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Scrivici |Attacco notturno nel Canale d’Otranto – 12/11/1940
- La distruzione del Convoglio Locatelli -
Il piroscafo Locatelli e l'orologio incrostato di salsedine di Manlio Bartolini, fermo all'ora italiana in cui si gettò in mare (Collezione Minissi).
Ringraziamo Alberto Minissi per le immagini e i ricordi che ci ha gentilmente trasmesso.
La situazione.
Italiani
La notte tra l’11 e il 12 novembre 1940, un convoglio era uscito alle 22.30 da Valona (Albania) per raggiungere l’Italia e aveva attraversato i campi minati, fino a poco dopo mezzanotte, con la modesta velocità di 8 nodi. Era composto dai piroscafi da carico Antonio Locatelli (5691 t.), Premuda (4427 t.), Capo Vado (4391 t.), e dalla motonave passeggeri Catalani (2429 t.), scarichi che rientravano. Erano scortati dalla Torpediniera Fabrizi e dall’Incrociatore ausiliario Ramb III; quest’ultimo era sostanzialmente una nave mercantile armata (Ramb: Regia Azienda Monopolio Banane, impresa che curava i trasporti della produzione coloniale).
Britannici
In quelle stesse ore si stava svolgendo l’attacco aereo britannico a Taranto, che avrebbe portato al siluramento in porto di tre corazzate italiane. Per nascondere l’obiettivo dell’impresa, l’avvicinamento della portaerei e delle unità di scorta era stato accompagnato da un complesso insieme di movimenti, anche di altre navi, in modo che non fosse possibile comprendere le vere intenzioni. A questo scopo, un gruppo di navi si era staccato alle 13 dalla Flotta per condurre una incursione notturna contro il traffico italiano nel Canale d’Otranto (che si sapeva avvenisse di notte). Questa divisione britannica comprendeva gli incrociatori Orion, Ajax, Sidney (australiano), che procedevano in linea di fila affiancati dai caccia Nubian a sinistra e Mohawk a destra. Dopo aver tagliato la probabile rotta dei convogli tra Brindisi e Valona, dovevano invertire la direzione verso sud est, in modo da ricongiungersi alla Flotta la mattina, presso Cefalonia.
Mappa semplificata dell'attacco, ricavata dal Grafico n.13 del Volume "Le azioni navali in Mediterraneo" - USMM.
Lo scontro.
Intorno alle 01.00, con ottima visibilità e luna quasi piena, la formazione britannica avvistò il convoglio a circa 8 miglia di prora sulla sinistra, con contemporaneo avvistamento da parte italiana. Mentre i britannici a circa 20 nodi accostavano per l’attacco, la Torpediniera Fabrizi che si trovava da quel lato, cercò di ostacolare le navi nemiche. La disparità di forze era notevole: ai 24 pezzi da 152 mm degli incrociatori e i 16 pezzi da 120 mm dei caccia britannici si contrapponevano soltanto i 4 pezzi da 102 mm della Fabrizi e i 4 pezzi da 120 mm del Ramb III.
Il contatto a fuoco iniziò alle 01.25 e in pochi minuti tutti i piroscafi vennero colpiti, condannati all’affondamento. Da parte britannica, oltre alle artiglierie, con proiettili illuminanti, vennero lanciati dei siluri da parte dell’Orion. La Fabrizi venne subito impegnata da una parte dei pezzi dell’Incrociatore Orion, e venne colpita, non riuscendo a lanciare i siluri e dovendo utilizzare solo le artiglierie, insufficienti. Il tiro britannico risultò preciso mettendo fuori uso il cannone di sinistra della torpediniera, con tre morti e due feriti. Durante il successivo tentativo di invertire la rotta per mantenersi tra gli attaccanti e i piroscafi, la torpediniera fu ancora colpita con perdita dell’energia elettrica, principi di incendio, il ferimento dei serventi del pezzo centrale, un ulteriore colpo a prora.
Alle 01.50 sospese il fuoco contro il nemico che si stava allontanando e il Comandante , vista la situazione senza speranza dei mercantili incendiati, fece rotta verso Saseno, per portare in salvo la sua unità, che aveva anche degli allagamenti a prora dovuti alle schegge. Restava la speranza di farsi inseguire sui campi minati. Rientrò mentre era in corso un attacco aereo e infine attraccò alla nave Ospedale California per i soccorsi.
Il Comandante della Fabrizi, T.V. Giovanni Barbini (MdOVM), seriamente ferito all’inizio del combattimento a una coscia, con un laccio per fermare l’emorragia, mantenne sempre il comando della torpediniera fino al trasbordo dei feriti. La Fabrizi ebbe 11 morti e 17 feriti a bordo. La condotta invece del Ramb III fu criticata in quanto, trovatasi al di là del convoglio, sparò 17 colpi e si ritirò per evitare la sicura perdita della nave, ripiegando poi su Bari.
