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Scrivici |La Regia Torpediniera Perseo
- Attacco notturno a un piccolo convoglio -
Torpediniera Perseo (Archivio Trentoincina)
3 maggio 1943, ore 23.40
La notte del 3 maggio 1943 la Perseo scortava il piroscafo Campobasso di 3566 tonnellate, con un carico di munizioni e materiale infiammabile, da Napoli a Tunisi. Lasciata Pantelleria e giunti presso la Tunisia, alle 23.40, a circa 22 miglia per 120° da Capo Bon, incontrarono i cacciatorpediniere britannici Nubian, Paladin, Petard.
Il Nubian era un grosso caccia della classe Tribal da 2559 tonnellate a pieno carico e 8 pezzi da 120 mm, mentre Paladin e Petard erano caccia della classe P da 1540 tonnellate e 4 pezzi da 120 mm.
A parte la superiorità numerica, si trattava di unità superiori alla piccola torpediniera Perseo da 1000 tonnellate (a pieno carico) e dotata di soli 3 pezzi da 100 mm, con cui avrebbe dovuto contrastare 16 bocche da fuoco di calibro più grande. Tutti e tre i caccia britannici avevano esperienza bellica, avevano colto vari successi in Mediterraneo (vedi nota) e sarebbero sopravvissuti alla guerra.
I cacciatorpediniere britannici attaccarono le due navi italiane, ormai vicine alla meta. Il Campobasso, colpito in vari punti si incendiò e dopo circa un’ora e mezza affondò 8 miglia a ovest di Kelibia. Nel tentativo di difendere il piroscafo la Perseo fu colpita e immobilizzata. Per le falle e il fuoco intenso di cui era bersaglio, affondò, dopo aver risposto fino all’ultimo con le sue armi. Al Comandante Marotta, scomparso con la nave, fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Nota sugli avversari britannici
Il Nubian aveva svolto attività con la squadra, durante attacchi costieri presso Bardia nell’agosto e settembre 1940. Aveva anche effettuato vari attacchi al traffico avversario, con affondamenti di piccoli mercantili. Il Nubian, assieme con il Kelvin, si era già scontrato quattro mesi prima con la scorta della Perseo durante l’affondamento del piroscafo D’Annunzio il 16/1/1943. La Perseo aveva risposto al fuoco e lanciato quattro siluri senza risultati, poi, con i cannoni di poppa fuori uso, era riuscita ad allontanarsi, evitando il peggio.
Il Paladin, assieme al Pakenham, si era scontrato venti giorni prima (il 16/4/1943) a sudovest di Marsala con le torpediniere Cigno e Cassiopea: in quella occasione la Cassiopea era stata danneggiata, mentre la Cigno era stata affondata. Ma anche il Pakenham fu poi affondato per i danni ricevuti, non riuscendone il rimorchio. Il Paladin aveva al suo attivo anche l’affondamento di un U-boot in Mediterraneo con cariche di profondità.
Il Petard alla fine del 1942 aveva affondato, assieme ad altre unità, un U-boot e il sommergibile Uarsciek.
Dettagli della Perseo. In alto il ponte di comando, l'unico pezzo a prora. Al centro le armi antiaeree e i lanciasiluri. In basso i due pezzi poppieri e le attrezzature per le mine.
Una testimonianza della Perseo.
A bordo della torpediniera si trovava il Sottotenente di Vascello Romualdo Balzano, come Ufficiale di Rotta. Al comando era il Capitano di Corvetta Saverio Marotta.
La notte del (16)17 gennaio 1943 la Perseo scortava il D’Annunzio che trasferiva a Napoli i detenuti delle carceri di Tripoli (essendo prossima la caduta della base). C’era mare grosso, di tramontana quando il convoglio venne attaccato dai tre caccia britannici.
La Perso fu illuminata a giorno e colpita a poppa, incendiandosi, poi una grossa ondata sommerse la nave spegnendo le fiamme. La Perseo avrebbe colpito a poppa un caccia nemico con i siluri. Il D’Annunzio saltò in aria e la Perseo, danneggiata e senza poter rispondere con le artiglierie, approfittò del mare grosso per allontanarsi a lento moto. A Lampedusa sbarcò 20 morti.
