangelo lasciò i suoi soldati, che lo adoravano, e scomparve nel nulla. Il suo battaglione sarebbe divenuto il battaglione “rosso”, per distinguerlo dai Battaglioni Neri (nero era il colore delle mostrine da arditi). Riorganizzati a Tientsin, avrebbero combattuto di nuovo contro i bolscevici. Al termine delle operazioni, fu concesso loro di rientrare via mare in Italia, senza clamore, nel 1920.
Brevetto per nastrino delle fatiche di guerra assegnato a Riccardo Goldsmith, dei Battaglioni Neri, firmato Maggiore Manera.
Per approfondimenti consigliamo: Trentini e italiani contro l'Armata Rossa. La storia del corpo di spedizione in Estremo Oriente e dei Battaglioni Neri - Antonio Mautone - Temi Editrice - 2003
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