Per quando riguarda i piroscafi, alle 2.00 era affondato il Catalani, il Capo Vado (dopo un’esplosione alle 1.48) affondò verso le 3.30, il Locatelli all’incirca alla stessa ora, e alle 4.15 il Premuda (N.B.: orari rapportati alla fonte inglese). Lo scontro e i relativi affondamenti si svolsero circa 12 miglia per 315° da Saseno. Il soccorso dei superstiti del convoglio fu compiuto dalle Torpediniere Curtatone e Solferino, subito intervenute da Valona, che raccolsero 140 persone. Il bilancio complessivo delle perdite fu di 36 caduti e 42 feriti.
Manlio Bartolini e la motivazione della Medaglia di Bronzo al Valor Militare per un'altra disavventura bellica (collezione Minissi)
Una testimonianza: il Capo Macchinista Manlio Bartolini sul Locatelli.
Il piroscafo Antonio Locatelli era stato costruito negli USA nel 1920 e portava precedentemente il nome “West Camack”. Apparteneva alla Società Garibaldi di Genova ed era stato requisito dalla Regia Marina nell’ottobre 1940. A bordo si trovava il Capo Macchinista, Cap. Manlio Bartolini, classe 1898. Così ricorda, suo nipote, Alberto Minissi:
“Mio nonno mi raccontava che le navi inglesi, munite di radar, erano nascoste oltre l'orizzonte e che l'equipaggio sentì arrivare all'improvviso la prima salva di cannone, lunga, che cadde in mare dietro i mercantili italiani. Mio nonno contò i secondi che intercorsero tra la prima salva e la seconda, che risultò corta. Seppe così di avere a disposizione tot secondi prima dell'arrivo della terza salva, quella sul bersaglio. Dopo che la salva colpì la nave, si gettò in mare cercando di allontanarsi a nuoto. Fu recuperato dai soccorritori il giorno dopo.”
Bartolini aveva al polso l’orologio che mostriamo, incrostato di salsedine, fermo all’ora (italiana) in cui abbandonò la nave: 2.30 della notte, una brutta ora per trovarsi naufraghi in mare, a novembre.
In seguito Bartolini rimarrà coinvolto in un attacco di aerosiluranti alla nave cisterna Poza Rica, il 21 agosto 1942, nel mar Ionio, che gli valse la Medaglia di Bronzo al V.M.. La nave fu colpita e, nonostante la pericolosità del carico, Bartolini si prodigò per mantenere in funzione le macchine, salvando la nave. Era un periodo in cui le navi cisterna erano l’obiettivo primario degli attacchi nemici, indirizzati anche dalle informazioni ottenute con la decifrazione. Manlio Bartolini, sopravvissuto a due guerre mondiali, si spense nel 1972 e riposa nel cimitero di Sampierdarena (Ge).
Una bella immagine dell'Antonio Locatelli a Venezia.
Commento
L’operazione britannica dell’attacco a Taranto avvenne nei primi sei mesi di guerra, ma non fu un colpo fortunato: fu in realtà una operazione complessa e accuratamente preparata in ogni dettaglio. Oltre al principale attacco, vennero pianificate anche le azioni diversive come questa, che vennero attuate con convinzione, fino a raccogliere concreti risultati, rendendole comunque giustificate, anche fini a se stesse. Inoltre l’approccio offensivo significava prendere l’iniziativa, e questa a sua volta significava che il nemico non sapeva dove sarebbe stato attaccato, ovvero si disponeva del vantaggio della sorpresa rispetto alla logica difensiva, solo apparentemente più prudente e risparmiatrice. La guerra era iniziata da poco, eppure i britannici dimostravano già confidenza con i mezzi da impiegare, sia nella pianificazione che nell’esecuzione, mentre gli italiani sperimentavano una vulnerabilità che non immaginavano, dovendo ricorrere a contromisure.
Nella testimonianza raccolta si ha la netta sensazione di un tiro notturno rapido e preciso, che non lasciava scampo. Viene subito da pensare al radar. L'Orion avrebbe avuto un radar rudimentale (non rotante, capace solo di esplorare davanti alla prora), mentre l'Ajax ne avrebbe avuto uno più avanzato e rotante (type 279), anche se non abbiamo certezza che lo avessero operativo e che fosse stato usato nell'occasione. Certo l'Orion avrebbe poi scoperto il Pola a Matapan...
Comunque, tornando al tema, dopo il disastroso attacco al traffico con l’Albania, non si ritenne più così sicuro effettuarlo di notte e Maritrafalba (il Comando Superiore per il Traffico con l’Albania) propose e concordò con Supermarina convogli diurni e più numerosi, in modo da concentrarvi più scorta armata disponibile. Questo per la zona di Valona, mentre per Durazzo (più a nord) si ritenevano meno probabili incursioni navali. Tuttavia l’esposizione del traffico ad attacchi nemici non cessava per questo e la difesa con i mezzi disponibili non era tale da consentire tranquillità. Quello che sicuramente non mancava da parte italiana era la combattività e lo spirito di sacrificio, molto evidente nelle piccole unità, che decidevano al momento, e in modo quasi autonomo, la risposta al nemico.
I dati e la dinamica dei fatti sono stati ricavati da “Le azioni navali in Mediterraneo – dal 10/6/1940 al 31/3/1941” e da “Navi mercantili perdute”, entrambi pubblicati dall’Ufficio Storico della Marina Militare.
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