La successiva missione che avrebbe portato alla perdita della Perseo era iniziata il 29 aprile 1943, con la scorta al piroscafo Campobasso; per un’avaria alla Perseo si era interrotta con una sosta a Lampedusa, riprendendo la sera del 3 maggio. Poco prima di mezzanotte, furono intercettati dai tre caccia nemici. Il Campobasso venne colpito a prora, al centro, a poppa e fu avvolto dagli incendi. La Perseo cercò di stendere cortine di nebbia, ma nonostante fossero stati provati poco prima, i nebbiogeni non funzionarono. Il comandante portò la nave alla massima velocità, facendo fuoco con tutte le artiglierie e preparando il lancio siluri. I caccia britannici colpirono la caldaia di poppa, i cannoni di poppa e la controplancia. Il timone e lanciasiluri rimasero bloccati. Un colpo aveva probabilmente amputato un braccio al Comandante Marotta e lo aveva scagliato in mare. La nave, incendiata, compì un giro su se stessa per poi fermarsi. L’Ufficiale in 2° (Ferrara) era caduto presso le artiglierie poppiere e Balzano assunse il comando, mentre il fuoco continuava con le sole mitragliere. Caduto un mitragliere, Balzano ne prese il posto sparando contro i riflettori che illuminavano la torpediniera. Ma decise l’abbandono nave per le disperate condizioni dell’unità. Durante lo sgombero del relitto, si sentì chiamare dal Comandante finito in mare, che chiedeva un salvagente, essendo senza un braccio. Balzano si buttò in acqua per soccorrerlo ma non lo trovò nel buio. Venne poi a sapere che il Comandante aveva chiesto di essere riportato a bordo (per andare a fondo con la nave) ma ci fu una esplosione. Dopo lunga permanenza in mare, 67 superstiti della Perseo furono salvati dalla nave ospedale Principessa Giovanna, che rientrò nella vicina Tunisi. Un altro gruppo di 16 naufraghi del Campobasso su una lancia raggiunse Pantelleria nel pomeriggio del giorno dopo. La Principessa Giovanna, durante la traversata per raggiungere i porti nazionali con a bordo i superstiti e altri ammalati, fu mitragliata e bombardata da velivoli nemici, con 54 vittime e numerosi feriti, ingenti danni e un incendio. Marinai del Perseo contribuirono allo spegnimento e a rimettere in moto la nave.
Salvatore Pontecorvo, probabilmente scomparso a bordo della Perseo, di cui parliamo in seguito.
Considerazioni
Fa impressione pensare che la Perseo avesse già incontrato il Nubian di notte in uno scontro a fuoco per salvare un altro piroscafo e non ci fosse riuscita. In quella occasione altre torpediniere furono affondate ma la Perseo si era salvata solo perché si trovò colpita e disarmata, giustificata nel rompere il contatto. La nave andava infatti risparmiata per un’altra opportunità, che si ripresentò dopo breve tempo e la Perseo poté scrivere una pagina eroica di Storia, come si usa dire in questi casi.
Un attimo dopo ci si domanda se era giusto mandare un mercantile isolato, scortato soltanto dalla piccola Perseo con i suoi tre cannoni contro sedici cannoni avversari. Però anche convogli numerosi e ben difesi erano stati distrutti in pochi minuti con enormi danni. Non potendo ridurre il rischio si tentava quindi di limitare il danno e forse due navi avevano più possibilità di passare. Forse ci volevano navi più armate della Perseo, ma anche grandi e preziosi cacciatorpediniere avevano fatto una brutta fine negli scontri notturni. Forse il maggiore allenamento notturno britannico e l’ausilio del radar rendevano svantaggiosi per gli italiani questi incontri e bisognava evitarli. Ci sarebbero volute rotte diverse e meno scontate, ma i punti di arrivo o di passaggio erano spesso obbligati, con sbarramenti di mine protettivi ma anche vincolanti. Allora si sarebbero dovuti cambiare i campi minati, ma il recupero di mine e nuova posa erano lavori lenti e pericolosi, da fare ormai nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, con vittime sicure ma con una improbabile segretezza, senza la quale era tutto inutile. Allora si dovevano evitare le navigazioni pericolose di notte e preferire il giorno, almeno ad armi pari. Ma il giorno portava sempre più velivoli e la certezza di annientamento in quelle zone. Allora bisognava evitare di andare lì, in Tunisia, a sprecare ancora materiali, navi e soprattutto uomini in un contesto ormai compromesso. Ma non si poteva rinunciare a combattere fino in fondo perché avrebbe significato perdere tutto, anche i sacrifici già fatti e gli uomini già perduti.
Insomma, comunque si rigirasse il problema, non c’era scelta perché le apparenti alternative portavano tutte a un finale negativo. Lo sapevano i comandi che impartivano ordini ingrati. Lo sapevano equipaggi e comandanti che dovevano eseguire gli ordini. Furono dunque coraggiosi, non solo nel momento del combattimento, ma anche prima, nell’accettare il rischio, sempre pronti a fare il proprio dovere, quando fosse stato necessario. Non possiamo fare altro che riconoscere questo valore e cercare di divulgare queste pagine di Storia poco conosciute.
Salvatore Pontecorvo
Nato il 21 agosto 1922 a Sorrento risulta deceduto su unità navale in Tunisia il 4 maggio 1943, come ci ha segnalato un parente (Gioacchino) che sta cercando maggiori informazioni sul prozio (fratello di suo nonno). Probabilmente scomparve con la Perseo.
La Torpediniera Antares (immagine gentilmente fornita dal sig, Marco). La foto sembra scattata durante una scorta. Nel particolare si vede il personale in coperta, accanto alle armi.
Le torpediniere della Classe Spica
Nel 1932 fu deciso lo sviluppo di nuove torpediniere per la Regia Marina, destinate a colmare il vuoto che sarebbe stato lasciato da unità più anziane. Si voleva rimanere all’interno del limite di 600 tonnellate standard al di sotto del quale non vi era limitazione numerica, secondo i trattati. Ma le prestazioni e armamento richiesti, con la generale tendenza alla crescita dimensionale delle unità sottili, fece varcare il limite, fatto che venne accettato per la crescente rinuncia a rispettare trattati ritenuti troppo vincolanti. Le torpediniere della classe “Spica” furono 32, divise in quattro serie varate tra il 1936 e 1938:
Serie "Spica", 2 unità di 630 std – 901 tonnellate a pieno carico – Spica e Astore, cedute alla Svezia prima del conflitto.
Serie "Climene", 6 unità di 652 std – 1010 ton. pieno carico – Climene, Centauro, Castore, Cigno, Canopo, Cassiopea.
Serie "Perseo", 8 unità di 642 std – 1000 ton. pieno carico – Perseo, Sirio, Sagittario, Vega, Aldebaran, Andromeda, Altair, Antares.
Serie "Alcione", 16 unità di 679 std – 1050 ton. pieno carico – Alcione, Airone, Aretusa, Ariel, Pleiadi, Polluce, Pallade, Partenope, Lira, Lupo, Lince, Clio, Calliope, Calipso, Circe.
Furono discrete unità nei limiti delle loro dimensioni. Purtroppo l’appesantimento penalizzò la velocità massima reale, limitando la capacità silurante. Il tentativo iniziale di rispettare i vincoli dei trattati aveva ridotto da 4 a 3 i pezzi di artiglieria da 100/47 mm, che comunque nell’uso bellico furono raramente usati rispetto alle armi antiaeree e antisom. Queste torpediniere furono usate soprattutto in servizio scorta del traffico mercantile, dove le insidie aeree e subacquee erano frequenti. Nelle poche occasioni di scambio a fuoco con avversari, come nel caso della Perseo, vi fu un divario che non poteva essere compensato da un pezzo di artiglieria in più. Nate per brevi crociere costiere, sopportarono navigazione d’altura e maggiore permanenza a bordo, dove lo spazio era scarso.
Segnaliamo su “Marinai in guerra” (G.Alfano e Autori vari – Edizioni Blu) il realistico diario di Elio Cerrato sulla lotta con il mare in tempesta a bordo di una torpediniera della classe Spica.
La testimonianza dell’allora STV Balzano sulle vicende della Perseo è riportato nella pubblicazione “La battaglia dei convogli” (1994) dell’Ufficio Storico della Marina Militare.
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